La vita come dono e la visione degli astri nel Romanticismo
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La vita come dono e la visione degli astri nel Romanticismo

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Donato Creti, Osservazioni astronomiche. Luna
Donato Creti, Osservazioni astronomiche. Luna

 

Diamo valore al tempo quando lo doniamo. Donare significa non necessariamente vivere come impegno gravoso il rapporto con gli altri, sacrificarsi per gli altri. È dono tutto ciò che noi facciamo anche per noi stessi. È dono tutto ciò che rivolgiamo alla vita alleggerendo i pesi del cuore.

Oggi la nostra umanità ha perso quasi totalmente il senso del dono, dietro la parvenza di una cultura antropofila che al di là della facciata mette in primo piano la logica del profitto. A differenza di quanto accadeva nel Romanticismo, oggi il tempo privato non esiste più. Ogni nostra azione viene svolta per compiacere gli altri o per nascondere le proprie carenze spirituali innanzitutto.

Nel Primo Ottocento soprattutto, l'uomo distingueva tra pubblico e privato, dedicando, nonostante le numerose battaglie anche ideali da condurre, molto tempo alla dimensione personale. La lettura, la composizione erano reputati rituali che sconfinavano nella sfera sacra perché necessarie allo spirito. Passeggiare all'aria aperta, fare lunghe cavalcate da soli o anche in compagnia erano esperienze che nutrivano la propria interiorità, utili a rafforzare il legame con la natura affievolito se non spezzato dall'invenzione del treno che ha dato luogo a una visione artificiale della velocità e ha separato l'uomo dall'ambiente.

L'esercizio della scrittura a cui tutti i poeti, i narratori e i filosofi si sottoponevano era indispensabile non solo per affinare tecnica e grammatica ma anche per allenarsi all'apertura della propria anima. Occorreva misurare la propria soggettività portando il lettore a confrontarsi con l'autore e creare un flusso d'intesa tra i pensieri. La sfacciataggine non è contemplata dal Romanticismo e non per bigotteria ma perché la dimensione della penombra era considerata ideale per la trasmissione dei contenuti e la cura dei rapporti.

Attraverso la narrazione epistolare lo scrittore si metteva s nudo. Spesso la stesura di una lettera era il pretesto per creare in sé quel rapporto di armonia luminosa indispensabile alla chiarezza e alla levigatura di ogni attrito. Si aveva in mente qualcuno a cui rivolgersi, anche solo un ideale immaterico. Una musa ispiratrice ricreata nell'anima. Rivolgersi a questo probabile referente nascondeva il bisogno di aprirsi al Cosmo e ai suoi astri rappresentanti dell'eternità.

La vita tutto consuma e le gioie non sono durature, come lo stesso Leopardi enuncia. Trovare il proprio gemello negli astri era affidarsi al flusso armonico della vita che sovrasta il tempo. L'eternità e il volto dell'amata sono rappresentati dalla luna che rende tangibile un pensiero e un bisogno che sono universali. È ritrovarsi negli altri in un afflato immortale. La luna come le costellazioni è di tutti e di nessuno. Non può essere posseduta, e il Romanticismo non ambisce a possedere se non con la passione travolgente del sentimento che lega due persone. Il Romanticismo coltiva il terreno fertile del dono che rende immortale ed eterna la relazione anche con se stessi.

Ripensando a Leopardi potremmo dire che egli fosse a suo modo se non felice, sicuramente sereno in rapporto ai tanti poeti che gli succederanno con l'approssimarsi del Novecento e che troveranno solo nebbia e fumo dentro di loro. La nitidezza di un campo stellato appare a distanza l'animo dei poeti romantici. Il cielo con le sue trame di luce e i suoi porti sicuri sono speranza e fede. Sono riferimenti che traslano l'anima verso un futuro lontano, consegnando un'umanità sincera e straordinaria al vicino narratore così come al pubblico di domani. Rappresentano la speranza che si fa certezza di venire ascoltati da qualcuno oltre le rotte di ogni bussola, rinverdendo quello che era stata l'intuizione di Giordano Bruno e non solo, a proposito della solitudine del nostro pianeta nell'Universo.

Perché dovremmo essere i soli?

È come se l'artista romantico avesse superato la frontiera del dubbio e considerasse l'Universo cosparso di vite. Perché in fondo egli stesso è vita. Il richiamo alla presenza dell'eternità giova allo spirito e crea quella magica corrispondenza che sicuramente oggi noi uomini andiamo ricercando tra ciò che è di questa vita e quanto è lassù e ascolta e alleggerisce.

L'inquinamento luminoso ha offuscato oggigiorno il rapporto col cielo, ma un tempo i lumi ad olio non erano che un riflesso delle lucciole degli astri, di quelle lanterne che qualcuno lassù piano piano e ripetutamente di giorno in giorno spegneva per cedere il posto alla grande luce.

 

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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