Il racconto come testimonianza e viaggio per la vita. INTERVISTA alla giornalista Nadia Fondelli
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Il racconto come testimonianza e viaggio per la vita. INTERVISTA alla giornalista Nadia Fondelli

In un'epoca, la nostra, segnata dall’informazione che corre rapida sulle rete per raggiungere un pubblico sempre più ampio, in un tempo in cui non si ha mai tempo e la lingua viene mortificata da codici  e abbreviazioni, chi prova piacere a condividere un racconto è una preziosa rarità.

Intrattenersi amabilmente nella condivisione di un fatto ben articolato e ricco di riferimenti che stimolano la partecipazione emotiva è catturare una gemma e fissarla nell'eternità. Il racconto si costruisce e tramite esso ci si costruisce perché da' voce all'intelligenza del cuore oggi sempre più rara e avversata dal pensiero sterile e freddo. Raccontare è seguire un cammino, tracciarlo piano piano e con cura tramite le emozioni che ripercorrono il dedalo dei ricordi. Oggi abbiamo come unico riferimento al vissuto esistenziale il registro della memoria, un luogo non fisico dove archiviare i pezzi della nostra storia. È su questa via che l'attività di chi si applica nel mondo dell'informazione viene ad essere schematizzata, quindi scandita, come se la notizia data non fosse che un segmento sospeso sulla corda del tempo, senza un'origine ne' uno sviluppo, ne' un punto d'arrivo. In questa frammentazione della conoscenza a cui assistiamo inerti e svogliati, l'attenzione verso gli altri viene ad essere polverizzata e invorticata nella foga di discorsi privi di contenuti.

Fortunatamente c'è ancora nel mondo del giornalismo chi, puntando sulle proprie convinzioni etiche e sul gusto che deriva dal piacere di farsi ascoltatore e promotore del raccontare, riesce a emozionare e ad andare oltre la semplice trasmissione di un fatto. Nadia Fondelli è sicuramente un esempio non solo di grande professionalità ma e soprattutto di quella nobile intelligenza che matura in chi coltiva la propria anima, ponendola in relazione a quella degli altri. Giornalista di punta e non solo, nasce a Firenze dove attualmente collabora al quotidiano online OkFirenze.com

Nadia, come e grazie a chi è maturato dentro di lei il desiderio di diventare giornalista?

“In realtà io non nasco con la passione per il giornalismo. Ho difatti studiato arte e mi sono specializzata nella grafica. Per un incontro fortuito con Paolo Melani mi sono ritrovata giornalista.”

Cosa aveva di tanto speciale Paolo Melani da farle cambiare prospettiva sul suo futuro?

“Paolo è stato colui che ha dato il via a diversi giornali di calcio satirico. Era di Firenze e amava il vero giornalismo che prevede la passione nel narrare un fatto. Tanti giornalisti si sono formati sulla sua “scuola", tra questi anche Mario Scancerli. Paolo aveva la capacità di appassionare al vero giornalismo. Era colui che prendeva i ragazzi e li invitava a scrivere per il suo giornale. Cosicche’ loro rimanevano colpiti da questa esperienza  al punto di farne la propria strada.”

Anche lei, Nadia, è rimasta catturata dal mondo del giornalismo di Melani?

“Sicuramente e grazie a lui mi sono avvicinata al turismo enogastronomico. Mi sono dedicata a questo ramo in un tempo in cui, parlo di 25 anni fa, i veri giornalisti si occupavano solo di cronaca. Poi con il digitale, instgram, i social... tanti si sono accostati a questo settore che a proposito del vino è a tutt'oggi considerato un mondo maschile.”

E con i social, la rete è cambiato anche il modo di approcciare e affrontare questi temi, vero?

“Purtroppo sì. La trattazione di questi argomenti è stata abbandonata per lasciare spazio all'informazione lampo e approssimativa. Quello del cibo e del vino è un tema vastissimo, caldo e accogliente, pregno di storie di vita. Il cibo e il vino di per sé si avvitano intorno al desiderio di raccontare e lasciare di sé un'impronta.”

Certo, andiamo con la memoria alle lunghe tavolate di un tempo dove la gente pasteggiando e sorseggiando vino conversava e si tramandava storie. La tavola è nata soprattutto con questa impronta. Era luogo di scambio e creativo, per tale motivo diversi pittori hanno nel corso delle epoche immortalato nelle loro opere scene di pranzi e cene e di commensali. La vita e il suo racconto si costruiscono intorno a una tavola. È così?

“Sì, e per questo io ho ricercato un approccio di tipo umano ed emozionale con chi lavora nel settore del cibo e del vino, privilegiando le interviste fatte di persona a quelle telefoniche, e recandomi sui luoghi dove opera la gente del settore, come ad esempio agriturismi, aziende produttrici di vino... e qui sono riuscita a intrecciare con chi opera nel campo rapporti talmente profondi, nati li’ per lì, da ritrovarmi depositaria di fatti da loro mai raccontati prima e che profumano d'intimità.”

Molto bello perché vero questo tipo di approccio al giornalismo, in un mondo costruito sulla frivolezza e sulla superficialità. Nadia, lei però si occupa anche di cronaca, vero?

“Sì, ma anche quando tratto fatti di cronaca, la mia impostazione resta la stessa. Non mi limito a dare l'informazione ma la racconto, l'arricchisco di osservazioni in modo da stimolare l'attenzione viva. Trovo che sia importante oggi come oggi in una societa' che guarda troppo oltre e lontano, appassionare a ciò che è vicino a noi e che in qualche modo arriva a toccarci.”

Certo, curare la realtà che ci è prossima è fondamentale per tutti. Nadia lei ha anche pubblicato libri, vero?

“Sì. Il primo è uscito in occasione degli ottant'anni della Fiorentina ed è stato scritto con Melani. Anche qui non ci siamo limitati a raccontare le partite vinte o perse e gli scudetti guadagnati o mancati, bensì abbiamo coinvolto alla stesura del libro le persone che hanno fatto la storia della Fiorentina negli ottant'anni. Abbiamo quindi interpellato i calciatori che hanno raccontato le loro esperienze calcistiche nella squadra e ci hanno aperto il loro archivio fotografico. Tutto molto bello e partecipato.”

È come se il calcio fiorentino si fosse in un certo senso raccontato attraverso i suoi protagonisti. Vero?

“Sì, era questa la nostra intenzione. La seconda pubblicazione invece è stata fatta in collaborazione con la grafologa Mirka Cesari. Era il periodo dell'esordio delle chatline e lei aveva per lavoro accesso alle chat. Quindi abbiamo fatto uno studio sui nuovo modo di dialogare per risalire alle personalita’ di chi interloquiva e cosi’ è nato il libro “Chatline". L'altro libro invece, riguarda il discorso enogastronomico, in particolare è incentrato sul vino e s'intitola “Le donne e il vino della Toscana.” 

Queste sono le pubblicazioni che riguardano la sua attività giornalistica. Merita particolare attenzione un'altra sua pubblicazione a proposito della sua partecipazione al volontariato. Vero?

“Sì, grazie. La pubblicazione a cui lei fa riferimento s'intitola “Vite per la vita" e consiste in una raccolta di tante storie salvavite legate ai viaggi per il mondo. Tramite quest’ ultima pubblicazione sono entrata in contatto con Massimo Pieraccini che è uno dei trentadue insigniti da Mattarella del titolo di grande ufficiale al merito per valori civili e sociali, in quanto presidente del Nucleo Operativo Protezione Civile Logistica dei Trapianti.”

Come vi siete conosciuti?

“Anche con lui per caso. Stavo organizzando un viaggio di quattro giorni che da Firenze portasse all'isola d'Elba, una sorta di corsa podistica, il cui fine era quello di raccogliere soldi da destinare alla costruzione della casa delle vacanze per i ragazzi diversamente abili ad Elba. Ad Elba si concludeva il percorso che quindi nell'ultimo tratto dovemmo fare a nuoto. Siccome i fondi per la casa non arrivavano, organizzammo questa iniziativa e Pieraccini lungo tutto il tragitto ci scorto’ con la sua macchina per offrirci assistenza.”

E questo è stato l'incontro che le ha in un certo senso cambiato la vita perche’ dopo lei è entrata nell'associazione di volontariato di Pieraccini, giusto?

“Esatto, anche se entrare non è facile e automatico. Devi presentare alcuni requisiti importanti. Innanzitutto devi possedere un buon inglese e io sto ancora perfezionandolo, in più devi mostrare di essere capace di viaggiare da solo per il mondo.”

Nadia, lei definisce questa associazione una scuola di vita, vero?

“Decisamente. Nei primi viaggi si viene affiancati da un tutor, poi vai libero da solo. Ti ritrovi tu con il frigoriferino magico che contiene cellule staminali, midollo osseo... tutto il necessario che serve a mantenere in vita una vita.”

Incredibile... mi vengono i brividi. Quindi lei preleva gli organi e li consegna a chi già sa, giusto?

“Si’. È un impegno di grande responsabilità che arricchisce a dismisura sul lato umano. Ti senti utile e maturi un'altra visione della vita.”

Certo. Il frigorifero ha bisogno di particolari attenzioni?

“Assolutamente! La temperatura deve essere tra i 2 e gli 8 gradi, e pertanto ogni mezz'ora devi verificare che non si sia spostata. Non puoi ritardare la consegna che deve necessariamente avvenire nell'arco di 48 ore. Pertanto sviluppi un'attenzione particolare e un grado di responsabilità che ti porta ad agire con prudenza e sempre con lucidità. Se ti lasci prendere dal panico, rischi di far saltare quella missione.”

Le e’ mai capitato di aver paura di non portare a termine l'impegno di consegna non per colpa sua, ma per cause esterne?

“Sì, una volta ho temuto davvero di non fare in tempo. Mi trovavo a Gliwice in Polonia, vicino a Cracovia. Era la fine di febbraio e la temperatura oscillava tra i -15 e i -20 gradi. Giunta all'aeroporto di Catowice, dovevo prendere il volo che mi avrebbe portata a Francoforte e da qui a Barcellona per poi giungere a Santiago di Campostela, la mia destinazione. Il volo per Francoforte partiva in ritardo e comunicai alle hostess la mia preoccupazione. Loro non sembrarono prestare grande attenzione e mantennero quella freddezza tipica dei Tedeschi. Quando scesi, trovai una macchina sottobordo pronta ad accompagnarmi a Barcellona. Le hostess avevano organizzato tutto senza darmelo ad intendere e quando le ringraziai, mantenendo il loro riserbo, “Dovere" risposero.

Arrivai a Barcellona alle 23.30 e pernottai in un ostello vicino all'aeroporto. Mi ando’ bene perché nella mia camera gli altri 5 posti letto rimasero vuoti, ma ciononostante dormii abbracciata al mio frigoriferino, temendo che qualcuno potesse portarmelo via o fargli del male.”

C’era l'unica speranza di vita per una persona in quel frigoriferino, e le era stata affidata. A chi doveva consegnare il contenuto che trasportava?

“Le cellule staminali erano per un bambino di Santiago di soli sei mesi. Per legge noi non siamo tenuti a sapere nulla del paziente a cui consegniamo gli organi. Solo il nome ci è dato conoscere. A distanza di un anno da quest'episodio mi trovai a entrare nel sito che raccoglie le testimonianze di coloro che hanno ricevuto un trapianto di organi e che di loro spontanea volontà decidono di raccontarsi. Mi colpì la storia di un bambino di nome Ugo che in tutto e per tutto corrispondeva al bambino di Santiago. La mamma raccontava la sua storia e dagli elementi che forniva, intuii che il bambino fosse proprio lui.”

Incredibile... ma non è finita qui, vero?

“Sì. Santiago e’ la meta di tanti pellegrini che a piedi e per fede si recano al santuario. Anche per me quel viaggio ha rappresentato la fine di un percorso e l'inizio di uno nuovo. Da lì a un anno ho avuto un figlio e ho dovuto interrompere la mia missione.” 

A ogni fine corrisponde sempre un nuovo inizio. Nadia, quanti siete nel mondo a operare nel volontariato di consegna degli organi?

“Siamo circa 70, ed io sono tre anni che per stare con la mia famiglia non viaggio più. Ma stando al regolamento, ho offerto la mia disponibilità solo per le emergenze e i viaggi su strada.”

Chi affronta le spese di consegna degli organi? Sono tutte a carico dell'organizzazione?

“L'operazione di trapianto è a carico della struttura ospedaliera che ha in cura il malato. L’assistenza sanitaria provvede agli spostamenti e il resto è a carico dell'associazione.”

Nadia, quanto la Fede e’ stata importante per lei in quest'attività di volontariato?

“Sono una donna di fede cattolica ma non praticante. La Fede è sempre con me e il rosario che mi accompagna quando viaggio ne è la dimostrazione. Sono particolarmente devota alla Madonna del Santuario di monte Lussari, un luogo mistico a quasi 2000 metri al confine tra Italia, Austria e Slovenia. Mia nonna era friuliana e mi ha trasmesso la devozione. La Madonna di Lussari che si trova vicino Tarvisio è considerata la Madonna della Pace perché raccorda tre popoli diversi che rappresentano l'anima dell'Europa. Ci vado spesso e per ascoltare la messa che e’ celebrata in tre lingue: in italiano, in tedesco e in slavo. Alla celebrazione assistono poche persone animate da profonda fede, ciascuna proveniente da una nazione diversa. È un luogo irraggiungibile e si arriva solo in funivia. Profondamente mistico.”

Il trasporto che è capace di suscitare è il cuore del racconto, la sua guida e la sua forza. Il racconto, se sentito nell'anima, è metafora della vita. Potremmo dire che è l'essenza del viaggio esistenziale inteso come dono. Chi ama raccontare, offre in dono se stesso spianando la strada al servizio degli altri. Nadia, con la sua duplice missione di giornalista narratrice e di operatrice nel volontariato ce lo ha dimostrato, realizzando appieno la propria vita. Che sia di esempio e stimolo per i tanti giovani oggi allo sbando. Che il suo messaggio di grazia e amore possa raggiungere il cuore di quanti piu’ lettori possibile è il fine di questa intervista, che io ho avuto il piacere e l'onore di realizzare. A Nadia e al suo buon cuore, i migliori auguri da parte mia e della Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli