Ci sono luoghi che sono casa e luoghi che ci riconducono a casa. A volte, e ce lo insegna magistralmente l'amore, occorre perdersi per trovare chi si è davvero.
Ritrovarsi è diverso da ritrovare. Ritrovarsi è sapere di essere sempre stati indiscutibilmente ciò che si è senza averlo mai compreso a fondo. Ritrovare invece, è trovare quanto si era perso strada facendo e di cui mai si è persa la visione lucida.
È degli adolescenti concepire la vita come viaggio alla ricerca di se stessi. Ritrovarsi nel proprio corpo suscettibile a futuri e indispensabili quanto inevitabili cambiamenti. La ricerca finalizzata al ritrovarsi porta alla matura accettazione di chi si è davvero. Quando ci si ritrova, si raccoglie una parte di noi che temevamo di aver perso per strada e una gioia incontenibile ci assale. È l'esperienza di chi ha vissuto tanto e vivendo ha perso pezzi per strada che felicemente riconquista.
Ritrovare è quindi l'esperienza di una riappropriazione legittima che suona nell'anima come una riconquista di quei territori ritenuti persi a seguito di dolorose battaglie.
Si ritrova qualcosa una volta appurata la conoscenza di se stessi e questo avviene varcata la soglia della maturità che non sempre corrisponde a una fascia di età. Di certo, è del giovane l'avventura verso la conoscenza di sé.
I romanzi di formazione tanto in voga nell'Ottocento e nel Primo Novecento avevano la prerogativa di ricondurre le avventure non a qualcosa di diverso dal soggetto, quanto al soggetto stesso e per questo sono ritenuti altamente utili soprattutto ai giovani e ai giovani odierni carenti di una solida identità. I romanzi di formazione erano viaggi che dalla periferia riconducevano al centro dell'io narrante ed erano a sfondo autobiografico. Nella dispersione culturale attuale si tende a migrare tra i vagabondaggio dei pensieri e la narrativa non sembra avere alcun significato superiore, se non quello di dipingere e condurre al diverso.
Un buon romanzo deve risuonare come un focolare che ci aspetta da vecchia data e che noi riconosciamo come focolare domestico. Un libro dovrebbe condurre a casa attraverso il suolo variegato della narrazione affrescata di peripezie che richiedessero non di aggiungere orpelli e suppellettili amorfi, ma di assegnare suoni e profumi con cui ricollocare il lettore nella sua privata dimora. È quanto anche determinati luoghi della nostra vita suggeriscono. Ci sono luoghi che viviamo come casa e luoghi invece che diventano case, dimore transitorie dove concepire e allevare pensieri. Il poeta è un essere errante, ma con un firmamento di stelle in lui che lo conduce e che lo mantiene fermo a se stesso. Siamo tutti destini in cammino. Ognuno con il proprio che sta a lui conoscere e nutrire dentro prima che venga visto all'esterno, perché l'uomo sa e ha tutto dentro di sé prima che le cose accadano. In questo il sé riconosciuto si riaccommiata al destino che è la scintilla di una pietra dura, impossibile da scalfire e che ci modifica per farci crescere e comprendere. Per riportarci a casa tra avventure e disavventure.