È curioso come il numero sei a parola corrisponda alla seconda persona singolare del verbo essere. Il numero sei è associato alla stella a sei punte o sigillo di Salomone e racchiude la totalità in tutti i suoi aspetti e positivi e negativi. Noi siamo esperienza c'insegna il verbo sei, ma è anche vero che si è prima del tempo e nel senza tempo dimora del Sé, ed è quanto ancora la seconda persona del verbo essere ci ricorda.
Siamo granelli di luce e ce ne dimentichiamo, così come dimentichiamo il valore dell'esperienza che consiste nel portarci attraverso mille percorsi non fluidi, a noi sei stessi. A ricondurci.
Nella cultura di sempre l'esperienza illumina lo sguardo altrui, di chi vede e ascolta. La persona con esperienza, girovaga e senza meta, è quanto ci ripropone la civiltà odierna. Ma nulla è l'esperienza, anzi deleteria è, se manca una via di riconduzione alla sostanza centrale. Il "tu sei" allora risuona come un rimprovero che parte dal di fuori e che può anche condurre l'interessato a giuste valutazioni, ma poco ha del tormentoso quadro che gli pone davanti la voce interiore.
Non siamo educati dall'ubbidienza ma dall'obbedienza che viene sollecitata da una cultura che educhi al di dentro. E ciò è possibile solo educando dal di dentro. "Tu sei" allora non può risuonare come un rimprovero, ma come un punto di partenza da cui muovere altri passi o da cui proseguire.
Proprio a partire dell'educazione e dal verso che segue, il maestro si differenzia dall'insegnante. Dovremmo pensare sempre, in ogni struttura scolastica e formativa di ogni ordine e grado, in termini di educazione dal e per il di dentro e considerare la figura del maestro di gran lunga superiore a quella dell'insegnante che forma sulla base dei segni che dovrebbero esprimere dei contenuti. Ma di quali contenuti possiamo parlare se non si viene educati ad alcun contenuto collegato all'essere?
La devianza culturale a cui da tempo siamo sottoposti, ci porta a considerare la figura del maestro in rapporto ai percorsi spirituali, quasi questi fossero piste pericolose, portandoci così a confondere il maestro col guru. Il maestro non cerca seguaci perché punta a liberare dall'ubbidienza e a instillare la cultura dell'obbedienza. Ognuno di noi nasce granello di luce e poi spesso si perde. Così come si perdono coloro che hanno coscienza di essere luce e voltano le spalle dominati dalle tenebre dell'ego, o semplicemente perché non compresi. Allora il problema diventa relazionale. Il "tu sei" imposto dal mondo, ha toni d'accusa che ledono le fibre delle persone più sensibili, fuorviandole. Ecco pertanto il ruolo dell'educatore maestro. Fondamentale è il suo obiettivo spiritualmente elevato e altresì profondo, da ricondurci, prendendo in considerazione anche il fatto che solo chi è libero può davvero imparare. Quindi, ritrovarsi e non smarrirsi.