Il Grande Cinema, la nostra storia. INTERVISTA al maestro Adolfo Troiani
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.

Il Grande Cinema, la nostra storia. INTERVISTA al maestro Adolfo Troiani

Il Cinema nasce come mestiere e il trasporto, la passione verso di esso germogliano già all'interno della famiglia.

Il Cinema conserva all'interno radici artigianali che non ne sminuiscono identità e valore, anzi, li accrescono. Nella nostra societa’ sorta sulle basi del consumismo, l'artigianalità rapportata al cinema fa sorridere e da alcuni può essere considerata una grave offesa. Forse perché siamo troppo contaminati dall'artificiosita' di tutto per apprezzare ciò che davvero conta, e per ricondurci al significato profondo della semplicità. Le cose vere che spesso non consideriamo, sono proprio quelle a cui non dovremmo assegnare il valore materiale che siamo portati a trasferire su tutto ciò che attiene al reale fisico.

Il Cinema raccontato da chi è diventato un grande muovendo i primi passi all'interno della sua famiglia che lo ha avviato al Grande Cinema, ha il sapore di una leggenda che difficilmente potrà essere compresa interamente da chi è bambino oggi e sarà uomo domani. Il vero Cinema, quello di ieri diventerà leggenda domani, entrando a pieno titolo all'interno di quella letteratura di miti da rievocare, perché senza di essa non sarebbe possibile alcun domani. Il personaggio a cui è rivolta questa intervista appartiene alla vera tradizione del Cinema concepito come mestiere. Figlio d'arte , il maestro Adolfo Troiani è ancora oggi prezioso custode, nonché testimone della grande Arte del Cinema.

Maestro Troiani, lei proviene da una famiglia di cineasti, come lei suole definirla. E’ così?

“Esattamente. Mio zio, Oberdan Troiani è stato uno dei quattro operatori di fotografia del film “Otello" di Orson Welles. Mio padre ha subito il fascino dell'attività del fratello e ha fatto un po' di tutto nel film “Giu’ la testa". I due treni o meglio, il treno e la locomotiva che si scontrano in una scena del film, li ha costruiti interamente lui con un amico. Mio padre ha costruito il treno lungo 11m con i passeggeri dentro. Io ero giovane e ho contribuito alle riprese.”

Orson Welles è un indiscusso maestro del Cinema. Che ricordo lei ne conserva?

“Orson Welles in un certo senso fa parte della storia della mia famiglia. Quando avevo sei anni, trascorsi tre mesi a Venezia per le riprese del film “Il ladro di Venezia” il cui regista è John Brahm. Contemporaneamente, sempre a Venezia, Orson Welles girava l'Otello. Il film richiese due anni di riprese e siccome la casa di produzione Scalera falli', il film fu completato da Welles che si assunse anche l'onere della produzione.”

Maestro Troiani, che uomo era Orson Welles?

“Sicuramente molto intelligente. Un po' “disordinato” forse, perché era portato a fare troppe cose. Ad esempio, mentre curava la regia di un film, all'improvviso mollava tutto per andare a recitare in un altro lavoro e a mio zio lasciava la conduzione del film che lo vedeva impegnato come regista. Chiaramente Orson Welles dava a mio zio indicazioni precise su come portare avanti il film.

La Scalera film fallì per questo. Perché lui si assento' da Venezia durante le riprese del film. Mio zio, proprio per gli impegni interminabili presi con Welles, fu costretto a rinunciare ad altre collaborazioni che gli avrebbero fruttato molti più guadagni.”

Maestro, il suo percorso di studi ha inciso sulla sua carriera?

“Io sono stato un giovane con le idee chiare da subito, incoraggiato dalle esperienze della mia famiglia. Per le superiori ho scelto la scuola professionale industriale con indirizzo fotografico. Ho studiato all'Amedeo D'Aosta. Una volta diplomato, iniziai, dietro consiglio di mio zio, a fare esperienza presso un laboratorio fotografico che era vicino al Vaticano, quindi dall'altra parte della città rispetto a casa mia. Lì ho fatto praticantato per sei anni e da lì ho iniziato la cosiddetta gavetta passando per operatore, assistente... fino a diventare direttore di fotografia."

Complimenti. Lei dal cinema è passato a lavorare nella pubblicita’. Che anni erano quelli?

“È successo sul finire degli anni Settanta. Sono approdato nella pubblicità quando Carosello era ormai agli sgoccioli per cedere il posto ai moderni spot.” 

Cosa è cambiato nella pubblicità oggi rispetto ad allora?

“Le dico un particolare. Quando lavoravo io, durante la giornata c'era un unico spot per ogni singolo prodotto, oggi non è più così. A parte che gli spot odierni sono immagini in fuga sullo schermo e si fatica a seguirne il senso, c'è da dire che durante la stessa giornata, oggi si vedono tanti spot dello stesso articolo ma di marche diverse. Forse perché sono aumentate le aziende di produzione. Ad esempio delle automobili, vede quanti spot ci sono nella stessa giornata? Tutti diversi tra loro, al punto da creare solo confusione.” 

Sicuramente, maestro. Mi ritrovo in quello che dice. Per lei e’ stato traumatico il passaggio dalla cinepresa alla telecamera?

“Guardi, personalmente no, perché io ho usato la telecamera come fosse una cinepresa. Questo vale non solo per il cinema ma anche per la pubblicità che è figlia del cinema. Quando ho iniziato a lavorare con la pubblicità, già c'erano le prime telecamere e si sono ottenuti ottimi lavori. Ricordo che le ditte che si occupavano allora di tecnologia, erano le stesse che producevano telecamere e tutte avevano casa a Milano. Io, anche lavorando con gli spot, ho utilizzato la telecamera come se fosse una pellicola.”

Maestro, lei è un uomo di esperienza rimasto fedele ai suoi principi di umiltà e semplicità. Mi hanno colpito i consigli che lei dà in un video su come girare lo spot di un gelato. I consigli pratici che trasmette con profonda umiltà la fanno essere di esempio per tanti e per quei giovani che volessero intraprendere il suo mestiere. Lei che ha assistito al passaggio da un'epoca segnata da rigorosi principi a quella odierna molto più superficiale e che vive un rapporto col tempo diverso rispetto alle epoche trascorse, come vede le attrici di oggi rispetto a quelle del passato? Le sembrano le odierne più spavalde?

“Le attrici sono rimaste secondo me invariate su questo piano. Le attrici moderne, e ne ho conosciute tante, le trovo abbastanza corrette, ad eccezione della D'Urso. Le racconto questo fatto. Premetto che col film “Orgoglio” nel quale la D'Urso aveva una piccola parte, io insieme all'unità di Giorgio Serafini che lavorava per le riprese nella fiction Orgoglio, ho ricevuto un premio importante per la qualità di scene e fotografie, e insieme al premio mi hanno consegnato un disco che riporta la premiazione. Fatta questa premessa, le dico che la D'Urso durante le riprese di “Orgoglio" si lamentò con me delle luci che adoperavo per lei, pretendendo che usassi quelle di suo gusto, col rischio che io sciupassi l'intero film. Ando' persino a lamentarsi col produttore. Costui dopo due giorni m'invito' nel suo studio chiedendomi di trovare un compromesso con la D'Urso a proposito delle luci. Vedendo la mia reticenza, mi supplicò di andarle incontro perché lui non voleva altre seccature. Alla fine però, la spuntai io. Ed era giusto così perché io ero il direttore di fotografia.”

Maestro, il film in questione richiedeva un gusto antico in tutto, è così?

“Certo. Orgoglio è un film curatissimo in tutti i dettagli. Ogni elemento era in un rapporto di armonia con gli altri. Il produttore del film, Goffredo Lombardo è lo stesso de “Il Gattopardo”. Purtroppo e’ morto e il figlio Guido si è dedicato a produzioni minori. Orgoglio riprende in tutto il Gattopardo.”

Vero, bellissimi i costumi e le scene dei balli che ricordano quelli del Gattopardo. Era un uomo esigente il produttore?

“Aveva una personalità forte. Ricordo il suo studio, una sala immensa con in fondo la sua scrivania dove si faceva trovare seduto, e di fronte alla scrivania un divano dove faceva sedere gli ospiti, per cui, andando da lui, ti sentivi sempre sotto interrogazione.”

Maestro, voltando pagina, cosa pensa delle attrici odierne disposte a tutto?

“Cosa vuole che pensi?! Le attrici di oggi vogliono tutto e subito, e pur di raggiungere il loro obiettivo, sono capaci di rinunciare alla loro dignità. Una delle donne che stimo davvero tanto è la Fenech. Anche lei ha fatto film in cui ha dovuto spogliarsi e presentarsi in un certo modo, ma era consapevole che si trattava di ruoli al di fuori della sua vita reale, perché lei nella realtà è una persona seria che merita grande rispetto. Io l'ho conosciuta e seguita all'inizio della sua carriera.”

Veniamo al film “Un giorno, un giorno, una notte”. Lei e’ stato direttore anche di questo capolavoro che non a caso le è rimasto particolarmente dentro, vero?

“Come non potrebbe? È un film tutto impostato sulla fotografia, pertanto tutto fatto da me. Il regista, Cosimo Milone, per questo film mi chiese una fotografia particolare. La trama è il racconto della vita della protagonista, pertanto ha pochi dialoghi. È un lavoro che considero mio perché ci ho lavorato veramente e mi ha dato grandi soddisfazioni. È una mia creazione."

Ritornando alla pubblicità, lei è stato tra i primi direttori della fotografia a girare spot, vero?

“Sì. Dal 1976 circa al 1990 eravamo solo tre. Gli spot all'epoca avevano grandi registi come Claudio Failoni ed Enrico Sannia, il piu’ apprezzato. Ricordo che mia moglie mi faceva da segretaria e prendeva nota di tutti i miei appuntamenti di lavoro. Andavamo sempre a Cannes per il festival della pubblicità. Gli spot a cui ho lavorato hanno vinto un leone d'argento, un leone d'oro ed uno in bronzo. Lo spot della Carter ha vinto a New York il primo premio d'oro.”

Una vita piena, ricca di soddisfazioni quella del maestro Adolfo Troiani. Una vita di chi si è speso per il proprio mestiere che ha svolto con parsimonia e marcato senso di equilibrio, puntando solo sulle proprie forze e sulla creatività, quella stessa creatività che lui infonde nelle sue splendide sculture e nei suoi meravigliosi quadri. Nei decenni trascorsi anche la pubblicità era concepita come una forma d'arte e rivado col ricordo a Carosello. Mi ritornano le mini commedie a cui prendevano parte attori del calibro di Walter Chiari e di Mina. La creatività viene dal lavoro tastato direttamente, e dalla genuinità. Chissà i giovani di domani, eredi di Adolfo Troiani quali soddisfazioni raccoglieranno?!... Sicuramente il risultato sarà diverso perché diverso sarà stato l'approccio. Il mio augurio rivolto a loro e' di lasciare un'impronta e un seguito per quelli che succederanno, seguendo l'esempio del maestro Troiani. A costui un grazie sincero per la sua ricca ed entusiasmante intervista che è più un racconto partecipato degli episodi che costellano la sua vita artistica. L'augurio che sento in cuor mio di porgergli insieme alla Redazione, è che continui ad emozionarci e a insegnarci per lungo tempo ancora.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli