L'Autunno insegna che si può splendere anche dopo la morte. Che la morte è colore e poesia. Lo vediamo dalle foglie cadute al suolo che raggiungono sfumature strabilianti, colori succulenti.
È forse dell'autunno il messaggio che la vera luce è la scintilla dell'anima? Se le lucciole d'estate attirano la nostra attenzione sullo scintillio inebriante dell'aria distraendoci da noi stessi, altro è l'obiettivo della Natura nel tempo d'Autunno. Quanto noi chiamiamo vita non è che un bagliore che nell'istante si dissolve, come una cometa che attraversa gli infiniti spazi dell'ignoto. La dissolvenza non è la vera vita, né la vera vita è l'illusione della luce che alberga fuori di noi. La luce siamo noi quando usciamo dai nostri stati di ombra e allora splendiamo come frutti appesi all'albero vestiti di sé stessi e di colori che non accecano per poi illudere.
Noi siamo la nostra forma e il nostro vestito aderente e trasparente che evidenzia la sostanza interiore lasciata naufragare dentro di noi.
Se volgiamo la nostra attenzione ad affreschi e opere pittoriche del Medioevo e del Rinascimento notiamo che le atmosfere, i paesaggi, le tonalità rappresentate ci riportano al tempo intimo dell'autunno. Se dell'autunno il Medioevo acquisisce l'aspetto funesto e tenebroso di distacco o rigetto finalistico da questo mondo, l'epoca immediatamente successiva ritrova nell'autunno il riposizionamento dell'uomo in se stesso quale fulcro attorno al quale sbrogliare la propria esistenza. Il concetto di responsabilità dell'uomo distrae dalla vecchia concezione religiosa medievale e apre a nuovi obblighi e doveri dell'uomo verso Dio. L'Arte è omaggio a Dio e tramite essa l'uomo deve decantare la magnificenza e la perfezione che sono di Dio in modo infinito e che trovano riflesso nell'irraggiamento del pensiero umano. L'uomo è sapere ed equilibrio e da ciò deve trarre forza e potenza.
L'Autunno decanta lo splendere umano ed è quanto anche Botticelli esprime sotto le spoglie della primavera che splende di una delicata trasparenza in grado di riconciliare l'uomo con sé stesso. Non è sfuggenza ma invito all'introspezione. Le Vergini leggere e leggiadre sono i fari di una visione mitopoietica che si accende dal di dentro e si riveste di colori. È una visione non calata dal cielo ma partorita da chi l'ammira in una compartecipazione collettiva che raggiunge traguardi di perfezione divina.
È la primavera rappresentata da Botticelli, ma potrebbe altresì essere L'Autunno in una di quelle celebrazioni che omaggiano la terra feconda e gravida di doni. La presenza degli alberi di arancio che fanno da cornice, le tonalità piene del porpora e i fiori che sembrano foglie cadute e adagiate sull'erba, ci raccontano una scena che, nonostante la presenza di Zefiro e la danza di vesti trasparenti, ci riporta all'Autunno. È palpabile la differenza tra quest'opera e "La nascita di Venere" che ci travolge con le sue tenui e azzurre tonalità riconcilianti col cielo e con le acque da cui sorge Venere e da cui è sgorgata la vita.