Le radici del mare e la maledizione del vecchio marinaio. Il Romanticismo e la sua decadenza
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Le radici del mare e la maledizione del vecchio marinaio. Il Romanticismo e la sua decadenza

Invito all'Arte
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The Rime of the Ancient Mariner, illustrations
The Rime of the Ancient Mariner, illustrations

 

Il Romanticismo ha educato l'uomo ad andare oltre le apparenze. Lo ha fortificato attraverso il confronto con la Natura che lo ha portato a seguire il vento degli accadimenti, andando ben oltre le apparenze, e a curare il rapporto con la sostanza.

È così che la donna non è più vista come pura immagine da adorare, esibire o punire, ma come una realtà onnicomprensiva di amarezza e magia tutte da scoprire. Ci si prostra dinanzi a una donna, si piange e si perde la vita se è il caso, perché ella interpreta i valori più alti in cui l'uomo crede, non ultimo quello di patria. Curare la donna omaggiandola è un riflesso di quell'arcano sentimento di venerazione che l'uomo ha dentro di sé per la terra. Terra, patria e donna si ritrovano e si rimescolano tra venerazione ed emulazione in cui il cuore dell'uomo riscopre il suo posto.

La patria è come suggerisce la parola stessa, padre e madre. È il sogno antico che l'immigrato culla dentro di sé nella disperazione di sentirsi lontano. La traversata per mare non coincide forse con quella del dipartito in procinto di ricominciare altrove, in un ciclo infinito?

Le onde rimescolano sentimenti amari di nostalgia e promesse di un sole buono. I marosi dell'Oceano in tempesta ricordano i sacrifici fatti al prezzo di una nuova vita sicuramente migliore. Insegnano che dal mare si può anche uscire vivi rassegnandosi allo scotto di lasciare indietro i ricordi.

Il marinaio veicola l'identità della tradizione. È pesce e uccello che visita e abbandona onde su onde le nuove terre dove lascia sempre una parte di sé. È un ponte di congiunzione tra il vecchio e il nuovo che non può essere interrotto, pena una spietata condanna.

Il marinaio, alias il pescatore, è l'immagine della vita che si nutre senza sacrificare il passato o altre vite, ma mettendo sempre e costantemente a rischio se stessa. È l'uomo delle tante donne e delle tante patrie, con un solo ricordo vero e con una sola identità che nasconde al mondo, di porto in porto, annegando tra fiumi di birra.

Si sa forse cosa splende nell'animo di un gabbiano? Di un pesce vagabondo? Così il marinaio, un po' pesce, un po' uccello ma dal cuore grande che segna e insegna.

Il Romanticismo ha santificato l'immagine del marinaio e del baleniere quasi fossero un tutt'uno col regno implacabile delle acque salate. Il movimento sul movimento. La casa barcollante delle tradizioni, l'arca del mistero perduto, da preservaare e da non far affondare. Da portare in salvo dall'altra parte perché dal marinaio dipende la salvaguardia di quel bacino di arricchimento che chiamiamo umanità.

Il componimento dell'uccisione dell'albatro da parte del vecchio marinaio, presente nella ballata di Coleridge fa riflettere sul legame tra il marinaio e gli uccelli marini, di monito al precario principio dell'identità di appartenenza. Ci si appartiene anche per forme diverse. Il mescolamento del mare fa incontrare e scoprire nuovi fratelli, nuove intese di sangue. Si è come gli uccelli terracquei, in una dimensione di naturale ibrido che non degenera mai in ambiguità, perché nel congegnato disegno della Natura.

È così che l'uccisione di un albatro diviene la causa di una maledizione e la ragione della frattura che si crea tra il marinaio e i suoi compagni d'avventura.

Il mare lega nella libertà di onde e cielo. Instaura legami che la gente di terra non può capire. Tutto è presenza nel regno fluido dell'Oceano. Ogni forma di vita è una visione amica che giunge a consolare o a incoraggiare. Si è un tutt'uno sulla stessa barca e l'albatro è una parte dell'intero organismo che è l'Universo del mare, metafora della vita. Cambierà tutto nel Novecento e il modo di concepire la realtà. La disgregazione del principio di unità riscontrabile nella Natura porterà l'uomo a non ritrovarsi più nelle immagini ancestrali del marinaio compagno di viaggio di misteri e millenni. La memoria sradicata dall'arcano porterà poeti ed artisti a percepirsi inadeguati nella nuova realtà materialista e lacerante. L'albatro di Baudelaire è il riflesso dell'artista che si sente ridicolo e fuori posto. Non c'è più spazio neanche per le maledizioni in cui l'uomo del nuovo mondo non crede più. Uscito dal ciclo della Natura, la sua non è una conquista di libertà ma una rinnegazione della parte di sé più sacra. Non c'è maledizione per chi non crede in Dio. Non c'è più nulla, alcun orizzonte di mare e di terra.

 

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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