''Io credevo in te'', il minimalismo sensibile del nuovo corto di Cossentino e Bellino
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''Io credevo in te'', il minimalismo sensibile del nuovo corto di Cossentino e Bellino

Interviste e Recensioni
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''Io credevo in te'', il minimalismo sensibile del nuovo corto di Cossentino e Bellino
''Io credevo in te'', il minimalismo sensibile del nuovo corto di Cossentino e Bellino

 

Ogni anno alle soglie dell'estate va riproponendosi l'angosciante dramma dell'abbandono dei cani da parte di quei padroni stanchi di sentirsi da loro condizionati in vista delle vacanze. È un'emergenza questa che sta a cuore ai più sensibili, propensi ad avvertire il grave scollamento dell'uomo servo del proprio egoismo, dalla Natura che ci reclama ascolto e ci chiede rispetto verso tutte le forme di vita, noi incluse, presenti nel suo amorevole grembo. Questi da me abbozzati sono solo alcuni spunti di riflessione suggeriti dal cortometraggio "Io credevo in te" scritto e prodotto dal connubio dei due valenti artisti Giuseppe Cossentino e Nunzio Bellino , a cui è dedicata questa recensione.

 

Nella Natura che ancora riesce a sorprenderci per l'incanto delle sue bellezze, l'uomo di oggi sembra rassegnarsi a se stesso trincerandosi nel suo egoistico dolore. La rassegnazione è un male stringente che oggi ci fa smarrire lungo i percorsi della vita. Nulla serve a cambiare ciò che ormai è distrutto, risuona come un mantra maledetto, a giustificazione di un agire superficiale e sbagliato che si ritorce contro noi stessi e poi contro gli altri. 

Guardando la poesia della Natura che ci governa, sembra impossibile che tra gli anfratti dei suoi luoghi si nasconda tanta miseria di anima la quale servisse almeno ad aprire i giusti squarci di riflessione sull'ignoranza che oggi ovunque impera e che poco ha a che fare con il discorso cultura. Paradossalmente, sembra quasi che oggigiorno quanto più ci riempiamo di dati, tanto più sprofondiamo nella nostra pochezza interiore.

Alla Natura che ci guarda chiedendoci di entrare in noi stessi, noi rispondiamo con uno sguardo vacuo, di chi non sa ascoltare perché incapace di comprendere. Non sappiamo più essere noi stessi e questo sembra rimproverarci il pianeta rivestito di sorprendente meraviglia nel momento in cui lasciamo andare i nostri pensieri non lontano da lui, ma contro il legame che ci tiene stretti a lui e che ci ha fatti nascere come scintille divine rivestite di materia, prima ancora che come uomini.

Non siamo più persone perché non lasciamo più risuonare in noi stessi la voce di Dio che si ripete in continue note e strofe nei cangianti volti della Natura, tramite i paesaggi un tempo in corrispondenza empatica con la nostra anima. Eppure, in questa realtà governata dall’assenza di profonda comprensione e di legami, c’è chi ha deciso di denunciare in modo bello e toccante quanto accade e in merito all'abbandono dei cani, utilizzando la semplicità che ci giunge proprio dalla Natura.

È l'operazione magistralmente condotta dal regista e sceneggiatore Giuseppe Cossentino che abbiamo imparato a conoscere e ad amare grazie ai suoi audiodrammi concentrati sulle grandi problematiche sociali che nascondono carenze che riguardano l'uomo e il rapporto col suo mondo interiore. E proprio sul mancato dialogo tra esterno e interno verte il cortometraggio dal titolo "Io credevo in te". Qui la sensibilità di Giuseppe Cossentino e dell'attore e coproduttore Nunzio Bellino emerge in tutte le sue più significative sfaccettature, riproponendo il valore del minimalismo odierno nella cinematografia. Il cortometraggio è di una semplicità autentica che lascia scivolare nell'anima il mondo esterno deturpato dall'uomo e dalle sue arbitrarie scelte, invogliando a ricrearlo secondo criteri più ospitali. Qui il riscatto a volersi adoperare per cambiare ciò che ci sta portando agli estremi di un Universo che a breve non ci riconoscerà più. Urge quindi un linguaggio che sorga dall’interno, un nuovo codice espressivo con cui ricucire le ferite interiori e ripristinare quei legami perduti col mondo. Perché ciò accada, occorre reinvestire su altri tipi di formazione che non siano logico cerebrali ma funzionali alla rivalutazione e rifioritura del pensiero interiore nelle sue variegate sfumature.

"Io credevo in te" si lascia comprendere e amare nella lentezza struggente delle scene che induce a soffermarsi e a riflettere in un mondo che va sempre di fretta, abituato troppo e selvaggiamente a sorvolare sui suoi aspetti più profondi. L’abbandono del cane Chicco presso una discarica ha il suo antagonista simbolico nella bellezza della Natura che apre il cortometraggio e che interviene durante le scene quale monito riedificante per tutti. Il cielo col sole che splende è la speranza che sorvola le nubi e si realizza nel tempo che in questo cortometraggio non è nemico del cane ma sua salvezza. Nel luogo del tempo infatti, si concretizza l'incontro con colui che, impersonato dall’attore Nunzio Bellino, lo accoglierà tra le sue braccia come un bimbo risollevato dalla vita.

"Non c’è peccato più vergognoso dell'ingannare chi crede in te" pronuncia in conclusione Nunzio Bellino e non servono altre parole. Basta la sensibilità toccante dell'attore a coronamento della sequenza di scene molto belle che entrano nel cuore accompagnate e ben scandite dalla colonna sonora di Naoya Sakamata, compositore giapponese, che aggiunge ulteriore pregio al corto costruito davvero bene. Degno di nota anche il ruolo del padrone del cane, che rende in maniera eloquente il dilemma di chi non vorrebbe ma infine cede.

"Io credevo in te" di Giuseppe Cossentino e Nunzio Bellino giunge come un'ulteriore conferma del talento artistico del già collaudato duo Cossentino-Bellino meritevole di considerazione da parte di un pubblico sempre più vasto e in grado di rispondere agli stimoli elegantemente inviati a tutti noi dai due artisti.

 

''Io credevo in te'', il minimalismo sensibile del nuovo corto di Cossentino e Bellino
''Io credevo in te'', il minimalismo sensibile del nuovo corto di Cossentino e Bellino

 

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.