Dicembre, una via con pochi passi incisi, che ci saluta da lontano sul far della sera. Quest'anno l'attesa ha un sapore che sfida il tempo e ci porta ad allungare i nostri passi fin dove mai avremmo pensato guardassero.
Siamo nell'inutilità di questo tempo, col fiato sospeso che fruga segni nuovi, concentrando i nostri pensieri perché possano intravedere nelle ombre segnate.
Stiamo riscoprendo un nuovo valore del tempo che va oltre quello insegnato a scuola o riportato nei testi di studi più precisi che guardano alla storia dell'uomo nel suo muto cercare e ripetersi. Il tempo di oggi ci porta a considerare le nostre espansioni verso cose a cui siamo chiamati a partecipare, traducendoci in azione. In un'epoca che guarda alla lunghezza e alla sua estensione sul piano orizzontale, ad accumulare vuoti e giorni, ad esistere senza esserci. Il tempo, un raccolto momento nell'eternità, può essere un tutto che attende di rivelarsi per noi e per gli altri.
Il tempo personale in quest'epoca vede restringere i propri orizzonti per regalare spazio a un tempo di risolutezza morale che investa la società, meglio la collettività, allo scopo di alimentare un destino e un presente diversi. Il tempo ci chiama all'azione, perché quanto sta avvenendo nell'Occidente non perduri e non commetta l'errore di ammantare le generazioni future. In questo tempo dobbiamo accantonare la nostra singola individualità per rivolgerci a un'espansione oltre noi, a cui tramandare i germi nuovi.