Su Etica ed Estetica. I riti e la carne
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Amore e Psiche
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da un po di tempo si sta facendo un gran parlare riguardo la carne e i suoi effetti nocivi sulla salute umana

 Caccia al Bisonte, Paul Kane, metà XIX secolo. National Gallery of Canada
Caccia al Bisonte, Paul Kane, metà XIX secolo. National Gallery of Canada

 

Al di là di ogni polemica e rispettando le posizioni di ciascuno sull'argomento di per sé delicato e non solo perché riguarda l'alimentazione umana, mi sento di dover affrontare tale tematica dalla prospettiva dei miei studi, sfatando la oramai diffusa convinzione che il consumo alimentare di carne abbrevi l'esistenza.

Dall'analisi delle diverse culture infatti, emerge esattamente il contrario. Le primitive società cacciatoriali erano in assoluto le più longeve, forse perché capaci attraverso l'introduzione della carne come cibo, di oltrepassare il concetto di morte, al punto di recepirlo come una realtà fittizia ed estranea al loro tessuto culturale ed esistenziale. L'individualismo come elemento pregnante e specifico dell'antico ceppo patriarcale si esprimeva innanzitutto nel rapporto carnefice preda.

Il fatto in sé che l'animale offrisse se stesso alla freccia sul punto di colpirlo, sublimava l'esistenza che attraverso il momento del sacrificio ne usciva rinvigorita. L'animale ultimava il suo percorso nella dimensione empirica, per proseguire il suo cammino di vita sul piano energetico nel corpo di colui che se ne sarebbe cibato. È questo il primo passo del processo di transustanziazione che rappresenta il quorum del rito sacrificale, trapassato tramite il momento della Consacrazione nella liturgia cristiana. La morte acquista una sua identità separata dalla vita col subentrare nel Neolitico della civiltà matriarcale, allorquando il sole perde la sua centralità nell'osservazione del cielo, e cede lo scettro alla luna.

La transitorietà del tempo pone quesiti drammatici sull'esistenza che vede nella morte la negazione della vita. La pianta prima colta e poi seminata sviluppa un atteggiamento culturale nuovo che necessita della dimensione corale per positivizzarsi. Se anticamente era l'animale a trasfondere il concetto di eternità e a garantirlo, con il nuovo assetto socioculturale è la natura stessa a ricordare all'uomo la sua vulnerabilità che per essere superata ha bisogno della ritualità collettiva. I riti veri e propri come noi li concepiamo nascono e prendono piede nel Neolitico e hanno come obiettivo il trionfo sulla morte intesa come disgregazione dell'individuo.

Nelle antiche culture sciamaniche che ancora oggi sopravvivono, dell'animale nulla veniva scartato. Il totem rappresenta l'unione indissolubile tra l'animale che nutre la collettività e l'individuo. Lo sciamano è colui che veicola e fa incontrare le due dimensioni, in quanto conosce di entrambi i linguaggi e nel ruolo guida di mediatore, assicura prosperità ed eternità al suo popolo.

La preghiera ancora d'uso in alcune famiglie cristiane prima di ogni pasto affonda le sue origini nelle antiche culture cacciatoriali, allorquando si ringraziava l'animale per garantire la sussistenza alla comunità. Gesù è sia l'agnello, sia il Buon Pastore che conduce il suo popolo verso la salvezza. Molto della cultura religiosa giudaico cristiana e prima ancora ebraica proviene dal substrato culturale che a livello archetipico risuona in usi e costumi. Il trionfo del veganesimo comporterebbe uno scombussolamento radicale a cui seguirebbe un disorientamento senza precedenti.

La vecchia umanità verrebbe spazzata via del tutto, incapace di riconoscersi negli antichi corredi simbolici. Gli atavici alfabeti archetipici sui quali si è sedimentato per millenni l'inconscio collettivo, non reggerebbero più sotto la spinta furente di una nuova civiltà che farebbe della morte il suo tabu e nel contempo il suo vessillo di gloria. Forse è già successo e noi attraverso i sogni riviviamo in chiave simbolica episodi che bucano come lampi la notte dei tempi, e tornano a visitarci. Che i racconti del diluvio universale non stiano riemergendo come monito per chi è restio ad ascoltare? Ai posteri l'ardua sentenza.

Da sempre il cibo non è relegato alla semplice funzione di nutrire soddisfacendo il palato, ma in quanto espressione della cultura di un popolo, ne svela gli usi e i costumi. Anticamente il cibo era connesso strettamente alle attività religiose che contrassegnavano una data civiltà. Ma se è vero che le religioni in quanto istituzioni esprimono l'aspetto manifesto di un racconto interiore elaborato per via simbolica da immagini ancestrali, gli archetipi, che compongono il tessuto dell'inconscio collettivo, è altresì vero che attraverso di esse è facile ricostruire il cammino dell'uomo dalle primitive civiltà ad oggi.

Il radicale cambiamento dell'evoluzione umana si è avuto col passaggio dal Paleolitico al Neolitico, con il tramonto presso le culture a noi più vicine dei vecchi costrutti simbolici. L'alimentazione ha inciso massicciamente in questo passaggio, facendosi interprete della crisi del mondo cacciatoriale e dell'apertura a nuovi stili di vita. Il libro della Genesi con l'espulsione dal Paradiso Terrestre di Adamo ed Eva esprimerebbe proprio la fine di un'età, quella preistorica, e l'avvio sicuramente difficile e complesso dell'età storica caratterizzata da nuovi imput e nuovi stimoli a cui l'essere umano ha dovuto rispondere con nuove misure di adattamento.

A farla da padrone è stato sicuramente il nuovo e più maturo concetto di tempo scandito non più dal sole ma dalle fasi lunari, l' orologio e calendario naturale che regolava il lavoro nei campi dei primi agricoltori. La terra ha preso il sopravvento sul cielo al quale è andata contrapponendosi marcatamente, sovvertendo la primitiva scala di valori e rivoluzionando l'immaginario collettivo. La donna come espressione del sacro si è anteposta all'uomo ridefinendo i ruoli che dall'attività ieratica sono sconfinati nella riconfigurazione dell'assetto sociale. Eva rappresenta quindi colei che scalza dal podio l'uomo il quale, detronizzato, diviene una figura subalterna, succube dei cambiamenti a cui non ha saputo contrapporsi.

Il frutto proibito raccolto dall'albero indica proprio la grande rivoluzione culturale che nel Neolitico porta l'uomo a modificarsi e si riflette sulla nuova alimentazione. Le religioni è qui che nascono, così come le prime guerre. Il nomadismo è sostituito dall'esigenza di stanzialità che produce come effetto l'attaccamento al territorio e il senso di proprietà. Se i primi piantatori del Mesolitico erano anche cacciatori, adesso i primi agricoltori divengono allevatori, e ciò comporta una ridefinizione del ruolo sacrificale dell'animale, immolato a un dio che coadiuva dall'esterno le vicende umane. Il destino è impresso nel cuore della Natura in cui si agitano più entità.

Il pantheon religioso quindi si complica, seguendo di pari passo il proliferare delle esigenze umane. I cereali, i prodotti della terra e il latte hanno la meglio sulla carne che viene destinata ai grandi banchetti ufficiali. Nelle società sciamaniche che hanno mantenuto la peculiarità cacciatoriale, l'alimentazione non ha subito grandi variazioni rispetto al Paleolitico, rafforzandone i popoli sul piano genetico. I Giapponesi ad esempio (che hanno gli Ainu come loro antenati, i quali rifiutavano il consumo di ogni tipo di latte considerato al pari dell'urina) stanno scoprendo adesso il valore nutritivo del latte, indispensabile per la calcificazione delle ossa nei primi anni di vita, e da odierni studi invece, nocivo (in riferimento a quello vaccino) dai cinque anni a salire.

Ciò spiega l'aspetto tozzo della popolazione nipponica, dagli arti corti in rapporto al tronco, ma anche, per l'elevato consumo di pesce che insieme a quello della carne è indispensabile nella produzione e mantenimento del collagene nella pelle, il lento invecchiamento dell'epidermide e del corpo.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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