L'INTERVISTA. L'essenza e l'essenziale. La poetica del buio nelle composizioni del musicista Paolo Fattorini
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L'INTERVISTA. L'essenza e l'essenziale. La poetica del buio nelle composizioni del musicista Paolo Fattorini

L'INTERVISTA. L'essenza e l'essenziale. La poetica del buio nelle composizioni del musicista Paolo Fattorini

Tutto è magia e la Magia è in tutte le cose. Il termine “tutto” già trasporta verso un ambito d'inclusione che è proprio della regione del cuore.

Dell'infinitamente grande e dell'infinitamente piccolo poco sappiamo in quanto armati della funzione logico indagatrice che porta ad analizzare in porzioni ciò che ci è dato conoscere.

Quando si parla di infinito nel piccolo e nel grande la nostra capacità di comprendere ci conduce all'antetempore governato dal buio e nel regno del dopo col quale non ci è dato rapportarci e che noi identifichiamo col Buio.

Il Buio è il Mistero che per le persone animate di sensibità percettiva e costruttiva si traduce in luce e quindi in Arte. Nel caso specifico di questa intervista, nella musica che intercetta e coltiva determinate esigenze dell'anima.

Paolo Fattorini, musicista romano, ha canalizzato l'impronta dark anni Ottanta per dare vita a un'espressività dal taglio e dall'impostazione assolutamente originali.

Paolo, la sua è una musica che va vista oltre che ascoltata. È perlustrativa e in quanto tale, particolarmente seguita da un pubblico di nicchia.

“Diciamo che per impostazione a me piace comporre non per una fetta di pubblico ma per chiunque. Io ricerco la comunicazione con la musica e in tale prospettiva nelle parti cantate utilizzo il latino, una lingua che mi torna più familiare dell'inglese e, per quanto difficile e misteriosa possa apparire, molto apprezzata e conosciuta all'estero.”

Il buio costituisce la valle delle origini e dell'interiorità. È questo l'elemento che l'ha portato quando era giovane a sentirsi in empatia col genere dark?

“Io attualmente ho 43 anni e già all'età di 15 mi esibivo al pubblico con la mia band. Il dark e il new wave sono stati i miei punti di partenza che si sono evoluti nel tempo abbracciando il cantautorato anche se su un piano embrionale.”

La ricerca per lei ha anche un carattere retrospettivo in quanto mirata a raggiungere e baciare il punto di origine. È ciò che muove la sua musica.

“Sicuramente. Io sono sempre stato attratto dal buio da due pulsioni contrastanti. Da bambino, da un lato ne avevo paura, dall'altro invece lo cercavo perché mi portava a concentrarmi. Da qui ho sviluppato un forte senso di conoscenza dell'essere umano, al punto da entrare negli stati d'animo delle persone. Quand'ero piccolo, mia madre pensava fossi un bambino fantasioso. Nel tempo invece, io ho capito di avere una particolare sensibilità che rende vitale per me la comunicazione attraverso la musica.”

Lei, Paolo, si considera esuberante. In che senso?

“L'esuberanza mi ha portato ad accogliere la sfida lanciata al buio. A 25 anni ho imparato o meglio, sono riuscito a dare un nome alle cose che si muovono nel mio buio.”

Il nome è l'intro al carattere magico delle cose. Il nome è la parola che svela l'identità e ha pertanto carattere sacro. La sacralità è riposta nella visione magica del reale. Ciò ha in qualche modo a che fare con la sua scelta di cantare in latino?

“Sono tanti i motivi che mi hanno spinto a fare questa scelta per molti versi azzardata. Innanzitutto c'e' il senso di appartenenza. Il latino è la lingua delle nostre radici e il progetto che contraddistingue la mia musica è improntato sulla ricerca delle origini emotive. Il latino è sacro, considerato in tale ottica. Veicola sensazioni di antico attraverso il suono delle parole, ciò che non fa ad esempio l'inglese, una lingua universale e pertanto a mio avviso anonima.”

Il latino è una lingua bivalente. Ci parla della nostra maestosità antica. In più ha una valenza alchemica a doppio taglio. È la lingua del Canto Gregoriano, così come del giudizio irreversibile espresso dal tribunale dell'Inquisizione. È macchiata del sangue di Cristo e dei primi martiri e al contempo è lingua di salvezza nelle orazioni del monachesimo e della Chiesa primitiva. In esso oggi prevale la dimensione catartica attraverso cui dal nero si risorge luce e questa caratteristica nella sua musica, Paolo, si trasforma in capacità redentrice che assolve l'uomo dalla sua superficialità. La sua musica ha un'impronta esoterica molto forte.

“Inizialmente il progetto che porto avanti attraverso la musica era incentrato sull'approfondimento dei processi che regolano la produzione di DMT, una sostanza emessa dall'uomo durante i rituali sciamanici. Avevo non a caso in merito l'intenzione di coinvolgere nel progetto lo studioso Graham Hancock, però nel tempo mi sono reso conto di quanto questo discorso fosse in realtà ambizioso, per cui mi sono soffermato sull'origine e sul suo significato ancestrale in relazione alla donna e alla Madre, per poi sviluppare e approfondire le dinamiche delle relazioni all'interno della famiglia.”

Molto affascinante come scelta, anche per l'abbinamento, per nulla adattamento, della musica ai significati che lei vuole porgere. Sicuramente a seguirla è un pubblico di nicchia.

“Come ho già detto prima, non per mia volontà. Certo, le sonorità che utilizzo non intercettano i gusti di chi ama il genere commerciale. Allo stesso tempo incuriosiscono anche chi è avvezzo a generi più masticabili.”

I suoi brani sono presenti su Spotify e stanno riscuotendo grandi consensi di pubblico specie all'estero.

“Infatti. Sono molto apprezzati in America, in Germania, nell'Europa dell'Est e nei Paesi Scandinavi.”

Una gradita sorpresa per lei?

“In un certo senso... merito anche del latino. Se avessi utilizzato l'inglese, probabilmente i risultati sarebbero diversi. Nei Paesi Scandinavi sono molto interessati al discorso delle origini e il latino, a parte che in tanti lo studiano, per loro ricalca la necessità di ricondursi ai primordi. Sono molto attenti al discorso dell'identità.”

Oggi invece da noi si tende a remare contro questo principio perché considerato in rotta di collisione con la politica del cambiamento. Mi ha colpito quanto lei ha detto. “Col latino ho bypassato il problema della lingua".

“Esattamente. Mi sono avvicinato concretamente all'obiettivo di internazionalizzazione della mia musica.”

Il suo progetto è portato avanti esclusivamente da lei che ama esprimersi attraverso i concerti.

“Sì, amo le esibizioni live. Suono e canto.”

I suoi strumenti preferiti?

“La chitarra e il basso che mi permette di produrre suoni cupi che ben si addicono al mio progetto.”

La musica oggi è ambiente e atmosfera. C'è nell'avanguardia contemporanea un ritorno alla riproposizione di suoni puliti, una riconquista di quella povertà poi contaminata dal sound teatrale anni Novanta che porto’ ad esempio alla ribalta gli Enigma. La cura dell'essenziale in Paolo Fattorini esprime la sua volontà ben centrata che si manifesta attraverso la traslazione in musica dei suoi personali propositi. La genialità barocca è di chi spesso si perde e smarrisce nella vita tumultuosa. L'essenziale è di chi si ritrova o si mette in viaggio con l'unico bagaglio che è la propria interiorità.

C'è una corrispondenza di effetti e di intenti tra la musica di Paolo e le prime produzioni dei Fields of the Nephilim nelle quali pero' il forte ascendente del rituale negromantico compare incisivamente. Il sound di Paolo rilascia pace nella sua intenzione di essere liberatorio e libero dagli schemi, come una struttura romanica in cui è forte l'elevazione dello spirito attraverso la nudità della pietra.

Ringrazio il musicista Paolo Fattorini per averci scelti per raccontarsi e raccontare la sua musica. A lui e ai suoi progetti i migliori auguri da parte mia e della Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli