"Tuono" e "trono". Nella libertà del suono, la familiarità tra le parole
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"Tuono" e "trono". Nella libertà del suono, la familiarità tra le parole

Amore e Psiche
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Giove, il sovrano di tutti gli dei per i romani
Giove, il sovrano di tutti gli dei per i romani

 

Oltre alle parole accomunate dalla stessa radice etimologica ne esistono altre che appartengono a famiglie di vocaboli legati tra loro dal suono. È come se il suono oltre a rappresentarle, ne giustificasse l'appartenenza.

Queste parole hanno una familiarità non giustificata come per le prime da una base di scientificità, ma ci aprono preziose porte sul loro valore semantico e sono utili sul piano immaginifico alla struttura di un racconto. Spesso è il suono come la luce che abita nelle parole ad immetterci sulla pista di un racconto aprendone nuovi rami, come se questo fosse un albero.

A questa famiglia di parole molto vasta creata sulla base dell'affinità di suoni, nascono geometrie di pensiero libere che, come accade nell'astrattismo pittorico, diventano germi per cammini narrativi virtuosi. Un grande apporto a quanto ora detto viene conferito dalle voci dialettali che riprendono il filo, spesso dall'italiano puro interrotto, della polivalenza semantica affidata agli effetti allitterativi che creano una corrispondenza tra suoni e parole.

Prendiamo ad esempio i verbi "tuonare" e "rintronare". Il primo è dell'azione del tuono e dell'effetto di rimbombo cupo e prolungato che ne scaturisce. Il secondo invece significa "assordare" e per traslato al participio passato (rintronato) indica una persona ottusa. All'origine in questo secondo verbo c'è il riferimento all'antico etimo di tuono "Truono" che riproduce l'effetto assordante del tuono. "Truono" lo ritroviamo ancora presente in diversi dialetti rimandando nel suono a "trono". "Trono" ha i suoi significati, e in base a questi può derivare da "tronare: tuonare" come anche no. Il significato più conosciuto è quello della sedia reale che col tuono non ha nessuna appartenenza etimologica. Ci lancia però dei messaggi per cui può essere associato a tuono in presenza di un inserimento intermedio tra i due etimi. Questo potrebbe essere Zeus. Zeus, il dio altotonante che risiede sul trono dell'Olimpo, e già quest'associazione di tre parole può costituire l'incipit di un racconto.

Il racconto in fondo cos'è se non un viaggio? Un viaggio che, se fatto bene, può condurre molto lontano. La fantasia è riconoscere la luce che è all'interno di ogni parola e che può condurci al di là delle nostre aspettative.

Luce e suono, pensiamo al lampo e al tuono, si appartengono strettamente. Il lampo produce il tuono. È il vestito del tuono che a sua volta è la voce del lampo e questa corrispondenza biunivoca ha portato i popoli antichi a considerare il tuono una figura animata, un essere superiore.

Pensiamo a Zeus come fosse il dio sovrano che sedeva tutto il tempo sul suo trono. In effetti era visto così. È questa l'immagine che avevano i Greci antichi in rapporto al loro dio che si scomodava solo per punire i suoi sottoposti o per concedersi scappatelle amorose con dee o donne umane. L'immobilità del dio Zeus poi slittata all'equivalente romano Giove, è stata acquisita come elemento caratteristico del suo pensiero filosofico da Aristotele, aprendo all'immagine del dio cristiano medievale. Per Greci e Romani, Zeus e Giove è il dio onnipotente e in quanto tale è statico perché al concetto di staticità è legato quello della centralità e dell'eternita. La sua dinamicità si riscontra solo attraverso i temporali che fanno di rimbalzo percorrere per il mondo ristretto di allora la sua voce furiosa. Zeus che tuona, Zeus che piange e punisce. La pioggia è effetto dell'ira di Zeus se impetuosa. Altrimenti, se lenta e benigna, esprime la compiacenza del dio all'uomo. È curioso come per gli antichi l'azione del dio fosse veicolata dal mondo inanimato. È questo un altro indizio che ci collega all'infanzia culturale dell'uomo e alla sua primitiva fede secondo cui il dio non si scomoda personalmente in quanto immobile, ma  in sua vece manovra il regno della Natura e non solo.

I miti non nascono forse dalla sensibilità e dalla conoscenza primitive dell'uomo?

Anche nell'antichità, ci sono diverse testimonianze a riguardo che risalgono all'antica Roma e che narrano di statue piangenti. È questo un modo con cui le divinità hanno sempre dimostrato vicinanza e ricerca di un dialogo con l'uomo a cui spetta il compito di fornire la giusta interpretazione anticamente affidata a maghi e indovini.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.