L'INTERVISTA. Giovanni Caso. Napoli, la scena, la vita
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L'INTERVISTA. Giovanni Caso. Napoli, la scena, la vita

Napoli non è  una città  come le altre. Essere napoletani significa avere Napoli nel sangue.

La passione, le emozioni  vivide che questa città trasmette  piantano radici forti  e profonde nella sua gente. Napoli, città  dei contrasti e delle armonie affascinanti, dove  l'estate è  vita e l'inverno  ha la sua fierezza, trova nell'arte non un semplice canale di sfogo, ma quell'espressivita' che le è  propria  e la rende famosa nel mondo. Il vero Napoletano non avrebbe neanche bisogno di una scuola di recitazione, perché  lui è  per natura votato alla scena e all'arte di raccontare.

L'intervista di oggi ha come protagonista un attore  che più di  tanti altri si fa interprete del valore  della napoletanità. Giovanni Caso che un po' tutti conosciamo per il  ruolo del dott. Sarti in “Un Posto al Sole”, è  molto più  di un attore da soap opera.

Giovanni, in qualche foto lei compare con la chitarra. Si sente più musicista o attore?

“Senza alcuna ombra di dubbio attore. Ero un bambino quando ho  incominciato a strimpellare  ma poi, il richiamo del teatro e’ stato più  forte e ho accantonato  lo studio della chitarra. Negli ultimi tempi, a distanza di anni, mi sono ritrovato  a suonicchiarla durante le serate tra amici, o  ad accompagnare  altri con lo strumento,  ma per gioco.”

Che cosa rappresenta  per lei l'arte?

“Per me l'arte racchiude il bello della vita in tutti i suoi aspetti e l'artista è  colui che questa presenza  del bello riesce a trasmetterla e comunicarla agli altri tramite gli strumenti e i mezzi espressivi  che gli sono più  consoni. Il teatro per me è il bello in assoluto, perché  mai riuscirei a distinguere la bellezza dalla verità, e sul palcoscenico  non puoi non essere vero."

Molto profonda e sentita l'ultima considerazione. A questo punto gli chiedo “ C'è un ricordo, un'esperienza dell'infanzia che l’ha convinto a intraprendere  la strada della recitazione?

“Certo", mi risponde quasi commosso. E prosegue : “Il ricordo è legato alla figura di mio padre. È  merito suo se mi ritrovo oggi a calcare le scene. In un certo senso sono figlio d'arte. Mio padre durante l'ultima guerra faceva  l’attore di varietà. Noi siamo di Torre Annunziata,  da sempre un quartiere difficile che ultimamente  sembra essersi calmato. Durante la mia infanzia si viveva a contatto con la strada e da ciò ho appreso cosa fosse il teatro. Ricordo che un giorno  mio padre prese me e altri quaranta ragazzini  e ci sistemo’ sul palco della parrocchia. L'immediatezza e la spontaneità di allora le porto dentro ancora oggi.”

Mi arriva la forza di questa esperienza  che credo  raggiunga anche coloro che l'ascoltano e seguono nei suoi spettacoli, Giovanni. Al di là  delle vibrazioni  che riceviamo e trasmettiamo, secondo lei è  difficile  comunicare oggi?

“Sicuramente, vista la forte ingerenza della  tecnologia in tutti i campi. Per questo  amo il teatro, per la capacità  di  trasmettere quell'umanita' che altrove è perduta.”

Giovanni, lei è anche attore di cinema e il cinema italiano è  spesso sotto le lenti della critica, cosa c'è  che in esso non quadra?

“Il cinema italiano è  da tanto che è  in declino, probabilmente  perché  i grandi  attori di una volta non esistono  più. Molti giovani si affacciano  al cinema e sembrano promettere bene, ma non tutti sono animati da serie intenzioni.”

Purtroppo  è  vero. Molti tentano la carriera dell'attore per il puro desiderio di apparire, rispecchiando  quelle che sono le tendenze di oggi: scarsa attenzione verso la sostanza e totale disponibilità verso l'apparenza. Ritornando a parlare di cinema, non ritiene forse che qui in Italia il pubblico  si aspetti altro dal solito cliché realistico?

“Certe volte sì. Dipende da come viene reso il realismo. Io mi sono formato sul genere neorealistico e per me il teatro parte da li’.  Qui a Napoli ti formi col teatro di De Filippo, Scarpetta e gli altri.”

Giovanni, se le venisse proposto  un ruolo di regista, che tipo di messaggio invierebbe con i suoi film?

“Sinceramente io nasco attore e preferisco proseguire per questa strada. Il ruolo di regista lo vivrei solo in teatro. Io sono essenzialmente una persona semplice e sicuramente indirizzerei i miei lavori verso l'importanza e la riscoperta  della semplicità, da buon napoletano.”

In base alla sua esperienza  di contatto col pubblico,  il giovane di oggi come concepisce il teatro?

“Io sono di una città  che il teatro lo vive ogni giorno, nella quotidianità. Pertanto  vedo qui un forte interesse  nei giovani verso il teatro, interesse e attenzione per i classici  napoletani e non solo.”

L'interesse diffuso per il teatro lo lega al bisogno di comunicare?

“Purtroppo non sempre. Per un buon cinquanta per cento sì, il resto è  solo scena.”

Secondo lei, e concludiamo, cosa l'attore dovrebbe evitare di essere, per realizzarsi appieno?

“Bella domanda... io credo che dovrebbe sciogliere  i nodi interiori e riportare alla luce la semplicità. Più sei semplice e più  riesci a calarti nel ruolo che interpreti. Semplicità non vuol dire solo elementarita’, ma anche e soprattutto scoprirsi buono dentro. La cattiveria  non produce nulla di positivo anche sulla scena.”

Vorrei che questo  messaggio arrivasse al cuore di tanti giovani incapaci di vivere con spontaneità  e naturalezza la loro vita. C'è  tanto bisogno oggi,  di scoprirsi veri e di denudarsi di tutti gli attributi legati alla presunzione, che non ci fanno vivere bene e non fanno stare bene anche gli altri.

Saluto l'attore Giovanni Caso e lo ringrazio per aver sottolineato, parlandoci del suo lavoro, l'importanza da dare ai valori che ci identificano e sono il bene più  prezioso che ogni individuo possa ritrovarsi. Da parte mia e dell'intera Redazione sinceri auguri per la sua carriera  e per un proficuo avvenire.

 

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