Il suono nelle realta’ tangibili. INTERVISTA al compositore Massimo Filippini (VIDEO)
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.

Il suono nelle realta’ tangibili. INTERVISTA al compositore Massimo Filippini (VIDEO)

Fra tutte le arti, la musica è  la più  rarefatta e in quanto tale insegue il tempo.


VIDEO: Brano composto ed eseguito dal Maestro Massimo Filippini in esclusiva per 'ilCentroTirreno.it'


La musica segue il tempo del cuore e  il ritmo di ogni cosa imprimendosi nella microstoria e nel cammino di un popolo. In questo la musica si traduce in Storia planando dall'Alto o sorgendo.dal basso nella sua impalpabiliita'. Ha umori e colori la musica, la forma dell'acqua che offre un grembo al cielo che in essa mormora, a volte ci libera accompagnandoci in altri dove. In questo la musica diviene spazio impensabile e permette in un'operazione di transitiva reversibilità  allo spazio di farsi musica, colmando il vuoto e svuotando il pieno di ogni pesantezza. La musica diviene pertanto quel nastro sul quale scorrono azioni e passioni, pulsioni e desideri in un arcano mistero che ritorna nel suo ciclico trasformarsi. Siamo abituati alla musica, eppure la dimentichiamo. Dimentichiamo il suo respiro sommesso che è  timbro e conduce il nostro passo. Pensiamo alla musica come a un inanellamento di note, ignorando l'essenza del suono puro e gli ambienti che esso riesce a plasmare o a ricreare, configurando il vero nel tangibile. Perché  sì, se la musica rimanda al cielo e alle sue sfere, il suono è  parte di questo mondo e ci trasmette l'effetto scaturito dal nostro esserci nel presente. Di musica e di suono in questa intervista parleremo e delle loro sconosciute possibilità illuminati dalle informazioni di Massimo Filippini. Diplomatosi al Conservatorio, compositore prima, fonico di mix e poi, supervisore audio, c’introdurra' nel mondo misterioso quanto affascinante della musica coniugata all’mmagine, dei suoni e  dei rumori che scorrono con la pellicola.

Massimo, lei già prima di concludere il suo percorso di studi, ha lavorato  alle colonne sonore dei documentari Luce per dieci anni. Cosa le ha lasciato questa esperienza?

"Senz’altro mi ha lasciato un bagaglio professionale prezioso che mi ha arricchito a livello umano e di sensibilità nello scrivere musica per immagini. All’epoca, non ancora 30enne, mi dividevo tra lo studio in Conservatorio e la composizione per i documentari storici dell’Istituto Luce a Cinecittà. Ho dovuto sgomitare parecchio con i compositori ben più blasonati e d’esperienza che popolavano quell’ambiente. Inizialmente infatti, mi venivano assegnati solo titoli minori, poi, piano piano, mi sono creato un mio spazio vitale. Nella vita, si sa che l’esperienza è tutto o quasi e questa è stata la mia gavetta formativa, grazie alla quale ho potuto confrontarmi con registi diversi, sviluppare un certo istinto nella scelta delle sonorità giuste e affinare il mestiere della composizione musicale fino ad allora solo praticata in ambiente accademico."

Complimenti. Attualmente lei lavora solo al suono dei film. La composizione dell'ultima colonna sonora e’ del 2018, vero?

"'Solo' suona troppo riduttivo. La realtà è che l’impegno a livello professionale come sound designer e fonico di mix è totale, richiede un’attenzione ed una cura minuziosa del sonoro, nessun aspetto deve essere trascurato, pena una lavorazione approssimativa o non all’altezza delle aspettative. La mia ultima colonna sonora è edita da Alabianca ed è disponibile su internet,  risale a gennaio 2018. Si trattava di un film horror/thriller dal titolo “The Music Box” che ha avuto un discreto successo internazionale, soprattutto nei Paesi asiatici. Negli ultimi anni il mio impegno si è spostato gradualmente sempre più verso la post produzione audio, cominciando a collaborare in qualità di sound designer e fonico di mix con importanti studi e società di produzione tra cui Fonoroma, Marinelli, Mad Entertainment, Cattleya, Pyramid Factory, completando ad oggi più di 50 lungometraggi indipendenti. Naturalmente mi dedico ancora alla composizione musicale ma solo su quei progetti che ritengo degni di interesse e che vengono incontro ai miei gusti personali. Questa libertà mi permette oggi di esprimermi al meglio su progetti per me ideali, senza dover per forza accettare incarichi per necessità  lavorative, con la consapevolezza di riuscire al meglio."

Nel 2015 lei ha ricevuto un prestigioso premio a New York. Di che si tratta?

"Esatto, in quell’anno ho ricevuto un riconoscimento come Miglior Suono per il lungometraggio “The Perfect Husband” al Macabre Fair Film Festival di New York, un festival dedicato al cinema di genere horror/thriller. In questo tipo di film il sonoro gioca un ruolo fondamentale, motivo per cui l’ambito riconoscimento è stato particolarmente apprezzato. Questo, insieme alla prima collaborazione con Antonio Capuano (emerito regista partenopeo autore tra l'altro di Pianese Nunzio, La guerra di Mario, Vito e gli altri), mi hanno aperto molte porte fino a quel momento precluse. Da allora infatti il nome ha cominciato a girare nell’ambiente e ho avuto modo di lavorare ed essere apprezzato da registi importanti come appunto Antonio Capuano, ma anche da Antonello Grimaldi, Sergio Rubini, Giorgio Serafini, Aureliano Amadei, Jerry Calà, così come da giovani talentuosi come Sergio Basso, Paolo Gaudio, Enrico Iannaccone."

Quale documentario tra quelli ai quali ha lavorato dell'istituto  Luce le e’ rimasto particolarmente  impresso?

"Ho un bellissimo ricordo del “Milite Ignoto”, non solo perché fu il primo in assoluto realizzato con l’Istituto Luce, ma perché ne venni coinvolto emotivamente, suscitando in me un trasporto tale che quasi la musica fluiva via dalle immagini, ed io quasi come fossi un’antenna lì, ero pronto a recepirla e a metterla in partitura."

I documentari Luce ci riportano a periodi ormai estinti. Si è  mai sentito coinvolto da essi al punto da riconoscersi in quel racconto?

"Entrare in empatia con le immagini, i racconti o i personaggi di un documentario è impresa assai ardua ma è quella via auspicabile per una buona riuscita della colonna sonora. Il coinvolgimento è sempre totale, la musica è un ponte che unisce tempo e spazio."

Qual è il rapporto tra musica ed immagine? Sono le immagini a richiamare le note?

"Se si ha una particolare propensione a recepire un messaggio,  allora siamo in grado di interpretarlo e di amplificarlo. Spesso ho avuto l’impressione che la musica si trovasse già lì pronta per essere svelata, le immagini quasi ne reclamavano la sua manifestazione. Ma ci sono vari modi di interpretare un’immagine, la stessa può essere assecondata con un parallelismo dinamico che enfatizza quello che già è intrinseco nella visione, oppure la contrasta totalmente suscitando nello spettatore curiosità e a volte scalpore, rendendolo attivo nei confronti della scena. Sta alla sensibilità e all’esperienza del musicista ponderare opportunamente le varie soluzioni."

La musica dei film ha un genere a cui s'ispira?

"La maggior parte delle colonne sonore può essere inscritta in un genere che spazia tra il Tardo-romanticismo e l’Impressionismo. Grandi organici orchestrali, utilizzo di tutta la tavolozza armonica e timbrica degli strumenti, registri estremi ma armonie rassicuranti nella loro tonalità, seppur a volte ambigua. Certo, oggi le contaminazioni sono le più disparate, le musiche per film possono subire le influenze di altri generi quali jazz, rock, ambient, elettronica, tutti efficaci e fruibili. Nel genere di suspence e thriller ci si spinge fino ad un cromatismo dodecafonico ed atonale di Primo Novecento."

La colonna sonora si crea con suoni campionati o con l'utilizzo di strumenti veri?

"Molto spesso è il budget a comandare, al di là di scelte squisitamente artistiche. Oggi come oggi capita sempre più spesso di vedere produzioni importanti che riservano sempre meno budget alla voce “colonna sonora”.  Fortunatamente la tecnologia ci viene incontro offrendoci l’opportunità di ricreare sonorità orchestrali, anche con ottimi risultati. Ovviamente con un’orchestra vera la differenza sta nel valore aggiunto dato dal singolo orchestrale e dal corpus orchestrale nella sua interezza, con gli strumenti che risuonano come un unico corpo, stimolando risonanze interne e completandosi a vicenda. Ad ogni modo, anche con le sempre più frequenti ristrettezze economiche, personalmente cerco sempre di portare in studio qualche orchestrale e registrare le parti, eventualmente poi integrandole in una tessitura più ampia di campioni audio. Questo mi consente comunque di mantenere un grado di forte realismo sul sound, soprattutto per quelle sezioni come gli archi, dove il lavoro sulla corda è molto personale nonché tangibile."

Massimo, lei è  una persona estremamente  sensibile. Come vive il rapporto musica immagine?

"Amo le pulsioni primarie. Fin da quando leggo la sceneggiatura vengo pervaso da un flusso musicale che mi attraversa e mi porta a prendere appunti e idee. Poi, piano piano, queste idee primarie prendono forma, le plasmo, cerco di affinarle con il mestiere, come un artigiano crea un’opera partendo dal materiale grezzo."

C'è della magia in quello che fa. Se le proponessero di comporre la musica per un documentario sul mistero o sulla parapsicologia, accetterebbe?

"Assolutamente si! Sarebbe la sublimazione della musica stessa, eterea e misteriosa."

Lei è  specializzato nella musica e negli effetti sonori dei film thriller e horror. La sua normalità risente dell'influenza di questa scelta?

"Non credo sia stata una scelta consapevole, eppure sembrerebbe che il genere favorisca la mia naturale inclinazione compositiva."

Una volta chiusa la porta del suo studio, si lascia scivolare il lavoro di dosso o avverte la permanenza  di qualcosa che l'arricchisce ulteriormente?

"Prima che considerarlo un semplice lavoro, per me come per tanti miei colleghi questa è una passione, e come tale la ritengo necessaria per una crescita interiore ed un arricchimento personale. Va da sé che anche con la porta dello studio chiuso, la testa è sempre lì."

C'è un volto, un dettaglio che le è rimasto dentro?

"Quello di Hope, il personaggio interpretato da Aylin Prandi, bravissima attrice francese del film “Almost Dead”, al cinema proprio in queste settimane in Italia. Essendo una piccola produzione indipendente, ho avuto modo di scrivere sia le musiche (edite da Alabianca e disponibili su tutte le piattaforme digitali) sia di creare il sound design, curando di fatto ogni aspetto del sonoro del film. Ho accompagnato con la mia musica la sua disperazione nell’evolversi della storia del film fino al tragico epilogo. Per empatia è come se avessi patito insieme a lei tali sofferenze."

La musica è  una  realtà impalpabile ma intensa, che influenza la nostra sostanza  interiore e la  particolarizza. Fra tutte le musiche da lei composte c'è un  filo che le unisce e che riconduce alla sua anima?

"Scrivere musica è un po’ come mettere a nudo la propria anima. Ogni composizione è un tassello della nostra sostanza interiore che muta ed evolve nel tempo ma che trova sempre dimora nei meandri della nostra psiche."

Si avverte la sua impronta in tutte le sue composizioni?

"E’ inevitabile che la propria impronta si affini e diventi identificabile di uno stile, questo avviene mano a mano che si matura come artista. Nella mia carriera ho avuto la possibilità di spaziare in molti generi cinematografici, a volte anche distanti tra loro (da musiche per una serie Rai per bambini dal titolo “Tracy e Polpetta” ad una di animazione che si chiama “Looney Foodz”, per  poi passare a documentari aziendali o film di azione), eppure sì, l’imprinting e la sensibilità personale sono  quasi sempre riconoscibili."

Ha mai prodotto un disco indipendente?

"Quando ero appena 20enne ho prodotto un album rock-progressive. La band si chiamava Hydra, io ne avevo composto i brani per poi suonarli alle tastiere e alla chitarra. Tutti i componenti di quella band hanno oggi una carriera musicale di rilievo, segno questo che eravamo proiettati con convinzione nel campo; purtroppo, malgrado qualche interessamento di varie etichette discografiche (tra cui la Lucretia records di Milano), la band non ebbe un seguito, ma fu da lì che nacque in me la passione per la composizione che mi portò a breve ad iscrivermi al Conservatorio  Santa Cecilia di Roma. Le mie opere da allora però hanno avuto come finalità sempre quella cinematografica. Ho all’attivo diverse pubblicazioni in tal senso, sono colonne sonore edite e prodotte da Warner Chappell (vedi i documentari storici Istituto Luce) o da Alabianca. Non lo escludo però, in un’altra fase della mia vita. Del resto,  molte idee scritte sono rimaste ad uno stadio embrionale, chissà che in futuro non decida di svilupparle e farne un disco indipendente."

La musica anticipa la nostra percezione delle cose, ma la Fisica ci dice che è la luce a precedere il suono. Avverte grazie alla musica,  un affinamento delle sue capacità  interiori?

"La stessa fisica ci dice anche che l’orecchio è uno strumento assai più sviluppato di quello che si crede. I meccanismi percettivi dell'udito sono piuttosto sorprendenti, in grado di dire la differenza quando il suono in ingresso alle due orecchie viene spostato di soli 10 millisecondi e in grado di ascoltare oltre 10 ottave della gamma di frequenza (la luce visibile copre una gamma di meno di un'ottava) e su un'enorme gamma dinamica, diciamo un intervallo da 10 milioni a uno in pressione. Lo sapeva che bastano appena 7 fotogrammi al secondo per ingannare l’occhio e fargli percepire un movimento da una serie di immagini fisse? Sono la bellezza di 142 millisecondi!
Per tornare alla domanda, le dico che proprio per la sua intangibilità, la musica si rivolge all’eterea essenza dell’anima. E' un ponte per il divino o soprannaturale che dir si voglia. In tal senso è un arricchimento costante che nutre la nostra essenza."

Lei adesso lavora in campo cinematografico solo sui suoni. È  un lavoro il suo che si svolge in contemporanea con l'organizzazione del film?

"Spesso sono responsabile di tutta la fase della post produzione audio cinematografica, è un lavoro complesso che richiede settimane di lavoro. Mi avvalgo spesso di collaboratori, anche perché la mole di lavoro può essere enorme, ma l’attenzione va mantenuta sempre alta e la cura nel dettaglio è quella cosa che fa la differenza tra un prodotto mediocre ed uno invece molto apprezzato. Gli studi al Conservatorio mi hanno aiutato a sviluppare un ascolto attento e attivo, questo è il motivo per cui sono molto apprezzato sia come compositore di colonne sonore che come fonico di mix piuttosto che sound designer."

Chi e’ il soun designer?

"Il sound designer è una figura relativamente recente nel cinema. Il primo ad essere accreditato come tale fu Walter Murch nel film di Francis Ford Coppola del 1979, Apocalipse Now. In poche parole è colui che si occupa di progettare e realizzare il suono di un film, supervisionando o intervenendo direttamente nelle varie fasi che la post produzione audio richiede; molto spesso è anche colui preposto a missare il prodotto finale con il mix cinematografico."

La musica ci catapulta in un mondo tutto suo, dimostrandoci che noi siamo parte di lei. Oggi come oggi la musica è arredo di suoni che non implica necessariamente la presenza di una melodia. La melodia allora, andrebbe rintracciata dentro di noi attraverso l'evocazione, uno spirito che volteggia snodandosi per la scala di emozioni  insieme alle esperienze precorse. Cosi’ da lasciarci sospesi nella patria oltre il tempo.

Visita il sito del compositore Massimo Filippini: https://www.massimofilippini.it/

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli
Ti potrebbero interessare anche:
home-2-ads-fsp-cca-001