L'anima e le mani. Il linguaggio espressivo dell'Adamo di Michelangelo
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L'anima e le mani. Il linguaggio espressivo dell'Adamo di Michelangelo

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Creazione di Adamo di Michelangelo (particolare)
Creazione di Adamo di Michelangelo (particolare)

 

Il timore e la colpa passano attraverso l'espressione delle mani. Le mani accompagnano la luce e le ombre della nostra anima. Mani e anima si somigliano anche nei nomi. Le mani, non sappia la sinistra quello che fa la sinistra, sono bianco e nero, amore e odio. Esprimono il conflitto che nel tronco dovrebbe trovare la sua risoluzione.

Le mani, non sa l'una quello che fa l'altra. E un tacito accordo le supporta, affinché la loro operosità non vada persa.

La gestualità delle mani esprime chi siamo in quel dato momento. Che assume la nostra conoscenza, il bagaglio acquisito fino a quel momento, che possiamo distruggere nella vampata di un attimo.

Siamo alberi e non dovremmo mai dimenticarlo. Il vento che interviene, scuote o cambia, ci agita e le mani come foglie risentono degli urti che ci percorrono. La mano del vampiro che preda, del prete che benedice. Il legno duro delle palme che violentano e schiaffeggiano. E poi, le mani del perdono che dai chiodi furono trafitte.

Le mani esprimono potenzialità e arresto. Come i piedi che guidano lo sviluppo del cervello, le mani esprimono il lato più sottile e profondo della nostra sostanza interiore. Nobiltà o rozzezza. Il fare creativo del Maestro artigiano che plasma le sue opere instillandovi la preziosità della sua anima, nelle mani ha il suo nascere. Il Maestro messo in croce fu portato al compimento, fermato nel procedere dei suoi esempi sulla strada di quelli compiuti attraverso la Parola. Gli spazi vuoti determinati dalla croce indicano le possibilità dell'uomo durante la sua esistenza assicurate da colui a cui verbo e passo sono stati con la violenza fermati. Ecco, il Maestro! Ora che è morto le sue parole correranno nel vento, dando luogo a una nuova discendenza che abita il cielo camminando sulla terra. Dove la croce trova la sua fine, lì un nuovo inizio cammina nel cuore degli uomini e li accompagna oltre, per condurli alla dimora del Padre. Questo è la croce a taglio alto. L'ingresso limitato alla casa del Padre. Altro sono i quadranti inferiori assicurati a tutti gli uomini che ambiscono a realizzare se stessi per questa vita.

Il Maestro lo hanno inchiodato e parla più da moribondo che da Risorto. È il palo del pianto per chi lo rimpiange e nelle sue mani accoglie il suo respiro, come la Veronica che sul suo telo ne impresse il volto.

Poi ci sono le mani affatto sante del lupo mannaro. Dal latino "humanarius", facendo riferimento alla bestia archetipica legata al simbolo della luna piena, che vagamente ricorda le sembianze umane. Il lupo mannaro è colui che vaga sveglio, perché bruto al punto da non conoscere il volo dello spirito nel sogno. Mannaro da Mani che esprimono le grinfie della bestia e sono aride di anima. Mannaro come anche Umano: colui che si esprime con le mani, doni di Dio che lo rendono a Sua immagine e somiglianza, zampe ingentilite che provvedono a creare e a ricreare l'umana e individuale identità.

E poi ancora, le mani di Adamo che nel Giudizio Universale di Michelangelo assaggiano la colpa e cercano di spiegare nel dolore e nel rimprovero verso se stesso. Spiegare cosa? Quello che già covava dentro. Ossia, che l'eternità va meritata e che per distrazione e per colpa dei sentimenti spesso erriamo e perdiamo. Perdere equivale a perdere se stessi, sembra urlare nel suo volto agghiacciante l'Adamo di Michelangelo. Sapeva, perché creatura, del rischio. Ma sbagliare significa intraprendere il percorso da soli nella conoscenza nella vita tortuosa terrena.

Non siamo più della Sapienza che alberga in noi come sapore antico che ci porta il sentore di un altro vissuto a rendere sipiente il nostro vivere. Siamo nella conoscenza in cui nulla continua in salita come un grosso rotolo che si svolge, a meno che non siamo noi a volerlo dal di dentro, scortati da presenze, gli angeli, che ci comprendono in quanto simili a noi, pur di sostanza diversa. È quanto appare nell'opera in questione di Michelangelo. Gli angeli soffrono, si dimenano e si arrabbiano e per Adamo e per la decisione di Dio. Sono gli Amesha Spenta, manifestazioni del Creatore, a metà strada tra Lui e l'uomo. Con le ali tuffate nel cielo e lo sguardo nel cuore dell'uomo, a rimproverare, a compatire, a soffrire per lui. Il tramite del perdono per un artista, Michelangelo, che nel delirio del suo tormento interiore avrebbe voluto donare tanto e tanto di più con l'ingegno e con le mani.

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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