La Divina Commedia. La scelta del volgare e la modestia di Dante
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La Divina Commedia. La scelta del volgare e la modestia di Dante

Invito all'Arte
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Dante e Beatrice tradotti nella sfera di Marte Paradiso
Dante e Beatrice tradotti nella sfera di Marte Paradiso

 

Lo Stilnovismo pregna il Medioevo e pone altresì l'accento sull'invito a rinnovare senza sacrificare nulla delle tradizioni passate. Lo Stilnovismo in Dante assume caratteristiche proprie che universalizzano la sua impronta letteraria trasferendovi il progetto di rinnovamento che tocca in lui diversi ambiti, rendendo il suo patrimonio letterario poliedrico.

Il rinnovamento a cui ambisce Dante già presente nella poesia Vita Nuova, porta lo Stilnovismo ben oltre i riferimenti all'amore cortese. Per Dante il rinnovamento si traduce in recupero che non sacrifica né punisce il passato, ma lo ricrea in una nuova prospettiva. Da qui la necessità che si coniuga all'operazione stilnovistica di accompagnare i contenuti alti da lui proposti con una lingua che sia orizzontalmente comprensibile. Un'operazione questa ardua che si scontra con i limiti oggettivi della levatura imponente dei suoi scritti non di facile accesso, nonostante i ricorrenti ricorsi all'analisi filologica. Ciò vale soprattutto per la Divina Commedia, dove alcuni passi sono ancora di dubbia interpretazione.

Lo Stilnovismo è di invito a penetrare i tessuti della poetica dantesca ma è anche il limite da trascendere insieme alla visione di superiorità che una certa corrente letteraria attribuisce a Dante chiamato da Dio a perlustrare i tre regni. La superbia e l'orgoglio tra le piaghe morali del Medioevo cristiano, sono subito smussati in Dante dal forte senso di responsabilità che lui ravvisa in sé stesso e nella operazione letteraria che conduce come vera e propria missione. Lo spirito missionario che pregna il Medioevo e si esprime ipocritamente nel tentativo di portare alla Chiesa quanti più proseliti possibile, al fine di renderla sempre più potente, trova in Dante una realizzazione letteraria e morale. Il senso di responsabilità che lo accompagna in tutte e tre le cantiche è sottolineata dalla formazione severa da lui portata avanti nello studio dei classici e rappresentata dalla scelta della guida nelle prime due cantiche. Il latino Virgilio lo raccorda alla madrelingua da cui si fa discendere il volgare con le varie sfumature scaturite dai processi osmotici con i particolarismi territoriali. La necessità di una lingua parallela ma meno dotta del latino si pone già con i Poeti Siciliani e si musura con una configurazione unitaria dell'intera nazione ancora latente.

Non si può prescindere dal patrimonio accumulato nei secoli, né tanto meno l'uso della nuova lingua dalla riconoscenza verso il passato e la classicità di cui Dante riconosce il merito. Da qui la scelta di Virgilio e non di Omero troppo distante e non appartenente alla tradizione italica che va a partire da Firenze combattuta in vista di un progetto di unificazione anche territoriale.

Ritornando al tema della responsabilità, questo emerge totalmente dalla struttura dialogica presente nell'Inferno e anche nel Purgatorio. I dialoghi con i vari personaggi che Dante interroga avvengono senza condizionamenti di sorta da parte dell'autore, che non sia la Fede. Si ravvisa in Dante e gli si riconosce a pieno titolo lo sforzo di essere il più oggettivo possibile e quindi di una modernità impensabile all'epoca verso chi si è esposto a gravi reati, meritando la punizione divina. Altresì impensabile l'atteggiamento di clemenza verso chi non ha avuto modo di conoscere la Parola di Cristo e di maturare un sentimento di fede.

Dante si espone in un'epoca di estrema chiusura su certi contenuti. Il senso di responsabilità e ancor più la Fede smussano ogni tentativo di orgogliosa superiorità, ragion per cui Dio lo premia fino in fondo con la visione dei tre regni. Virgilio e Beatrice prevengono le eventuali sue trasgressioni dalla via direttrice della modestia, ridimensionando la figura del sommo poeta.

Le visioni sono guidate da Dio e di questo Dante mette al corrente i suoi lettori. Nulla c'è che egli veda che non sia voluto da Dio, e questo lo fa rientrare nel solco della tradizione medievale. A lui spettano le scelte stilistiche e del linguaggio da adottare nella composizione della Divina Commedia. Scelte non da poco se rapportiamo lo spessore dei contenuti ai limiti oggettivi intrinseci ad ogni tipo di comunicazione verbale e vergata.

 

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Ippolita Sicoli
Author: Ippolita SicoliWebsite: http://lafinestrasullospirito.it
Responsabile del Supplemento di Cultura "La finestra sullo Spirito" del quotidiano online "ilCentroTirreno.it"
Docente della Federiciana Università Popolare, Specializzata in Discipline Esoteriche, Antropologia, Eziologia e Mitologia, ha partecipato in qualità di relatrice a convegni e conferenze. Ha pubblicato le seguenti opere: “Il canto di Yvion - Viaggio oltre il silenzio” prima edizione Wip Edizioni 2003, seconda edizione Ma.Per. Editrice 2014. Il romanzo “Storia di Ilaria e della sua stella” Edizioni Akroamatikos 2008. La raccolta di racconti per ragazzi “Storie di pecore e maghi” Ed. Albatros 2010. Il romanzo “Il solco nella pietra” Editore Mannarino 2012. Il saggio antropologico “Nel ventre della luce” Carratelli Editore 2014.

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