Siamo eleganti quando prestiamo fede alla nostra identità. L'eleganza non inventa ma ricorda che siamo figli del cielo e della parte più nobile della terra che a lui tende.
È tornata Micia Dorata. È nel giardino sotto casa. Il Gatto col Collarino le girava intorno per non svegliarla. Mi ha fatto un miagolio di saluto e si è appisolato. Poi, ripensando a Micia Dorata così esausta. Chissà che notte brava avrà passato! ho pensato dentro di me. Ma è curioso il fatto che, nonostante appaia spossata, mantenga il suo regale contegno.
La purezza non è forse pieno rispetto della propria natura? Agire senza forzature ridicole o obbrobriose? E la nostra natura quale sarebbe? Forse, scoprire che non siamo fatti di sole sensazioni e che la sensibilità ci rende docili e mansueti agli occhi del mondo.
L'eleganza è un mondo bello che attraverso noi si offre.
La Natura dell'uomo è appartenere alla totalità che trascende tutto. È soffermarsi sulla gioia e sul dolore per poco, proseguendo poi il cammino.
Nel tempo l'uomo ha appreso di essere fatto anche di altro, oltre che di bisogni primari. E così ha scoperto l'arte e la fede contenute nell'arte. E l'arte stessa come espressione di fede. Si è innamorato del cielo e delle valli in cui esso si rispecchia, con la varietà infinita di piante e fiori, puntini di stelle che esalano un loro respiro profumato. Il respiro cos'è se non la sintesi di chi siamo e di cosa inaliamo?
L'uomo ha dimenticato di mangiare nutrendosi di altro e ha scoperto così la qualità dei sapori.
Occorre allontanarsi anche se di poco dalle consuetudini per scoprirne il senso. Al senso segue il valore. Oggi tendiamo invece a dare valore a ciò che non ha senso e per questo è scomparsa l'eleganza.
Questa parola da "ex legere" ci fa comprendere che tutto ha la sua radice e il suo dignificato più vero nel momento in cui entriamo nella realtà e la interpretiamo. Allora conosciamo noi e chi siamo davvero, occupandoci anche con l'immagine di salvaguardare il nostro contenuto, aprendolo al mondo.
Quando parliamo dell'eleganza di un fiore è proprio questo che intendiamo. Ci offriamo agli altri porgendolo e allora siamo una finestra sulle meraviglie del mondo non conosciute o ancora misteriose.
Nell'arte la finestra si accompagna all'eleganza che è appunto figlia della lettura del mondo. La finestra che si spalanca alla luce nel Novecento, pensiamo all'opera di Dalì, o che si richiude la sera al tramonto o che guarda al tappeto di neve fuori nel giardino, ci parla della modernità che è eccessiva apertura e al contrario del mondo dei sogni in età romantica. Finestra e sogno s'incontrano nell'eleganza e la stimolano come fosse il frutto di chi siamo e proteggiamo dagli occhi indiscreti degli altri. L'eleganza è isola perduta, adagiata sul respiro setoso della vita. È sguardo che vola ignaro dell'esigenza di apparire, perché conta solo la sostanza.