E nel tempo, i ricordi delle estati si sovrappongono fino a confondersi. Questo accade quando vivi e non vivi, quando la frenesia è sopraffatta dall'avvicendarsi dei giorni e allora, il troppo sciupa in un gioco inutile che fa perdere senso ai giorni e in noi produce disorientamento.
Ci sentiamo seppellire dal troppo mentre la fine dell'estate sopraggiunge a liberarci dai legacci del sole per farci correre liberi nella visuale del cielo.
Non si è mai liberi nel troppo, a prescindere che si faccia per se stessi o per apparire agli occhi degli altri. La visibilità nel troppo socchiude gli occhi e si resta con un pugno di niente.
Voglio vivere di racconti pur non aver vissuto quasi niente. Perché nei racconti conosco la libertà di scegliere se narrarmi attraverso i fatti accaduti o fingere di essere entrata in una nuvola. O semplicemente, di vivere ciò che negli altri gli occhi miei hanno visto. Ed ecco che mi ritrovo a quel tavolino all'angolo di un night jazz, spiando e cogliendo con discrezione l'anima degli altri che sussurrava amore e calore nelle gelide serate baresi.