L'Arte, vibrazioni e leggerezza. INTERVISTA al maestro Giovanni Truncellito
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L'Arte, vibrazioni e leggerezza. INTERVISTA al maestro Giovanni Truncellito

La Leggerezza è una componente dell'anima, il colore delle sensibilità più acute.

Con la leggerezza gli artisti si elevano ed elevano. L’anelito all'incorporeita' contraddistingue le correnti artistiche e filosofiche più antiche che cercavano nell'uomo l'affinità col cielo. Etere e aria nutrono lo spirito e affascinano nella loro impalpabilita', infondendo un mistero che accarezza l'anima dalle radici più profonde dell'umanità e sempre si rende attuale. Nel tempo la leggerezza ha perso il suo riferimento alla purezza dell'aria, acquisendo requisiti di dispersione e vanità. Vibrazioni e leggerezza compaiono come figure astratte e concrete nell'ambito di un tipo di libertà che figura tra coloro che si esprimono nel canto, nella musica e nel ballo. La pittura nella vasta gamma di tonalità con cui si esprime, può dare adito a questo desiderio che alberga nell'animo e traspare dalla tela.

L'artista che incontriamo in questa intervista ci condurrà alla scoperta del linguaggio segreto e al tempo stesso palpabile che accomuna le forme d'arte poc'anzi citate. Giovanni Truncellito, enfant prodige, fa dell'arte la propria scelta esistenziale tramite la quale si eleva dalla quotidianità per conferirle nuovi pregi e nuove sfumature. Pittore, musicista, appassionato di canto lirico e di danza classica, attualmente insegna a part time studio dell'arte e dell'immagine nella scuola media.

Maestro Truncellito, colpisce il tono della sua voce che infonde calore e serenità. Quanta cura le dedica?

“Per me la voce è fondamentale, lavorando a stretto contatto con i ragazzi. Credo che per un insegnante che operi nel mondo dell'arte sia indispensabile catturare l'attenzione per trasmettere al meglio determinati contenuti.”

Lo trovo giustissimo. Professore, lei ha un'interiorità particolarmente ricca e variegata che si esprime attraverso molteplici linguaggi. Quanta affinità c'è con le sue origini?

“Nasco pittore influenzato sicuramente dalla figura di mio padre, un apprezzato pittore che mi ha educato e attraverso cui mi sono lasciato trasportare dall'amore per i colori. Per me lui era una specie di alchimista che creava con i colori miscele incredibili per un bambino. Anche mio padre era un enfant prodige che dalla musica sviluppò la passione per la pittura.”

Suo padre entrò nell'aereonautica e divenne pilota d’aerei, mentre lei ha scelto di diventare insegnante. La visione del futuro vi ha divisi in un certo senso?

“Diciamo che prima che insegnante, mi definisco pittore. Sono come lei stessa ha precisato prima, un insegnante a part time. L'insegnamento per me è un riempitivo e non toglie spazio alle altre mie attività. Certo, porto avanti con passione il mio impegno come docente. Mi piace insegnare e ho insegnato in piu’ scuole di diverso ordine e grado, nella scuola di arte e mestieri di Roma, la città in cui sono nato e in cui vivo, e all'università.”

Si ha l'impressione che lo studio dell'arte qui in Italia sia sottostimato rispetto agli altri Paesi. Qual è la sua opinione a riguardo?

“I ragazzi, se ben stimolati, si rivelano interessati e si appassionano all'arte. Io insegno da vent'anni e di me si ricordano con piacere anche a distanza di tanti anni. Mi gratifica constatare che molti miei ex alunni sono nel tempo diventati musicisti o architetti. Questo vuol dire che ho seminato bene, per lo meno sono riuscito ad attivare il loro interesse al punto da fare dell'arte la loro strada per il futuro. Riguardo al disinteresse dell'Italia verso l'arte, ci sarebbe molto da dire. Se prendiamo in considerazione ad esempio la musica, troviamo che lo studio non è da noi approfondito come negli altri Paesi europei. Altrove s'impara a conoscere lo strumento e a suonarlo già dalla scuola primaria. Da noi purtroppo no.”

Maestro Truncellito, lei è romano, ma si sente molto legato al Sud Italia, vero?

“Mi sento legato tantissimo alla Calabria, al paese Canna, perché mio padre era di lì e la Calabria mi appartiene nell'anima. E mi sento legato a Positano per la sua magia. Questo legame si è ulteriormente consolidato a seguito della mia partecipazione al Premio Positano Léonide Massine per l'Arte della Danza.”

Lei ha un legame viscerale con l'arte, che si palesa anche nei rapporti personali che lei è riuscito a costruire anche solo su un piano ideale, mi riferisco in particolare alla Callas. Vero?

“Io e la Callas non ci siamo mai conosciuti personalmente e per un soffio, ma lei con la sua voce mi ha influenzato per dieci anni. Ho dipinto sotto l'influenza della sua voce e anche della musica. Entrambi mi hanno portato a viaggiare sulla tela attraverso vari soggetti ed espressioni che mi hanno accompagnato fino alla creazione dei ritratti che esprimono il grande soprano. Proprio su questi e’ stata impostata la mostra che ho portato all'Hotel Quirinale, l'albergo accessorio del Teatro dell'Opera che artisti e critici raggiungono tramite un canale segreto. La mostra e’ stata allestita in occasione di un anniversario della morte della Callas.”

Maestro, abbiamo detto che oggi, qui in Italia in particolare, non si da' grande spazio all'arte, di conseguenza cosa si può dire della critica?

“Oggi non esiste una seria critica sull'arte. I critici si esprimono solo a sostegno del mercato delle opere d'arte. La valutazione di un'opera è stabilita dai mercanti. Di conseguenza, la qualità di un autore rispetto a un altro è piegata alla legge di mercato. Apprezziamo dei pittori più di altri perché più spinti dalla critica, anche se non sempre sono migliori. Non voglio con questo dire che non esistono più critici validi. Ci sono, ma rimangono nell'ombra perché indipendenti dalla logica di mercato.”

Credo che molto conti in questo discorso la coscienza individuale. Maestro, lei ha instaurato un rapporto particolare con la Fracci, vero?

“L'amicizia con Carla Fracci si e’ sviluppata collaborando con Alberto Testa, un grande storico e critico della danza. Una persona di altissima statura umana e culturale. Ha lavorato con Zeffirelli, Visconti e altri grandi registi. Un grande uomo, per me un caro amico che mi manca tanto. Pensi che e’ deceduto proprio il giorno che sono partito per andare a consegnargli la silloge completa scritta per lui, che comprendeva documenti e foto sulla sua attività di critico e storico. Mentre ero in viaggio per Positano, mi arriva la telefonata della tragica notizia. Aveva 97anni.

Ritornando alla Fracci, è nella cerchia di contatti che mi legano alla danza, insieme a Beppe Menegatti. Con loro ho vissuto i momenti migliori dell'ascesa di Nureyev.”

Maestro, in lei è forte il sincretismo tra le arti. Quanto era consapevole di essere da bambino un genio della pittura?

“Non ne ero affatto consapevole, non me ne rendevo conto. Tant'e' che dopo anni venni a sapere che la suora che mi seguiva da vicino aveva scritto la sua tesi di laurea su di me e sulle mie opere d'infanzia. Da bambino ero incantato dalla danza e dai ballerini che sembravano volare nell'aria come fossero incorporei, vincendo la forza di gravità che lega al suolo la materia. Il vero ballerino riesce a gestire e a piegare il fisico a posizioni innaturali e questo per me da sempre ha della magia. Così è che nel tempo mi sono trovato a incrociare queste esistenze. Io credo che il Destino ci guidi ad incontrare chi è gia’ presente dentro di noi. Nel mio caso i ballerini.”

A proposito, lei è amico anche di Roberto Bolle, vero?

“Io personalmente lo stimo tantissimo per il talento e l'umiltà. È un ballerino serio che ha fatto della danza la sua ragione di vita. Apprezzo l'operazione che sta portando avanti con la divulgazione della danza ad altissimi livelli, attraverso il programma che conduce su RAI 1. È un'operazione che se condotta bene, è molto efficace perché da' l'opportunita' a tutti di avvicinarsi a una forma d'arte non di facile fruibilità.”

Bolle nella danza, Pavarotti nella lirica. Stessa operazione attraverso espressioni diverse, vero? 

“Esatto. In realtà questo esperimento, se così di può definire, fu avviato negli anni Trenta, quando si portò la lirica o comunque la musica dotta tra la gente umile di campagna e di paese che la recepi’ molto bene. Certo, a proposito di Pavarotti, i puristi della lirica non hanno approvato la sua scelta. Io rispetto la loro posizione ma non la condivido. Io credo che tutti abbiano necessita’ di confrontarsi con la bellezza, andando al di la' di preclusioni e barriere sociali. La capacita’ di saper cogliere e sviluppare l'idea di bellezza è data a tutti, e su questa base dev'essere fornita a tutti l'opportunita’ di approfondirla. Non è detto che una persona di umile provenienza non possa diventare un artista brillante.”

Colpisce la profondità e l'umiltà con cui trasmette contenuti così importanti, di supporto a una visione democratica e antielitaria dell'Arte. Ritiene che possa essere alla portata di ogni artista diffondere l'arte ritenuta per convenzione appannaggio dei cosiddetti privilegiati?

“No, assolutamente. Soltanto i grandi artisti sono chiamati a farlo proprio perché hanno raggiunto livelli inimmaginabili, frutto di una disciplina rigorosa, rendendosi portavoce della forma d‘arte con cui si esprimono.”

Lei, maestro Truncellito, associa la danza al rigore e alla disciplina, vero?

“Credo che ogni forma d'arte li richieda. La danza ancor più per i motivi espressi in una precedente risposta.”

I nomi eccellenti nella danza provengono dalla Russia o comunque da quell'area europea. Come se lo spiega?

“Con il fattore legato al DNA e con quello del rigore. In quella parte d'Europa sono molto seri e da piccoli le scuole li educano a lavorare su se stessi e sul loro corpo. Credo che ogni popolo sviluppi particolari attitudini. Loro da sempre si specializzano nella danza e se non proprio da sempre, sicuramente dal primo Novecento. Noi italiani abbiamo nei secoli educato il campo visivo e l'arte esteriore, e siamo noti per questo. Infatti Caterina di Russia chiamava a corte solo architetti italiani. Ci sono anche stelle della danza italiane, come Bolle e la Comi. A proposito di quest'ultima ricordo che a Positano durante un appuntamento del festival, una giornalista rilevò che danzava come una ballerina di scuola russa per la grazia dei movimenti, e ne rimase colpita.”

A proposito dei danzatori russi, lei è amico di Vladimir Derevianko, vero?

“Sì, è un mio carissimo amico. Con Baryshnikov, Vasiliev e Nureyev fa parte dei quattro ballerini piu’ famosi del Novecento. Con Vladimir condivido anche la passione per i quadri e la pittura. Ci siamo conosciuti alla mia mostra a Positano.”

Per concludere, maestro Truncellito, secondo lei cosa ha contribuito alla decadenza dell'Arte nella nostra società?

“L'Arte poggia su alti ideali. Gia’ il fatto stesso che la critica non tende a premiare la qualità, fa capire che oggi l'Arte versa in uno stato di dolorosa difficoltà.”

L'Arte e la Bellezza non sono disgiunti dall'etica e dai principi basilari su cui s'imposta la dignità della persona. Forse nelle epoche trscorse si è lavorato troppo al fine di salvaguardare l'immagine esteriore. Questo ha fatto sì che il moralismo sostituisse l'educazione ai veri valori. Negli ultimi decenni abbiamo assistito a un tracollo di comportamenti e abitudini sbagliati che hanno leso l'uomo interiormente, facendogli smarrire la via della Bellezza. Ringrazio il maestro Giovanni Truncellito per averci introdotti nel meraviglioso mondo dell'arte e della danza, un universo nell'universo, appassionandoci ai molteplici linguaggi che lo esprimono e che sta a noi preservare e tramandare ai posteri. A lui e alle sue molteplici attività i migliori auguri da parte mia e della Redazione. 

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli