Creare un'immagine che esca dagli argini è una prerogativa dell'arte che matura la sua sfera estetica disgiungendola dal paradigmatico valore simbolico. L'Arte rappresentativa matura in elegante e disinvolta evoluzione nel passaggio dal Medioevo all'Umanesimo.
L'ingresso della prospettiva apre nuove strade immaginifiche che schiudono al carisma di una genialità espressiva individuale. L'ammonimento rivolto da Dio all'uomo si apre attraverso la ricerca estetica illusiva che cerca di ricentrare il rapporto uomo Dio allentato dalla nuova cultura antropocentrista. La soluzione più convincente è quella che vede lo sguardo di Cristo seguire l'uomo. Questa travolgente innovazione è resa possibile dall'uso ormai acquisito del prospettiva che sembra giocare con la luce. L'illusione ribalta il rapporto uomo Verità che sara al centro della cultura seicentesca. Qual è ordunque la Verità? O meglio, dove la troviamo? L'illusione visiva che incontra il suo apice nello sguardo di Cristo che segue l'uomo, eleva costui al rango della verità, sottraendolo alle trame della luce illusoria che travolge e definisce le forme del reale. Questa forma di illusione ben diversa dal Trompe-l'oeil, trova risposta nell'arte Kitsch degli anni Settanta attraverso l'oggettistica religiosa con statuette che riproducono nella loro cavità il volto di Cristo con lo sguardo che segue l'osservatore.
Il Trompe d'olel è figlio della prospettiva che inscena il suo ventaglio di escamotage estetici al fine di ampliare l'orizzonte del finito. Giardini che si aprono nella parete, nudi di muse sognanti che sembrano nobili vestali creano l'illusione di essere in un tempio, facendo incontrare il Sacro col profano ed estendendo il mondo recintato del divino che incrocia la realtà fantastica dell'agiatezza.
Al finito si fa contrapporre la magnetica produttività creativa dell'uomo ormai padrone delle tecniche acquisite e capace di spingere ben oltre la propria genialità espressiva, facendo incontrare l'antico con le nuove conquiste.
Il reale non è il vero e su questo nodo s'intratterrà la cultura settecentesca aristocratica associando il proprio reale o meglio, la propria condizione di agiatezza esclusiva, facendola combaciare con un consolidato e imprescindibile stile di vita.
Nell'arte sacra di fine Cinquecento e inizio Seicento siamo lontani e alla deriva di quanto portato avanti dall'iconografia bizantina. Le iconostasi e tutto il mondo pittorico sacro greco interpretato dai polittici mostrano figure senza profondità perché nella profondità fatta coincidere con i paraventi della iconostasi c'è il mistero di Dio chiuso nella sua segretezza e al quale è ammesso, seppur nelle dovute misure, il celebrante. I polittici ripropongono gli episodi della vita di Cristo più salienti, creando vere impalcature di edifici mancanti, in cui la facciata lascia ridondare nella luce la sacralità percepibile e resa evidente dalle fogge geometriche che rievocano triangoli e curve di guglie appuntite.
Il dietro coincide col dentro contribuendo a rendere carismatica e al tempo stesso conservatrice la fede greco ortodossa.