L'artificio, la finzione sono una forma di crudeltà perché contro lo spirito della Natura. I personaggi delle opere romantiche possono esprimere forme di crudeltà in quanto veri. La verità è intesa come conformità alla mutevolezza della Natura che in campo sentimentale può arrecare gravi danni.
Chi danneggia gli altri finisce col danneggiare se stesso. È questo l'insegnamento che ci arriva dalla cultura romantica e su questo verte il dissidio tra bene e il male. Il male è nella Natura stessa nel momento in cui diviene causa d'infelicità. Il dolore è nel sordo ripetersi degli eventi che preclude il raggiungimento della felicità ed è quanto ci viene tramandato dal pensiero leopardiano a proposito della teoria del pessimismo cosmico da cui emerge il limite connaturato alla vita stessa, nonché alla dimensione umana.
Il limite è causa d'illusione ma diventa sprone e anelito d'infinito che è realtà e necessità dell'uomo. È quanto emerge dalle strofe del "L'infinito". La siepe è l'ostacolo che si frappone tra l'occhio e la vastità rappresentata dall'oltre, consentendo all'osservatore la prosperità dell'immaginazione, fattore di determinazione estrema delle libertà e creatività.
"Alla luna" e "L'infinito" sono tra loro collegati, considerati componimenti gemelli per lo spirito che li accomuna, nonostante le profonde dissonanze. Con la luna siamo nella dimensione del mito e del tempo ciclico in cui si esprime il vigore del Femminino ben rappresentato dalle dee della bellezza e della fertilità Demetra e Artemide. Artemide, la cacciatrice è accompagnata nelle rappresentazioni che a lei si riferiscono dalla falce di luna sulla fronte, a indicare il tempo che caratterizza la mutevolezza della Natura e che la dea impersonifica. Nonostante presentino caratteristiche diverse, le due dee vengono spesso accomunate, nell'immaginario confuse, tanto da risultare presenti in alcuni templi, quasi fossero la stessa dea.
È interessante il parallelismo tra la Vergine cristiana e Artemide a proposito della posizione della luna che contraddistingue entrambe. Se la dea della caccia reca la luna sulla fronte, Maria la calpesta a indicare che l'Immacolata è Vergine perché senza peccato e il peccato è concretamente determinato dall'agire umano. Artemide Diana è la dea della Natura che assembla in sé tutte le componenti del femminile, nonché il ciclo mestruale che scandisce il passare del tempo e il ritorno ciclico dello stesso.
La luna di Leopardi è il muto faro che governa le turbolenze umane in relazione alla cangevolezza della Natura. È distante e algida, eppure compagna che sa ascoltare ma è incapace di cambiare la condizione di disperata infelicità umana.
Se la luna ci riporta nella dimensione del mito, la tragedia, che si ritrova nel confronto uomo infinito ben richiamato dal componimento di Leopardi, è rappresentata da Dioniso (figlio di Zeus, lo Splendente) che incarna l'uomo e il suo anelito a prevaricare ogni limite visivo e materico. La tragedia è protagonista del lume creativo che agita e placa le necessità umane. È la dimensione del sole e della luce iniziatica ben rappresentata da Dioniso e dal labirinto che dovrà attraversare per conseguire la maschera e riconoscersi dio.