Il ricamo e il senso della memoria nel mondo arabo
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Il ricamo e il senso della memoria nel mondo arabo

Amore e Psiche
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Tappeto Kerman Antico -153 x 95 cm
Tappeto Kerman Antico -153 x 95 cm

 

"Ricamo" deriva dall'arabo "Raqama" col significato di "punteggiare". Entrambi gli etimi però fanno capo alla radice indoeuropea da cui deriva il latino "Clamare" dagli svariati significati tra i quali "definire" e il nostro "Chiamare" anch'esso dall'uso versatile.

Nel ricamo ritroviamo entrambi i significati di "richiamare" e "punteggiare" quest'ultimo anche nel senso di definire. Nel ricamo infatti, come da me già precisato in altri articoli, la memoria è fondamentale per la definizione degli spazi e per la costruzione del lavoro in sè. È l'arte del cucire e il cucito trasferito in arte. "Rammendare" e "Rammentare" trovano nel ricamo un risvolto pratico. Un rattoppo su una bella veste se eseguito come tale rovinava la preziosità della veste. Se ingentilito da una bella orlatura ricamata produceva un altro effetto.

Il vestito per gli antichi aveva il significato di un bel campo o di un cielo spazioso su cui trasferire i particolari specifici applicati dalla Natura. Tutto nasce dalla contrapposizione dei due elementi che sono la terra e l'aria. L'aria è l'elemento dell'androgino prima di sdoppiarsi in Adamo ed Eva, a cui segue la caduta nel tempo e nello spazio in contrapposizione all'eternità.

La cacciata dal Paradiso terrestre che è la via di mezzo tra il regno di aria e quello di terra conduce alla dimensione del sogno come reminiscenza dell'integrità perduta. Nell'arte antica araba e persiana le stelle e i motivi floreali riprodotti in architettura e in pittura stimolano nell'uomo la riconduzione a questo stato primordiale di estasi da cui è scaturita la caduta sulla terra.

I fiori e le stelle riproducono il concetto di fissità circolare che per il mondo arabo mediorientale coincide con la perfezione. I tappeti antichi persiani, fiore all'occhiello della manifattura tessile, ricostruiscono questo primordiale richiamo. Il tappeto rappresenta il manto celeste nella sua ristretta configurazione inerente allo spazio contemplabile e decifrabile dall'uomo (il tappeto volante nasce da qui) pertanto ha dimensioni precise. Oppure gli spazi verdeggianti dei campi che rimandano al Paradiso che in persiano significa "luogo rotondo recintato".

Possiamo quindi da qui derivare che il ricamo fosse per gli Arabi e i Mediorientali in genere, poi confluiti nell'unica religione musulmana, la madre del computo aritmetico. Il risalire con la memoria a un dato episodio per quei popoli antichi è calcolo. Questa capacità indotta dagli spazi sterminati del deserto li ha portati a rintracciare punti di riferimento fondamentali per spostarsi e quindi a ottemperare alla necessità di definire numericamente proporzioni e distanze. Da qui i precisi dettagli sullo studio del cielo pervenuti a noi insieme alle regole algebriche. Nonché il tramandamento orale di antiche storie che hanno partorito ciascuna infinite altre varianti.

Il racconto è un viaggio e in quanto tale va costruito in vari modi, anche spostandosi. Il nomadismo ha favorito il proliferare di trame tessute con le parole ma anche attraverso l'Arte della cucitura e del ricamo. Il filo che si spezza è l'incidente che corrisponde allo smarrimento della propria vita nel deserto. La morte per gli Arabi era la conseguenza di un disorientamento che dal deserto viene trasferito a livello spirituale nell'uomo condizionandone la condotta e la fede. Esistono svariati fili che l'uomo traccia, molti dei quali creano vere trame di collegamento tra gli edifici sacri costruiti che assumono carattere di costellazioni o di grumi. E poi c'è il filo di Dio che regge gli uomini animati di fede e ai quali spetta il compito di non separarsi mai da esso. Dio guida l'uomo a lui sottomesso, ossia devoto, così come l'uomo conduce tenendolo per le redini, il dromedario nel deserto. Se per noi Cristiani l'immagine rappresentativa è quella del pastore che conduce il gregge, per gli Arabi è l'uomo che conduce il cammello o il dromedario fino all'oasi più vicina. La differenza tra le due immagini sta nella configurazione sparsa del gregge che indica la moltitudine di credenti, a cui si contrappone l'ordine rappresentato dal nomade a guida e seguito dagli animali in fila.

Il ricamo per gli Arabi equivale a lasciare orme nel deserto, affinché la traccia del popolo organizzatasi in tradizione non venga dimenticata o confusa.

Ciò che è eterno è sacro e il fiore in cui inciampa il passo umano è il dono della riconoscenza di Dio espressa al bravo credente. O l'ode da costui rivolta attraverso l'esecuzione dell'arte manuale.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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