L'immagine oltre il privato, e il senso del sacro
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L'immagine oltre il privato, e il senso del sacro

Amore e Psiche
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Guercino - L'aurora, 1621
Guercino - L'aurora, 1621

 

Amare equivale a curare, ma è anche vero che impariamo ad amare impegnandoci a salvaguardare ciò che curiamo. Un tempo la trasmissione era legittima e la si respirava attraverso l'educazione che veniva impartita. S'imparava a muovere i primi passi a quanto tramandato e c'erano pertanto camminamenti immaginari su cui procedere.

L'identità era quello che il soggetto, il nuovo, andava ad aggiungere al senso di comunità come dinastia, famiglia, località d'origine. Esistevano le rivolte ma su quanto trasgredito dai prepotenti e dagli impostori che dominavano schiacciando i deboli.

La tradizione si arricchiva di connotati personali visti come raggi spuntati freschi dalla corona del sole. Tutto questo contribuiva al senso di presenza e di compresenza che definiva il presente visto come realizzazione di un equilibrio che se sbilanciato dall'una o dall'altra parte, portava a un disordine da affrontare in vista di un nuovo ordine da conseguire.

Il quadro di rappresentanza dinastica sopra il camino nell'Ottocento ma anche prima, sostituiva la presenza dei numi tutelari. Il capostipite del rango era un riferimento a cui guardare con spirito di sottomissione e non sempre da emulare. Il rispetto non era un sentimento ma una condizione dettata dal senso di appartenenza al membro portante del pilastro familiare. Un conto era la figura altisonante, altro era la persona e spesso si faceva confusione tra l'una e l'altra, sovrapponendole e dando sfogo a un senso di ribellione.

Nell'antichità c'erano gli affreschi e nelle ville patrizie il capofamiglia era ritratto al banchetto con gli dei che ne esaltava qualità di sangue e valore. Non importava che il soggetto moralmente fosse da denigrare, esisteva la facciata e in base a questa l'immagine assumeva una definizione metastorica che si sarebbe protratta per lustri e discendenze.

Che l'immagine avesse un'identità propria e svincolata dai soggetti in questione era già forse anche solo inconsciamente un fatto acquisito in età preistorica. L'uomo cacciatore riproduceva se stesso sulle pareti, ma una volta rappresentato, l'io oggettivato assumeva potenza, in quanto risultato della folla di sguardi che includeva anche quelli futuri. Comprese quindi che l'immagine era un potente segno, un'impronta del passaggio non tanto suo ma di tutti coloro che si riconoscevano nel suo stesso tempo e stile di vita e che quindi erano parte come lui della comunità.

Il senso estetico si esprime a seguito di una forma di attenzione stomolata dall'impronta depositata nel tempo, che sarebbe sopravvissuta alle intere generazioni della comunità. L'estetica ai primordi significava avere a cuore chi non si conosce. È una forma di amore verso chi ancora non è nato ma è implicitamente presente nel pensiero. Da qui, la proiezione in futuro che ha stimolato l'uomo ad andare incontro a Dio e a subodorarne la presenza in ogni luogo.

Quell'essere non ancora nato sarebbe stato Adonai, Osiride, Zeus... Gesù. L'uomo si è convertito alle religioni approcciandosi all'idea di futuro perché nel futuro permangono e vengono eternizzati i grani di ogni tempo. L'adorazione di volta in volta a un nuovo dio ha perfezionato l'estro artistico dell'uomo e nuove correnti scultoree e pittoriche sono nate in virtù di una sempre più convincente vicinanza espressiva a Dio, che raccontasse la compartecipazione a lui espressa come fede. Se pensiamo al mondo bizantino, l'iconografia ortodossa non sarebbe mai esistita se l'uomo non avesse vissuto un trasporto partecipato e commosso verso Gesù. Lo stesso a proposito di Giotto e in seguito, della prospettiva che definisce in pittura il racconto della Passione, Morte e Resurrezione di Cristo.

Chiudo riportandomi al principio di questo articolo. Recuperando quanto detto a proposito dell'immagine che sviluppa una forza sulla base di un'identità propria. Sartre sull'immagine trascendentale ebbe molto a confrontarsi con il suo tempo in cui i giovani erano in tumultuoso fermento e insorgevano forme di comunità primitive che avrebbero dato un volto nuovo alla stessa fede cristiana. Ciò nel bene, svecchiandola di alcuni stereotipi piuttosto arbitrari e superando determinati cancelli ritornati ad essere in seguito mortificatamente chiusi.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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