La visione cosmica nell'intimita' del cuore. La sensibilita' poetica di Matteo Frasca
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La visione cosmica nell'intimita' del cuore. La sensibilita' poetica di Matteo Frasca

Abbiamo imparato a sentire col corpo, per poi arrivare a spogliarci di esso col virtuale, e di ogni carnalità che da millenni è stata il tramite per ogni apprendimento. L'uomo di oggi ha bisogno di sentire e di ascoltarsi attraverso la risonanza di ogni singola parte del proprio corpo e per questo ha bisogno di vivere. Dai ritmi di strada metropolitani a quelli di borgata, abbiamo caricato ogni fibra del nostro essere di quel bagaglio appreso o percorso e che oggi tende a vanificarsi nel nulla. E' stoico l'impegno di chi, ripercorrendo per altra strada quanto tracciato da Kerouac, riprova a ritrovarsi nel mondo lasciandosi andare a pulsazioni e vibrazioni con ogni fibra del proprio essere.

Questa recensione è sui componimenti che sarebbe poco definire poetici, in quanto animati di una e di più particolari musicalità, scritti e mentalmente musicati da Matteo Frasca. Costui attraverso se stesso, riesce a dare voce a quella gioventù rimasta ai margini di ogni narrazione. 

La distanza dal passato ci porta a riviverlo. Siamo ciò che mangiamo e ci alimentiamo a più livelli, digerendo ciò che prima abbiamo scomposto dentro di noi. L'alimentazione si poggia proprio sul principio dell'assimilazione che significa assorbimento tramite il supporto reciproco dei nutrienti. Lo stesso avviene nel processo di apprendimento che consiste col fare proprio ingerendo ciò che ci sorprende e avviene fuori di noi.

Apprendendo noi impariamo a conoscerci. Cosa significa conoscere se non ritrovarsi? E in questo ritrovarsi, non c'è forse l'azzeramento di ogni percezione di distanza?

Erano gli anni Novanta quando il rifondatore della musica beat, Giovanotti, produsse un brano che faceva riferimento a un centro nevralgico sulla Terra, un punto di arrivo e di partenza, ben oltre i riferimenti a Cuzco e in cui far convergere tutte le autostrade dell'uomo percorse dal bisogno di esplorazione e di conoscenza. “L'ombelico del mondo” è un luogo non luogo rintracciabile nell'ombelico presente in ogni forma vivente e nello specifico nell'uomo, che ha attraversato ere di cultura e civiltà spesso contrastanti, per poi ritornare a percepire anche carnalmente, quanto si muove intorno e dentro di lui. Il basso ventre è sede del cuore più immediato che riceve e invia impulsivamente e per questo ancora vergine. L'ombelico è sede del cuore che batte e pulsa al ritmo della terra che è origine e anima vivente dispensata in ogni forma capace di rinnovarsi mantenendo se stessa. La terra è profusione di ritmi e di battiti viventi, e qui ritroviamo il "Battito animale" di Raf, con cui entrare nella dimensione dei viaggi compiuti non più solo dall'anima, ma anche dalla carnalità primitiva, odiernamente rivista in chiave di recupero.

Erano gli anni Novanta e si era sul punto di compiere il grande salto verso una nuova ripartenza con l'apertura del nuovo millennio, quando all'esigenza di rintracciare un nuovo alfabeto delle origini, si affiancava la necessità di perlustrare nuovi spazi che appartenessero alle sfere inesplorate del Cosmo popolato da miliardi di corpi siderali. L'artista che sto per introdurvi è proprio figlio di quegli anni Novanta che hanno sparso i germi dell'arcano sentire insieme al pulsare degli infiniti mondi che ci sovrastano. Nato proprio nel 1990, Matteo Frasca con i suoi componimenti poetici si fa interprete del viaggio primitivo che parte e si conclude nel cuore. Ha imparato a sentire col corpo e a lasciarlo funzionare come fosse un catalizzatore di più orizzonti visivi, in quanto capace di rintracciare quella festosità orgasmica che corre come un fluido per le vie notturne delle metropoli, capace di trasformare l'anima. Questa è percepita come eclettica e leggera dall'Universo, ribaltando sul piano della simbologia antropica la percezione dei due mondi e affidando al cielo quella più leggiadra e femminile.

C'è molto di arcano nelle composizioni di Matteo. Si esprime nel voler rispettare l'alfabeto preistorico e antesimbolico del viaggio dell'uomo dentro se stesso, per porre le basi a un nuovo linguaggio archetipico. La strada per chi è nato a cavallo dei due millenni è lo scorrere delle arterie che uno si porta dentro e che, in virtù del sincretico sentire, si rivede un mezzosangue capace di proiettare ciò che è puro spirito e di saperlo rileggere nell'ottica del rumore urbano. Matteo si definisce "mezzosangue", una definizione forte che lascia liberare anche l'altra definizione opposta "purosangue" in rapporto al desiderio di sentirsi unico tra ai fermenti del mondo. C'era carnalità e desiderio di vita sul finire degli anni Novanta e Matteo sembra averli assorbiti riconfigurandoli in modo davvero personale e ampliando l'orizzonte del percepito con l'inserimento di termini che sono entrati a pieno titolo nella quotidianità non solo giovanile, perché legati all'universo cibernetico sopravanzato. Il linguaggio adoperato da Matteo è urbano e concreto, ma non tralascia di curare gli spazi dominanti del cielo in cui riflettere l'inspiegabile che oggi nel comune vivere attanaglia e comprime l'anima dei giovani. La vorticosità febbrile delle notti metropolitane ha lasciato il passo alla dimensione virtuale, alterando il battito primitivo e di stomaco che i giovani legati all'esperienza esistenziale di qualche anno fa hanno vissuto e goduto.

Nel componimento "Beats" che è riduttivo definire poesia e non solo per lunghezza ma anche per la confessione di quegli aneliti avvertiti e fermatisi in gola, c'è la volontà di aggiungere altro all'esperienza del reale che sembra non bastare se indagata col linguaggio tradizionale. E allora compaiono termini nuovi, estrapolati da una generazione che cerca di farsi scudo dalla tecnologia imperante, ricorrendo a un codice comunicativo tramite cui ritrovarsi umana. E allora subentra l'estro artistico mediatore di una sensibilità grave e altresì austera che non ama circondarsi di fronzoli, ma va alla ricerca di quell'ingrediente mancante che sovrapponga realtà e verità fino a farle coincidere. Parole del repertorio new age spiritualista incrociano la sensibilità degli scrittori da strada come Kerouac che hanno posto le basi alla Beat Generation.

Di grande effetto è anche il componimento "Flow" in cui si avverte come dal titolo la necessità di dare un senso organico a tutte le esperienze esistenziali, convergendo in un'unica direzione tutti i battiti. È possibile trovare una radice comune che spieghi e dia senso a tutte le esperienze del vivere, ricorrendo alla formula magica del sincretismo che traccia una nuova storia dell'uomo contemplandolo nella sua integrità composita. E pertanto, tra i versi serpeggia il tentativo di creare un affiatamento tra tutti gli elementi dell'uomo percepiti comunemente come astratti, perché slegati tra loro. E compare citato Mirò, il pittore fantasioso, che vorrebbe porre le basi a un nuovo linguaggio che ridisegnasse le realtà dell'uomo.
L'ultimo componimento che presento e che appartiene al vasto repertorio di Matteo Frasca è "Cieco", sicuramente il più suggestivo e il più raffinato.

La parola "Cieco" si accorda a quella di "Cielo". Solo una consonante divide i due termini. Il cieco, figura apparentemente statica di chi ha difficoltà a muoversi nella concretezza del reale, è colui che tocca gli alti piani del cielo che riflette e scopre dentro di sé. Il cieco è l'uomo libero. Sembra un paradosso. Lo è perché capace di viaggiare al proprio interno come nessuno, e di ricreare il mondo sulle basi delle proprie assonanze e tonalità espressive. Il cieco richiama il cielo e il bisogno di verità che nell'animo educato e sensibile di Matteo si fa priorità e necessità.

Ogni componimento ha una musicalità diversa, ma comunque autentica, perché chi rintraccia il reale anche di pancia, non potrebbe che essere autentico anche se probabilmente duro a volte. È una rinascita continua l'attività poetica di Matteo. Rinasce dal ventre e coralmente per poi cercare nel cielo il proprio richiamo che lo coniughi all'essenza interiore. Per questo, ogni brano ha una sua musicalità descritta dalle parole e pertanto si presterebbe ad essere arrangiato strumentalmente. Dalle sonorità rap a quelle più metropolitane, fino ad arrivare alle distese sonore dell'elettronica più raffinata. È un compositore mancato, Matteo. Ma non di certo per la sua vena creativa che lo ispira. E non potrebbe essere altrimenti, dal momento che egli, pur non suonando alcuno strumento, vive la musica dentro di sé al punto da comporre i suoi scritti ascoltando la musica nelle cuffie, musica che a noi arriva attraverso l'emissione trascritta del suo fiato.

 Leggi anche: Biografia. Matteo frasca

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli

 


 

Matteo Frasca

 

BEATS

Riprendo la penna armonico, do voce ad
un nuovo visceral beat,andando a tempo
in music therapy,beat dopo beat il sangue
pompa in quattro quarti,adagiato tra le note

stretto in me,composto ma sfibrato
sento la pressione nei passi verso il
vuoto,avanzando come un kamikaze assennato

rappo muto nello scorrere della melodia,
danzo sul foglio,nel flow della notte
che giunge senza luna in ogni battito
che batte forte nel petto,cardiopatico

nelle notti bianche,beats by dree,soffici
ovattano l'ansia,parte la danza,
sono il Mezzosangue,colmo di Rancore,
Primo della lista,muto,recito il mio Salmo

al risorgere del sole ,riapro gli occhi e inspiro
l'essenziale,per affrontare l'abissale ed aggredire
l'abituale,in un dolore addominale che prevale,
molesta come una spina della rosa,punge e fa male

vago tra le pagine come fossero strade a riempirle
di passi con una penna come fossero scarpe,
rimando l'intero soul affascinato
dalle foglie d'erba,sfogliando Walt Whitman


perso in viaggi introversi,immersi,
in estasi tra bassi e universi,
chiudo gli occhi e dò volume ai versi

ascoltando il jazz nel ritmo della strada,in un
intensa danza,mista tra birra e nicotina dove i pazzi
di vita bruciano e bruciano come vorrebbe Kerouac,esplosi
come fuochi d'artificio,creando meraviglia

calando nell'abisso di queste strade nel
beat extreme,ne percorro miglia e miglia,
disobbediente,in trance,indossando sudicie vans,mi
distacco da sta squallida realtà,off the wall,romance

viaggiavo senza meta,in una notte stellata,perdendo
la bussola,ammirando le stelle come Colombo alla ricerca
delle Indie,ho perso la rotta senza leggere le carte,trasportato
dall'arte come un ramo inerme che segue la corrente

raggi di sole tenui sulle campagne tra un
cielo che ti accarezza dolcemente il volto,
lacrime di nebbia in un cielo ingrigito,tetro
che ti guarda interrogativo senza luce

mi fascio il cranio,prima del linciaggio
per questo straccio di viaggio dove non scorgo
il bel paesaggio,destino di un cuore randagio

ma il sole sorge dalla notte,
ma la bellezza delle stelle ti inghiotte,
ma il capodanno si festeggia alla mezzanotte,

si balla fino al riecheggiare delle
rondini,con il sottofondo di una vecchia
traccia,mi abbraccia un sweet beat sballato
fino ad arrivare alle prime luci d'alba

fuori dal tunnel come Capa,svago con
la macchina senza paga,apro la valvola
che appaga,senza strada,fluttuo tra sta roba
che viene da dentro,sempre vera,vada come vada

nel battito del viaggio,negli sguardi
che ci sovrastano,nell'abbandonarsi
da regole in smoking che ci incatenano

free beat in grado di volare,
fumando in volo su un aereo,plano
sempre con lo stesso brano

sciolgo l'ermetico,sciolgo il linguaggio,e
vi do un assaggio di sto viaggio,con una buona dose
di coraggio,mi strappo sto cuore malato e ve lo
rendo in omaggio,Davy Jones salpo all'arrembaggio

vento in poppa col sole che fissa in faccia
mi tuffo dentro st'oceano,dove la brezza bacia,
sta luce espressa in questo raggio,rompo l'ingranaggio,
sto viaggio in beat è stato tutto tranne un miraggio

 

FLOW

guardami, guardami, al calar della notte carry on, in questo
sguardo surrealista, è intima la conclusione, come in
un quadro di Miro, ma la nebbia confonde la vista, la notte
inizia a essere arrivista, e questo grigio che non soddisfa
inizia e poi rinizia, in loop, in loop, come un quadro di Miro,
inizia, la nebbia confonde la vista, rinizia, in loop, ma la
conclusione è intima e lo sguardo non è arrivista, per questo
quadro che cattura la vista, e del grigio fa perdere la traccia,
su questa traccia, che ti accende il bianco, come una flashata
che arriva dritta in faccia, in loop, con il lieve che si slaccia

odio fino in fondo questo corazon che non respira, odio fino
alla follia questa canzone che suona cruda direttamente tra
la testa mia, e le cuffie cantano, e le casse suonano ed i battiti
frivoli battono, come puttane di notte a curar il gelo col jack

ogni riga è la melodia che accompagna il
beat della rima, batte in testa come il tocco
dell'orologio al passare degli attimi eterni

Just go, senza lidi o scogliere, o arrivi,
senza toccare terra, planando coi pensieri,
con il destino che arriva cosi, senza preavvisi

mi muovo sciolto tra sta prigione a cielo aperto, pensiero
parola, voce, questo disagio rimane anche se ho aperto le tende
scurisce nero questo cielo, invidia, infamia, cattiveria, vola
sto pensiero, e da un colpo di pennello a questo quadro pieno

e vado avanti con questo flow morbido che alleggerisce tutti i passi, uno
dopo l'altro, senza più contare gli anni luce tra sta terra e la luna,
nella bellezza della melodia che effervescente mi porta via, senza catene
nel cuore, con sti graffi nell'anima scorre sempre sangue nelle vene, plasmandomi
tra le righe do voce al suono libero delle parole, libere volano più su di questo
soffitto bianco, viaggiano rumorose come lupi in branco, a protezione di ogni
emozione, ululando nella disullusione dell'illusione, cacciando per fame e mai
per noia, e con questo vento che soffia sfrenato, corro verso gli esiti, i multipli
finali di questa storia, come un ricordo, si nasconde quando non vuoi vederlo e
si presenta nel momento che non ti aspettavi, e le braccia si infiammano e il sole
arriva caldo, e l'estate è un sentimento che arriva caldo, e la fiamma non muore

 

IL CIECO

Tra la notte, a guardare le stelle, col freddo intorno che veste
e col nudo che scalda, un cieco senza più veste, si mise
a guardarle con me, non sapevo chi dei due vedeva più lontano

assapora la mela anche se è avvelenata, è solo parte di una
ruota iniziata, dal peccato è nata la vita, dalla vita l'evoluzione,
dall'evoluzione siamo stati capaci di vedere gli errori del passato,
il passato è ciò che guardiamo da lontano, da vicino è ciò che
guardiamo, lottando per il futuro, e allora il presente sarà reale

e sarà reale dal momento che ce ne accorgiamo, quando non si dice ma
si fa, quell'amo che pesca a largo, quel largo che ci fa sentire soli,
quell'essere soli che ci mangia dall'interno, quell'interno che di
solo non ha niente, è solo un destino, ma non è niente disse il cieco

è solo una parentesi, una difficoltà per farti assaporare di nuovo stessi
sapori, più accesi, più gustosi, in questa traccia continua, fino a che sto
cuore non smette di battere, fino a che i colori di sta vita non spariscono,
e domani sarò ancora più forte, più acceso, più continuo, più vivo

e più vivo e più sento questo sangue che scorre nelle vene, il cuore
che pompa, e questo ritmo, quest'opera che mi lascia ogni
giorno in silenzio ad ascoltare, questo quadro che più guardo e
più ammiro, e ogni volta è disegnato dalla stessa mano

in questo cielo che guarda come fossimo parte di un unica fonte,
energia pura, e persi tra le estrellas ci fondiamo in questa esplosione,
come un uragano attiriamo a noi tutto ciò che ci circonda, e ciò
che ci circonda è tutto ciò che abbiamo intorno, e come bambini,
alla scoperta ogni giorno del circostante, come fosse sempre la prima volta

immagina questo corpo che muta come un tempio e questo tempio che è
senza corpo, immagina di parlare con Aristotele, che muta Platone,
immagina Socrate che dialoga per conoscere, che parla per capire,
ascolta per vedere, espande con le onde del cosmo, si concentra sul nucleo

immagina tutta questa musica, immaginala eterna, immagina che per comporla
usi sempre la stessa penna, sul solito foglio, immagina che la rima
più bella la scrivi stretta al suo interno, immagina che si realizzi, immagina
che puoi avere confusione se sia parte calcolata del viaggio, o se le somme le
hai tirate da solo, ed è la somma di più decisioni, di più strade
incalcolate, di coraggio, di scelte, di direzioni prese con istinto

istinto che si fonde con il caso, il caso che fa parte del viaggio,
questo viaggio che crea ogni volta un nuovo miraggio, ogni miraggio
che si perde tra un nuovo caos, un nuovo caos dove dover lottare,
lottare per raggiungere, raggiungere per essere, essere per vivere,
vivere per ottenere un nuovo ordine, questo nuovo ordine da proteggere

questo disse il cieco, senza poter guardare il proprio riflesso, basta
sentire l'ardere dell'interno, fino a percepire che questa strada
è come una conta, ma l'importante è essere presente per avere una
possibilità, una possibilità è infinita se sei presente, e la conta continua

ad ogni sorso sento meglio il sapore, ad ogni sorso vado sempre
più ubriaco, più mi ubriaco più voglio risentire il sapore, e gira
e gira, tutto gira, e il cieco parla, nelle notti senza stelle, nelle
notti di luna piena, come un licantropo che lotta per un sorso d'acqua,
e che sia pura, e che ti disseti, rara come un oasi nel deserto

il cieco sta dalla parte dell'umano, tra la materia di questo
mondo, tra il qualunquismo del discorso, sente il bisogno di
essere leggero con le moire innamorate a tessere le fila di
questo percorso, con gli Dei a vedere le gesta, di un umano
su questo posto, di umani che si leggono tra le righe del discorso

è tra le righe del discorso che si crea l'intimità di una parola,
l'intimità di una carezza, e dall'intimità della carezza si crea ogni
parola, e dalle frasi che escono, leggere come foglie portate dal vento,
che tessono le fila di questo discorso, e le parole nascono, e
le parole crescono, e le parole mutano, mentre le frasi tessono

e le frasi tessono, e le stelle risplendono, e da qui, ammirando
Orione, scopro che vorrei avere ogni volta una ragione, ogni volta
un posto da conquistare, un epicentro per cui rischiare, e guardando
nel cosmo al cieco dissi, di tante persone, proprio tu mi sai guardare