L'INTERVISTA. Il Regista come narratore. Mirko Alivernini e il digitale per la riscoperta dell'Uomo
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L'INTERVISTA. Il Regista come narratore. Mirko Alivernini e il digitale per la riscoperta dell'Uomo

La prospettiva del mondo cambia a seconda del punto di osservazione del mondo.

Ciò che appare filtrato e ordinato d'esteriore quanto d'interiore, noi lo definiamo mondo e non importa quanto l'inquadratura su cui ci soffermiamo sia ampia o ristretta. Anzi, l'ampio a volte può indurre a dispersioni.

In un'epoca caratterizzata da un bisogno di concentrazione e non di dispersione, si avverte la necessità di recuperare una visione dall'interno della realtà, multiforme per come la percepiamo, perché è sempre dall'interno che costruiamo l'esterno. Il Pensiero Ermetico pone in relazione a quanto esiste interiormente la capacità demiurgica del Pensiero che, recuperando Giordano Bruno, è il Creatore della Materia che trasferisce in essa la capacità determinativa insita nel creatore stesso. La Fisica Quantistica ha recuperato questi concetti caricandoli di ulteriori valori utili senz'altro al ridisegno e alla comprensione della realtà complessa di oggigiorno, immersa nel virtuale.

Di questi argomenti e di altro parleremo nell'intervista rivolta al regista e sceneggiatore Mirko Alivernini, sicuramente un punto di riferimento importante nell'attuale cinema italiano d'autore e capace di guardare ben oltre il significato classico della definizione "d'autore". Esperto e critico dell'esegesi cinematografica italiana, nonché nobile cultore dell'espressività artistica ad ampio raggio, Mirko si distingue dai suoi colleghi contemporanei per il forte impulso conferito alla tecnologia digitale.

Regista Alivernini, colpisce di lei la grande sensibilità verso una realtà che si forma intorno ad inestinguibili valori che lei incarna nel suo quotidiano e di cui si fa libero promotore. Lei è la differenza in un ambito, quello dell'arte associata allo spettacolo, in cui tutto sembra eccessivamente volubile e incapace di fondarsi su punti stabili.

“Effettivamente io sono un uomo che crede e coltiva i suoi valori. Per questo riesco a coniugare bene il lavoro con la famiglia che curo tantissimo. La mia vita si divide tra famiglia e lavoro.”

Esattamente. Lei ha la rara abilità di armonizzare gli eccessi contrastanti, non su un piano fittizio o fragile, bensì solido. Pertanto i suoi contenuti sono in grado di arrivare agli altri. Il tema dell'incontro è capace di intessere un'armonia percepita e trasmissibile, è un tema sul quale ci soffermeremo più avanti. Per ora mi concentrerei sull'armonia tra tecnologia digitale e concretezza e fiducia nei valori che lei trasferisce appieno sullo schermo.

“Io sono uno sperimentatore che ha a cuore l'elemento peculiare del cinema che è appunto la sperimentazione. Io opero nell'avanguardia in quanto mi consente non di sostituire i valori radicati nell'uomo con altri privi di senso che snaturerebbero l'uomo, bensì per rafforzare e rendere meglio quelli esistenti. E’ su questi principi che si fonda la mia scelta secondo cui non ho mai collaborato a lavori di altri colleghi, non perché non li ritenessi validi, bensì perché attraverso il Cinema io racconto me stesso.”

Nell'apertura l'ho definito un critico lettore di arte in tutte le sue espressioni. È un esperto del Cinema e non solo, che non disdegna il confronto con gli altri, dal quale trae la spinta a originalizzarsi. Pertanto lei si definisce un pioniere dell'avanguardia. Ha dei contenuti e una missione che esprime nel Cinema attraverso la tecnologia digitale più avanzata. Per cui è come se lei eseguisse l'operazione inversa rispetto a quella diffusa e portata avanti da tutti, che vorrebbe la sofisticazione dell'essere umano attraverso la transizione al virtuale. Per lei la nuova tecnologia è tesa all'uomo e riferita all'uomo. L'artificiale è il mezzo che lei utilizza per recuperare l'uomo. In questo mi ricorda Spielberg.

“La ringrazio per l'associazione a Spielberg che è il pioniere dell'innovazione. Io utilizzo il Cinema per raccontare storie costruite da me e ritengo pertanto che la sperimentazione tecnologica non possa che apportare nuova positività e nuovo humus per il Cinema.”

Ecco, lei riesce a coniugare la tecnologia con la creatività e questo emerge dal suo “Nika, vite da strada”".

“Nika è un film che ha raccolto molti consensi di critica. È interamente girato in 3D e non ha neanche il fonico in diretta.”

È un film che ho avuto modo di trattare sotto il profilo critico, semplice nei mezzi usati e che trasmette un ventaglio di contenuti molto forti, degni di un’accurata riflessione. E’ un film rivelatore o almeno indicatore degli aspetti più reconditi dell'essere umano che lei ha colto e trasmesso dall'interno. E questa è a mio avviso la grande operazione da lei realizzata, aiutata dalla nuova tecnologia. Pertanto si è aperta una nuova finestra sui luoghi che abitano l'uomo, sui suoi paesaggi interiori.

“Io sono un grande osservatore e i luoghi che scelgo e inserisco nei miei lavori non sono solo luoghi. I luoghi e i paesaggi parlano più delle persone. Hanno una luce e una sensibilità.”

I luoghi hanno una forza rivelatrice. Aiutano a tirare fuori da noi la nostra vera ricchezza. L'epifania come esperienza rivelatrice che traspone l'uomo dal piano umano a quello assoluto, è estremamente esaustiva. E’ un’esperienza estetica che induce l'uomo a recuperare la sua dimensione di sacralità interiore. Arte e divino in lei si esprimono anche nella sua voglia di raccontare.

“Certo. La mia voglia di raccontare si esprime nella costruzione di più storie che si collegano le une alle altre. Per cui si coglie un filo conduttore all'interno delle stesse.”

È come se le storie costruissero un treno e ogni storia costituisse un singolo vagone. Lei si avvale della presenza di grandi attori nei cast, con i quali stringe rapporti anche profondi, come con l'attore Luigi Converso.

“Luigi Converso è un uomo con un forte potenziale umano, senza una lunga carriera alle spalle ma con una luce che mi ha colpito e ispirato la frase: “Solo Dio può perdonare l'uomo per le cose che l'uomo fa all'altro uomo.”

Regista Alivernini, lei non da' grande importanza alla formazione attoriale di chi si presenta da lei.

“Esatto. I miei studi a Cinecittà vedono un continuo viavai di attori che si presentano con i requisiti e la preparazione necessari, chiedendo di recitare nei miei film. Ma io spesso, nonostante siano idonei, non li inserisco, perché vado alla ricerca di quel qualcosa che li renda unici e ineguagliabili.”

Nel film “La notte dei clan” troveremo anche Giulio Dicorato e Andrea Sasso, anche loro, non solo a suo dire, due attori contraddistinti da una forte personalità. E’ un film che sta facendo parlare molto di sé già a proposito della preparazione in un momento in cui tra epidemia e restrizioni sembra alquanto difficile montare un set.

“Noi abbiamo lavorato nei miei studi a Cinecittà e tutti, tra operatori e attori, sono stati muniti di guanti, mascherine... di tutto l'armamentario necessario per questa epidemia. Gli ambienti sono stati costantemente sanificati al punto da azzerare eventuali rischi di contagio.”

Regista Alivernini, questo film in apparenza sembra raccordarsi ai soliti cliché del cinema italiano che vede in primo piano la malavita organizzata. In realtà, la storia si discosta dal già detto e affaccia su nuovi orizzonti.

“È un film particolare in tutto, a incominciare dalla durata che è solo di 20 minuti. Lo ritengo un mix di “Quei bravi ragazzi" di Scorsese e “Pulp fiction" di Tarantino. Lo vedo come il pioniere di una serie che lo riprenderà e lo amplierà nelle sue caratteristiche peculiari. E’ un film che narra della notte di tre capoclan, ciascuno di una provenienze diversa: un Romano, un Messicano e un Russo che si trovano a girare per Roma di notte, con un obiettivo.”

Un obiettivo che non riveliamo. La notte è del 1976 e la Roma notturna illuminata fa da contraltare alla violenza. Come nel precedente “Nika" interpretato da un'eccellente Noemi Esposito, la violenza è controbilanciata da qualcosa di molto forte che riconduce a quel discorso di armonia che è nella sua poetica. In questo caso, la bellezza di Roma di notte, riporta ai messaggi contenuti nella narrativa di Banana Yoshimoto degli anni Novanta. La bellezza va rintracciata laddove non compare, perché ognuno e ogni luogo brillano di una propria singolare luce. In quest'epoca fortemente condizionata dalla Globalizzazione, andare a individuare le peculiarità che rappresentano l'identità dei luoghi è fortemente reazionario. Le citta', le metropoli tutte si somigliano, eppure tutte raccontano e splendono di se stesse. Nel suo caso Roma.

“Roma è splendida di notte. È come se respirasse un'altra vita nella sua stessa identità. Il viaggio in macchina dei tre capoclan è davvero bello ed effettivamente riporta al cinema anni Novanta caratterizzato da una forte presenza di luci e di effetti speciali come il fumo che fuoriesce dai tombini.”

Ci sono svariati canali di lettura e analisi della realtà. Varie tecniche con cui raccontare il mondo che si sente proprio. Oggi non si legge più soltanto attraverso i libri. Il libro è anche immagine in tutte le sue sfaccettature e il regista e’ un narratore convinto di questo compito. Sicuramente il regista Alivernini lo è più di tanti altri. Forse anche per la semplicità che gli permette di leggere e narrare le cose dal loro interno, facendole agire da un angolo in disparte. Ringraziandolo di averci raccontato il suo mondo attraverso il suo Cinema, porgo a lui e alla sua attività i migliori auguri anche da parte della Redazione.

  

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli