È ritmo tutto ciò che reca impresso il timbro della variazione. La ripetitività è l'assenza del ritmo stesso, in quanto produce assuefazione. Il ritmo è la canzone del tempo, la sua scansione imposta o interpretata dal compositore che nel primo caso si scopre demiurgo del mondo attraverso la musica.
La musica sinfonica ci dà il quadro d'insieme di quello che era il sentire dell'uomo romantico. Ogni voce si raccorda con quelle degli altri strumenti mantenendo una propria e imprescindibile individualità. Ritorna, ascoltando una sinfonia romantica, la visione del Paradiso dantesco. Delle anime assorbite nella loro immaterica forma dalla luce divina, sorgente di vita.
Il sentire dell'uomo romantico è reso palpabile attraverso i sentimenti che portano l'uomo a innalzarsi verso la luce o al contrario, a inabissarsi nelle tenebre del mare.
I naviganti e i pescatori che costellano l'immaginario collettivo anglosassone e dei popoli nordici rappresentano il ritmo tra il conosciuto e il mondo sommerso. Sono il contrario del cigno che fluttua leggero raggirando la percezione del tempo. I balenieri, i pescatori che sfidano le grinfie dell'Oceano annaspano tra la luce e gli scossoni delle onde, mantenendosi sul vello delle acque sotto la spinta di un equilibrio protettivo.
È un'illusione restare fermi in acqua. Lì tutto si muove e morire è adagiarsi sulla corrente. La costanza dell'eroe per il Romantico è altro dalla costanza del cigno che fluttua leggero, nonostante il cigno sia un animale erto a modello.di raffinata imperturbabilità.
La costanza è mantenersi fermi. È la continuità che spinge l'uomo sulla soglia dell'alienazione, impedito dall'essere alla pari del tempo che scorrendo se lo porta via. La continuità alienante porta la vita a un sordo letargo che non produce il risveglio. Parallelamente la costanza è anche la tempra del carattere volitivo dell'eroe da trasferire nella vita di tutti i giorni. La tenacia è nel riuscire a mettere da parte rancori e risentimenti. È avvertire il sole nelle stanze buie e proiettarlo di fronte agli occhi per non perderlo mai di vista.
L'operazione contraria la rintracciamo nell'uomo del Decadentismo quando, anziché condurre al timone la propria vita e indirizzarla seguendo precisi propositi, preferirà abbandonarsi ai flutti non perché la vita terrena per lui abbia scarsa importanza, inducendolo a rifugiarsi in una condizione mistica, ma per tutt'altri motivi. Convinto che tale vita sia sospesa e slegata da qualsiasi mira e da qualsiasi perché, egli si rinchiuderà nella sua mortificante alienazione. L'unico filo conduttore che unisce le due epoche è la bellezza come nutrimento, nel primo caso da intendersi come elemento di congiunzione spirituale, nel secondo come balsamo rigenerante e di salvezza dal nichilismo che si espande nell'intimo umano.