Oggi pomeriggio mi sono recata con la mia famiglia a Lamezia. Nell'attesa che mia madre completasse la visita, non potendo io sostare nello studio già intasato di pazienti, ho deciso di fare una piccola passeggiata lungo la via sottostante.
Ero sola nel brulicare della gente in un pomeriggio di ottobre dall'aria fresca e nitida. Le vetrine dei negozi ben allestite, il profumo di dolci che si levava da bar e pasticcerie, tutto lasciava supporre quella normalità che un tempo ci andava stretta e che forse non riavremo più.
Anni fa avrei passeggiato felice e mi sarei finanche accomodata al tavolino di uno dei tanti bar sul corso, ma oggi così non è stato. Sono stata colta dallo sconforto in un mondo che si tiene tiepido a furia di sorrisini rubati nell'indifferenza di tutti. Si fa finta di nulla e si procede con quella stanchezza non effusa dall'autunno che incalza ma da una vita che ci scivola di mano e che non riusciamo più a spiegare neanche a noi stessi.
Nonostante la cordialità connaturata alla cittadina calabrese, mi sono sentita persa. Un'estranea nella confusione che non c'era e che io avvertivo nella testa della gente insieme al turbinare di domande sciocche e che non vedono profilarsi alcun domani.
Ho iniziato a piangere ma non mi sono fermata. Cercavo appiglio tra i ricordi, a quando ragazza facevo con mia sorella lunghe passeggiate per il centro di Bari con la scusa di rinnovare il guardaroba.
Guardando le vetrine ho cercato di cogliere il riflesso della me che sono stata un tempo e di spiare tra i passanti quella spensieratezza fuggita via dallo sguardo delle ragazze di oggi.
Siamo tutti morti che camminano, candele bruciate da un perfidia che non esiste e che va spargendo sangue nella mente dei più sensibili. Mi sono sentita sola mentre gli altri mi sorpassavano in quella che chiamano nuova normalità e che a me sa tanto di follia.
Se mi succedesse qualcosa, adesso? Se cadessi sul marciapiede, chi verrebbe a soccorrermi? Siamo tutti soli come non lo siamo mai stati prima e questo pensiero ha iniziato a rosicchiarmi piano piano senza darmi scampo.
Sono entrata in un negozio perché no ne potevo più e a quel punto la telefonata di mio fratello mi ha salvata.
Lungo la strada di ritorno in macchina il cielo di un dorato lucido mi ha ricordato la vita, quella vera che si muove lassù tra branchi di cumuli innocui, passata la tempesta. C'è il Creato e ci siamo noi che combattiamo istante dopo istante, perché vivere oggi non potrebbe essere che questo. Lontani da tutto e soli con se stessi.