Il Medioevo e il simbolo della rosa
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Il Medioevo e il simbolo della rosa

Amore e Psiche
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Edmund Blair Leighton - My Fair Lady
Edmund Blair Leighton - My Fair Lady

 

La rosa è un simbolo vissuto. Nel Medioevo è promessa di amore per l'eternità. Tra le varie compagnie dell'epoca menzionate ancora oggi c'è la Compagnia della Rosa Bianca simbolo di purezza. La rosa ha una costruzione a incastro dei petali che convergono verso il centro, suggerendo il ciclo di incarnazioni in cui le anime gemelle si tengono per mano prima di raggiungere la luce di Dio.

È la rappresentazione mandalica del Cosmo strutturato secondo l'ordine impressovi da Dio.

Dante nel suo Purgatorio si è ispirato alla Rosa facendo corrispondere a ciò che è in alto, quanto è nel Se', contenuto questo della Mistica orientale.

La rosa è il fiore di Maria per le spine che riconducono alla Passione di Gesù suo figlio, oltre le quali fiorisce la beatitudine divina. La sofferenza terrena è in funzione della vita eterna e questo principio fondamentale nel Medioevo, è pervenuto ai nostri giorni. È della donna patire e lo strazio per un figlio o marito caduto in battaglia eleva la donna medievale alle pene di Maria Madre di Dio. Ecco pertanto il sentimento cristallino di venerazione per la Madonna, che si è conservato nel tempo e ha prodotto nei secoli successivi l'accostamento del nome Maria ai nomi maschili delle nascite agli alti ranghi. Il nome Maria che segue il nome principale di colui a cui viene dato è un invito a richiamare su di lui il senso di protezione della Madonna Madre di tutti noi.

Nel Medioevo, nell'immaginario popolare si verifica uno sdoppiamento tra il Gesù storico e il Cristo Figlio di Dio che rimane appannaggio del Clero. Per il popolo Gesù è sì il Figlio di Dio, ma è soprattutto la vittima della corruzione e delle ingiustizie del mondo. Il mondo nel Medioevo viene concepito sempre più immondo per le pestilenze e per le invasioni che lasciano una profonda cicatrice nel cuore delle genti. La rosa è elevazione e speranza. È il sole che sboccia e fiorisce nelle tenebre. È la mano aperta di Dio che non abbandona. È immagine di castità e parimenti di seduzione. Le dame erano solite farsi pettinare i lunghi capelli, prima che le serve li sistemassero in elaborate acconciature, con il pettine calato in una soluzione di cannella e petali di rosa. Era questa una soluzione preziosa e in uso soprattutto nel Centro Nord Europa non solo perché dal gradevole profumo speziato, ma anche perché mentre la cannella si pensava proteggesse dai parassiti e dai pidocchi, la rosa elevava la dama alla purezza della Madonna. È difatti nel Medioevo che prende l'avvio l'usanza di definire la nobildonna o castellana "Madonna", contrazione di "Mia domina", ossia "Mia signora" e proprio dalla contrazione di "domina" ha avuto luogo il sostantivo "donna".

Il senso di servizio per il proprio consorte conduceva al senso sacro di venerazione verso Gesù Cristo. Come Maria Maddalena aveva fatto con Gesù, la domina era solita lavare e profumare i piedi del suo signore consorte con l'acqua aromatizzata ai petali di rosa. Era questo un gesto di riverenza ma anche di sottomissione che accompagnava le virtù della donna. In più riportava nella quotidianità il gesto effettuato da Gesù della lavanda dei piedi, portando la donna a camuffare la propria condizione di sottomessa tramite l'alone di sacralità di cui era investita. All'uomo, marito devoto, spettava il compito assegnatogli da Dio di proteggerla e rispettarla ma nella pratica sappiamo che ciò avveniva di rado e non solo alle basse latitudini europee. La donna era il fiore all'occhiello della casata nobiliare e lo Stilnovismo attinge da questi contenuti. Le virtù della donna venivano celebrate nelle corti nordiche, portando bardi e cantori ad esaltare le castellane dei grandi signori che a seguito dei preziosi omaggi pagavano profumatamente. Era un modo di autocelebrarsi distraendo l'attenzione da sé stesso e rivolgendola alla domina che in sé raccoglieva strati di profonda e secolare devozione, assemblando e il ricordo delle antiche dee pagane poi confluite nella grande Madre Celeste a seguito del trionfo del Cristianesimo, e anche, soprattutto nella Francia provenzale, la figura discussa di Maria Maddalena. La rosa nella Francia provenzale diviene attributo prezioso della Maddalena che serba nel suo ventre il Figlio di Cristo.

In un mondo, quello medievale, che riserva grande attenzione alle successioni dinastiche, un tema che attinge la sua forza dalla venuta di Gesù nel mondo attraverso il ventre di Maria, grande risalto viene dato al valore umano che si coglie da determinati passi della vita di Gesù, come quelli preparatori alla sua Crocifissione. Ecco quindi nascere le Sacre Rappresentazioni con le quali la sacralità entra nella vita quotidiana dei più umili, elevando, e al tempo stesso avvicinando, le figure sacre dei Vangeli a chi non era in grado di cogliere i significati profondi inerenti al Mistero di Cristo e della Santissima Trinità.

 

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.