C'è sempre un'altra metà delle cose che noi non vediamo. È difficile cogliere il tutto, specialmente ciò che non fa rumore, perché è proprio lì che si annida la conoscenza e proprio nel silenzio crollano i muri di stereotipi e di finte conoscenze montati da un vociare insulso.
Pensiamo alla luna. Vediamo sempre la stessa faccia e crediamo che la realtà della luna sia solo quel volto segnato dai crateri che a noi si mostra e si sforzano di mostrare. Così non è, ma la divulgazione del finto completo ci ha soddisfatti e riempiti al punto da non farci provare la necessità di indagare sull'altra metà.
È curioso che per quanto pensiamo a un volto, accettiamo per vero solo la metà che si mostra. Il volto è già di per sé un mezzo pieno di un tutto intero che è la testa. Non riflettiamo mai abbastanza sul fatto che con l'ingresso nell'età ultramoderna, l'odierna virtuale, più che tecnologica, l'uomo si è assuefatto alla metà piatta del volto, dimenticando la rotondità sferica del tutto. Se ci rivolgiamo alla scultura classica e poi a quella rinascimentale, neoclassica... al periodo Liberty notiamo subito la considerazione che aveva l'uomo di allora per il tutto. Esistevano sì, anche i busti dei grandi condottieri rispolverati dal duce Mussolini e riportati in auge qui da noi durante il primo ventennio del Novecento ma, a seguire, più nulla, salvo le sporadiche iniziative di qualche riccone che ha commissionato copie di teste e busti del passato, se non di corpi umani completi, imitazioni di Fidia o Michelangelo.
La testa, il busto... sono già parti complete che rimandano a loro volta a un tutto completo che oggi purtroppo stenta ad essere da noi contemporanei considerato. Colpa del sistema binario, degli algoritmi dei programmi virtuali e colpa anche dei social network. Appare di una semplicità sciocca il mio discorso, ma non lo è affatto. Il tridimensionale, la prospettiva sembrano non riguardarci più. La faccia sul profilo personale ottenuta da una foto scaricata ha coperto l'anonimo omino altrimenti apparecchiato dalla piattaforma a cui siamo iscritti. La prospettiva, il tridimensionale sono opera del computer che lavora a modo suo, presentando una realtà che ha sullo schermo infinite finestre da aprire e chiudere. È la realtà del computer e non la nostra. È il computer che ci porta a vedere quanto nella realtà è impossibile incastonare alla perfezione, far combaciare e far susseguire.
Siamo davvero sicuri che le cose nella realtà siano davvero così?
Il mondo è tutto fuorché piatto e noi siamo pieni. Ognuno di noi è un corpo pieno e poi c'è l'immaginazione che viaggia per conto suo ed elabora fantasie che forse esisteranno in altri mondi o che comunque prendono spunto dall'aspetto vero del reale. Tutto è pieno di materia solida e di spazi di aria. Siamo parte di una visione geometrica solida non piana e forse la visione programmata che ci porta a vedere il di fuori come uno schermo piatto ha finanche influenzato le teorie dei terrappiattisti.
Tutto è partito dagli anni Ottanta e dalla moda dei colori fosforescenti che riproducevano nell'abbigliamento gli effetti delle luci psichedeliche delle discoteche sui veri colori e sull'abbigliamento. Quei colori (verde e giallo) non esistevano ma sono serviti a preparare il terreno all'avvento dellail contenuto che uno ha dentro e soprattutto rimanda a quel senso di unità e di integrità che ci lega in modo meraviglioso alle diverse stratificazioni del Cosmo.