Liberato Candiello. Il destino e la via dell'attore
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Liberato Candiello

Interviste e Recensioni

Liberato Candiello. Il destino e la via dell'attore

Ci sono trame nascoste, fili illeggibili che uniscono come in un'unica casa, gli aspetti del nostro essere artistico e sensibile. Ognuno di noi è in sé una famiglia di rapporti retti dalla capacità di traghettare chi si è in quello che si fa, ma è dei migliori realizzare questa operazione.

Liberato Candiello, falegname e attore, esprime al meglio la capacità di trasferirsi dall'abilità di lavorare il legno a quella di interpretare il personaggio in cui ci si cala, riuscendo a porgere agli altri la luce splendida della sua interiorità.

Nella frenesia odierna che ci caratterizza, dimentichiamo chi siamo e cosa siamo chiamati a fare in questa vita. Sempre più persone oggi vivono una sorta di scollamento tra chi sono e la strada lavorativa intrapresa, come se il lavoro fosse altro dall'entrare in relazione con l'intimità dell'anima. Paradossalmente, la propaganda culturale non sembra aiutare a superare questa scissione, presentandoci come modelli da emulare soggetti che hanno messo a tacere l'anima, in vista dei traguardi professionali da raggiungere, quasi la propria interiorità fosse un ingombro più che una ricchezza.

Il protagonista di questa intervista, nella realtà in cui siamo sembra muoversi controcorrente. Liberato Candiello senza alcuna pretesa di esserlo o apparirlo, è un uomo discordante rispetto ai parametri di riferimento imposti da una società che non ha a cuore niente e nessuno, se non la smania di successo.

Liberato, il nome che porta già introduce a una persona significativa. Quanto ha influito sul suo destino?

"A questo non so rispondere. So che Liberato era il nome del mio nonno materno e che io l'ho ereditato in quanto primo figlio, come tradizione vuole al Sud Italia."

È un nome particolare e con un significato bellissimo da qualsivoglia angolatura lo si intenda. È il nome della persona che libera e che viene liberata. Forse le due cose insieme e questa corrispondenza di significati sembra rispecchiare a fondo la sua persona.

"Diciamo che la libertà è stata il filo conduttore della mia vita da bambino e da giovane. Io sono molto legato alla figura di mia madre che mi ha avuto a 19 anni come primo figlio. In seguito è nata mia sorella. A mia madre devo tanto, innanzitutto la mia sensibilità."

Sua madre è morta nel 2009 e allora lei ha scelto di intraprendere la strada del Cinema.

"Come ogni bambino sognavo già da piccolo di fare l'attore. Non ero portato per lo studio ma per i lavori manuali. Oltre al sogno dell'attore avevo quello di diventare calciatore."

E c'è riuscito.

"Solo in parte. Ho iniziato a giocare a calcio ma a livello solo amatoriale perché non ho avuto fortuna e anche perché forse non mi sono adeguatamente impegnato io. Per cui ho conseguito solo il patentino di allenatore di ragazzi al di sotto dei 18 anni."

Liberato, secondo lei da ragazzo non si è impegnato più di tanto di realizzare i suoi sogni.

"Vero. Dipende forse dal fatto che mia madre tendeva ad accontentarmi in tutto."

Fortunatamente però è riuscito a salvaguardare la parte più preziosa di sé, la sensibilità, che ha ereditato da sua madre e che ha saputo coltivare nel tempo. Che tipo era suo padre?

"Mio padre era un uomo all'antica e poco incline ad adeguarsi ai tempi. Il fatto che io abbia dei valori e la capacità che ho mostrato nel riuscire a costruire una mia famiglia solida e unita sono in parte merito suo."

Lei è nato in un paesino in provincia di Benevento, ma è cresciuto in Svizzera dove risiede tuttora.

"Si, ma l'Italia mi è rimasta dentro. Qui in Svizzera la gente è fredda, poco disponibile. Devo a questa terra la possibilità che mi ha dato di realizzarmi professionalmente e di assicurare un futuro ai miei due figli."

Lei fa il falegname e questo è il suo vero lavoro.

"Si, esatto. Non è il lavoro che ho scelto ma non avendo completato gli studi, non avevo molte altre possibilità . Un tempo rendeva molto in Svizzera, oggi purtroppo no. Quello del falegname è un lavoro di artigiano e qui ormai è tutto moderno. Il legno non viene adeguatamente apprezzato."

Liberato, lei mi ha confidato che vorrebbe continuare a lavorare come attore anche perché spera di ritornare stabilmente in Italia.

"Anche per questo, vero. Qui c'è troppa freddezza. La gente pensa solo al lavoro e non esistono svaghi. Anche il Cinema e il Teatro sono poco seguiti. Le produzioni svizzere preferiscono girare film in Francia, Belgio e in Germania."

Lei è conosciuto anche per essere la controfigura di Leonardo Di Caprio. Come reagisce la gente quando la incontra per strada?

"Sono molto deluso dal fatto che qui in Svizzera nessuno sembra aver dato peso a questo. Come dicevo, la gente è poco cordiale. In Italia reagirebbe diversamente."

Eppure il film di Scorsese in cui ha lavorato come controfigura di Di Caprio è stato girato lì."

"Esattamente. "Il lupo di Wall Street" è stato girato a Ginevra."

Lei vanta un bel curriculum attoriale. Ha lavorato anche con Abbatantuono.

"Si'. In Francia, il regista del film è francese. A volte penso, che il destino per quanto concerne il lavoro di attore, mi sia avverso. Mi è  capitato più volte di essere scelto per alcune parti che poi di punto in bianco sono state omesse dal film, impedendomi di lavorare. Il caso più eclatante riguarda la parte che mi era stata assegnata  dal regista Roman Polansky in un suo film. Io ero tanto felice di lavorare con uno dei più grandi registi ma poi, tutto è  saltato."

Eppure, nonostante aver fatto parte di importanti cast, lei non riesce a lavorare come attore quanto vorrebbe.

"Purtroppo quello del Cinema è un mondo spietato. Nessuno fa niente per nessuno. Io a 46 anni non mi faccio illusioni. Un lavoro stabile ce l'ho, fortunatamente. Il lavoro di attore però mi manca e mi piacerebbe tornare su un set di qualità."

Lo merita perché è davvero bravo. In cosa secondo lei s'incontrano il lavoro di falegname che porta avanti ma che non ha scelto, e il lavoro di attore che vorrebbe riprendere a svolgere?

"Forse ad unirli è il fatto di essere me stesso completamente in entrambi. Io, come ho detto prima, sono portato per i lavori manuali e quello del falegname lo è."

Liberare dal legno una figura o semplicemente levigarlo, è un lavoro che invisibilmente lei applica a sé stesso. È come se si prendesse cura di sé e della sua persona. Recitando e interpretando il personaggio è come se si prendesse cura degli altri mostrando se stesso attraverso quel ruolo che le è stato assegnato. Entrambi i lavori richiedono forza d'animo, pazienza e grande sensibilità.

"La sensibilità mi contraddistingue sicuramente. Ne ho fin troppa, così come la capacità di adattarmi perfettamente al ruolo che mi viene assegnato."

Lei mi ha raccontato di soffrire di attacchi di panico. Sono tanti purtroppo gli attori a soffrirne e non a caso proprio i più bravi.

"Si'. Fortunatamente sono in cura e riesco a gestirli. Mi sono chiesto più volte quale potrebbe essere stata la causa scatenante. Forse l'insoddisfazione."

Forse anche il contrasto tra le due figure genitoriali. Una madre dolce e permissiva e invece un padre autoritario che non comprendeva i suoi desideri. A curarla è soprattutto la sua grande attenzione verso chi soffre.

"Quest'ultimo è l'aspetto che rende concreta la mia sensibilità e che mi porta una volta alla settimana nell'ospedale qui vicino, a dare sollievo con l'ascolto e la preghiera ai malati terminali."

Complimenti davvero. Lei è un uomo di fede?

"Si'. E voglio che la fede come sta aiutando me, dia la luce a chi è sul punto di andare."

Tanti sono gli uomini di Cinema contraddistinti da una forte fede, quasi Dio avesse scelto per loro la via della recitazione quale strumento per porgere i suoi insegnamenti. Ricordo Karol Woityla che prima di entrare in seminario aveva recitato come attore. Ci sono altri esempi meno eclatanti ma comunque non meno importanti. Tra questi Giuseppe Cascella, Lino Banfi e Claudia Koll. Comunque, per ogni lavoro, Dio ci chiama, assegnandoci una via in base a quello che ognuno sa fare. A noi chiede che noi la portiamo avanti fino in fondo, prima di darci le dovute soddisfazioni. E credo che anche a proposito di Liberato Candiello sia così. Il destino può sembrare avverso perché ci vuole combattenti e volitivi fino in fondo, in tutto quello che decidiamo di intraprendere. Perché se è vero che il lavoro lo facciamo noi ogni giorno, dedicandoci ad esso, è vero altresì il contrario. Che è il lavoro a formare noi.

Ringrazio Liberato Candiello per questa commovente intervista che ci permette di vedere ben oltre le singole professioni e di cogliere da vicino il senso della vita.

A Liberato e al suo sogno di tornare sul set i migliori auguri da parte mia e di tutta la Redazione.

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Ippolita Sicoli
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