È dell'Estetismo innalzare la bellezza a valore supremo in una realtà che avverte la latitanza delle radici. È quanto avviene sul finire dell'Ottocento sovrapponendosi dapprima e poi trionfando sulla corona di valori espressa e inneggiata dal Romanticismo.
Non ci resta che la bellezza idolatrata dagli antichi miti del mondo in un paradiso, quello umano, che pian piano si sgretola. Sono tanti i fattori che concorrono a questo processo. Non ultimo lo spopolamento delle vissute aree di provincia e agricole per rifugiarsi nelle frastornanti città.
La perdita si fa perdizione in molti casi e diventa rinuncia profonda verso se stessi. Restano nella monotona frenesia dei giorni i momenti d'improvvisa resurrezione scaturiti da immagini trasudate dai momenti in cui il tutto circostante si dirada, lasciando emergere drappi dello straordinario dipinto. È la verità che accade, precipitando negli occhi dell'uomo nelle sue vesti migliori e impalpabili, di bellezza autentica accantonata, dimenticata.
Cos'è allora la bellezza per l'Estetismo di fine Ottocento? Una boccata di respiro che rimane slegata da tutto. Correzione improvvisa che si sovrappone alla corrente melmosa dei pensieri e da una frattura col mondo fa rinascere un nuovo germoglio da un tronco perso. La bellezza trafigge e oscura per donarci un sentore di vita. Così accade e accediamo a noi stessi. È apparizione sacra ed epifania che racchiude il senso del tutto e sta a noi decidere se appigliarci al suo bel viso o sprofondare giù nelle sabbie mobili del mondo.
È rintracciare un filo sepolto all'interno di una matassa di rami rugginosi in cui siamo stretti nella vertigine del mondo e questo bandolo è il cordone che ci lega alla vita e alle sue meravigliose e spettacolari radici. La bellezza così com'è è un assaggio mortale di ciò che l'uomo ha perso e ritrova dentro di sé senza poterlo afferrare e gli lascia dietro un sapore mortale. Innalza e stritola a seconda dell'impronta che vogliamo conferirle e che ci rivela l'identità e tutto il bagaglio andato perso. Perché è così. La bellezza è d'ingresso ai sapori del mondo. È una traccia del giardino ritrovato dopo la cacciata. Sta a noi decidere se farne ancora di salvezza o transizione stupenda verso un'altra morte.