Amore e Morte. La condizione di lutto nell'Ottocento
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Amore e Morte. La condizione di lutto nell'Ottocento

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Dolore inconsolabile, 1884 (Inconsolable grief, 1884) Ivan Nikolayevich Kramskoi
Dolore inconsolabile, 1884 (Inconsolable grief, 1884) Ivan Nikolayevich Kramskoi

 

La fragilità ci rende uniti. È nella fragilità ogni equilibrio. Usiamo spesso la parola "filo" in rapporto a questo principio. Un filo d'acqua, un filo di voce, appesi a un filo... il filo rende l'evidenza della precarietà della vita e del sistema di congiunture che mantiene unito e regge il tutto.

La parola "filo" ha la stessa origine del verbo "amare" in greco "fileo" da cui deriva anche la parola figlio. Il figlio è colui che porta avanti il filo di conduzione genetica lungo la linea di discendenza. È un filo diventato carne, emissione della sostanza. Il Figlio Gesù rappresenta il contatto tra Dio e il mondo.

La morte è la rottura di tale filo. Ma è proprio così?

Nel Romanticismo la morte non era vista come rottura ma come consolidamento del legame in altra luce. Il deceduto era sempre presente e il posto che occupava a tavola restava riservato a lui. Si avvertiva da parte dei congiunti il bisogno di trattenerlo nelle loro vite. Il lutto era un evento tragico che scombinava la vita ordinaria di tutti, ma un evento molto comune perché nell'Ottocento si moriva per svariate cause e non solo in guerra. Vestirsi in nero era d'obbligo e nelle famiglie altolocate serviva a mantenere vivo il decoro dello status. Nelle famiglie povere il lutto significava disperazione per tutta la famiglia, specie se colpiva il capofamiglia o uno dei figli maggiori.

Nonostante la fede, vivere nella morte era condizione comune. Era come se il deceduto trascinasse con sé nell'oltretomba i suoi affetti più cari. È un aspetto questo tra i più macabri che contraddistinguono L'Ottocento e sembra in tutto e per tutto ravvivare il mito di Persefone e Ade. Il ritorno della primavera dopo l'evento luttuoso abbattutosi era percepito come un'ondata di refrigerio che riportava in vita i ricordi. Per l'amata che aveva perso il suo uomo la primavera era rivisitazione spettrale, nel segno della luce di quanto vissuto insieme. Il ritorno di Persefone era percepito come il ritorno anche di Ade che manteneva fede alla sua natura invisibile. Ade diventava ogni compagno di vita morto, andato da Dio che non riusciva nell'animo ottocentesco a dissolvere le tenebre. La morte permaneva come l'immersione in un bagno triste che ungeva i cari rimasti. Ciò significava, riprendendo il mito di Ade, che il filo del legame non s'interrompeva e che i diretti interessati precipitavano con il dipartito in quella dimensione buia e mesta.

Era un legame che non si spezzava mai in quanto articolato da pensieri e ricordi e da presenze che costellano di racconti la narrativa popolare dell'epoca.

Possiamo in questa condizione comprendere quale sia stato il significato dell'invenzione del telefono. Soprattutto se teniamo conto della precarietà della vita di allora. Sentire la voce è riconoscere la presenza ovunque di chi amiamo. Il filo del telefono viene identificato col filo dell'amore interrotto il quale si precipita nel buio angosciante della non vita. Pari al lutto era la fine di un rapporto amoroso raccontato con parole strazianti dai romanzieri dell'epoca.

La voce è presenza e l'invenzione del telefono spalanca a suo modo le porte ai primi esperimenti di metafonia avviati all'inizio del Novecento. La voce viene considerata l'unico canale di comunicazione tra il di qua e l'aldilà, con tutte le problematiche e gli imbrogli che ne conseguiranno.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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