La Calabria. Usanze e nomi tra terra e mare
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La Calabria. Usanze e nomi tra terra e mare

Cultura Calabra
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Centro Storico di Amantea  Vicolo del borgo antico di Amantea.  Fotografo: Aniello Del Sorbo
Centro Storico di Amantea, Vicolo del borgo antico di Amantea. Fotografo: Aniello Del Sorbo

 

Per capire quanto la Calabria sia legata alla cultura cacciatoriale, un indizio ci proviene dalla caccia al pesce spada e dalle tradizionali tonnare. Un'ulteriore conferma ci deriva dal termine "cacciare" che nella regione ha anche il significato di "tirare fuori" e si usa in più situazioni, non ultima nonché in cucina dove "Cacciare la pasta" significa scolarla. "Cacciare" è un termine in tal senso acquisito dalla tradizione marinara dedita all'operazione di estrarre i pesci dal mare.

"Cacciare" ha anche il valore di togliere ed eliminare e qui acquisisce nel sociale un triste significato che ritroviamo espresso nella cultura mafiosa. Checché se ne dica, il Calabrese è tutto fuorché cattivo. La sua propensione all'isolamento ha portato spesso a offensivi equivoci ma se vogliamo comprendere la qualità dell'essere calabrese dobbiamo ancora una volta ricondurci alla lingua locale. I dispregiativi non rientrano tra le varianti dei vocaboli in uso. Sono invece in uso i diminutivi. "Na cosiciella bbella" oppure in riferimento ai nomi di persona: "Annuzza", "Maruzza"... I diminutivi spesso declinano in vezzeggiativi ed è un classico delle località impervie meridionali diffusissime in questa regione. "Te ne vai bella bella", ossia "ritorni a casa tranquilla" usata spesso a mo' di augurio, è una tipica espressione calabrese. La cattiva sorte non si augura a nessuno, ancor più in una regione spesso sfruttata dalle dominazioni esterne e il nome Bonaventura dal significato medievale di "Buona fortuna" ne è un esempio, così come il nome diffuso "Fortunato" e il cognome Bonavita che designa una tra le famiglie più antiche del paese di Amantea, originaria della Turchia, che convertitasi dall'Islamismo al Cattolicesimo venne rinominata Bonavita.

L'amore per la proprietà ha qui in Calabria connotati non difensivi ma protettivi. La dimensione privata è molto avvertita tutt'oggi e questo spiega il perché dei vezzeggiativi. "Piccola" qui ha il valore di cara. Sono ristretti gli appezzamenti dominati dalle creste dei monti e giù a valle racchiusi dal mare. La circolarità dei luoghi ha portato a una visione circolare dell'economia a prevalente carattere di sussistenza e il termine "turnisi: soldi" lo rende evidente. I soldi ritornano, compiono il loro giro di mano in mano, girano durante la ruota dell'anno che è fatta di lavoro ma parallelamente anche di feste e riti.

La solitudine qui in Calabria anticamente era rappresentata dal mare mai inteso come una realtà propria, in quanto difficile da raggiungere per il popolo calabrese che è originario dell'entroterra. Gli Ausoni, i Bruzi erano popolazioni abituate all'impervietà orografica e poco avvezze al mare avvertito come una propaggine estensiva della terraferma, purtuttavia con proprie regole. Da qui la visione della pesca come vera e propria battuta di caccia e secondo modalità ataviche seguite per l'uccisione di animali di grossa taglia come cervi e cinghiali che attualmente popolano il nostro entroterra. La solitudine ispirata dal mare veniva superata attraverso la pesca di squadra ancora oggi una realtà. Le donne, madri e mogli, dal centro storico in altura seguivano il moto delle onde e richiamavano dalle loro case i congiunti, non appena si gonfiasse. Fino alla metà del secolo scorso è stato così. È questo il motivo per cui i centri storici che compaiono come ricami sulle creste dei colli erano abitati dai pescatori, a suffragare ancora una volta l'origine interna della cultura calabra. La casa, il braciere acceso che riscalda e aromatizza l'interno domestico col profumo delle bucce di agrumi è una costante della memoria collettiva e fa del Calabrese un nostalgico per eccellenza. La casa è la dimensione della pace che accoglie e che taglia fuori le fatiche turbolente del giorno, com'era la grotta per l'antico cacciatore. Tutto si fa piccolo e bello nella precarietà continuamente vissuta dal rischio di un terremoto o di un'invasione straniera. Esistono i nomi e poi le varianti preziose dialettali che ricreano un rapporto famigliare e addomesticano ciò che è distante. I nomi ricreano i paesaggi dell'anima attraverso epiteti e nomignoli e appesantiscono la lontananza da casa. Un tratto questo che fa risorgere in noi quanto descritto a proposito del ritorno per mare di Ulisse e dei suoi compagni quando, a pochi passi dalla riva potevano vedere il fumo elevarsi dalle loro case e l'odore... l'odore famigliare inondare l'anima.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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