L'INTERVISTA. Filippo Saccucci, dal pianoforte ai nuovi orizzonti della musica
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L'INTERVISTA. Filippo Saccucci, dal pianoforte ai nuovi orizzonti della musica

La musica è avvolgenza, la musica è espansione nel finito.

Ritornando a quanto espresse il Platonismo, potremmo dire che la musica è l'infinito che si piega verso l'uomo al fine di legarlo a Dio. Di tutte le forme d'arte la musica è la più invasiva ed evasiva perché riconducibile ai suoni del Creato che in tutte le sue forme esprime una voce. La musica impera e sovrasta al punto da penetrare tra le parole stese in una poesia o da riempire gli spazi del silenzio che paradossalmente ha anch'esso una musica. La musica è la danza dell'anima, l'impronta di ciascuno di noi, la chiave segreta con cui accedere all'Universo. La musica è il ritornello della nascita e nelle culture tribali africane ad ogni bambino che nasce è associato un motivo che crescendo lo accompagnerà in ogni fase della vita e che lui richiamerà nei momenti difficili, perché spirito della sua identità. La musica pertanto è energia e oggi la si va riscoprendo associata alle vibrazioni e alle frequenze che hanno ripercussioni terapeutiche su qualsiasi forma di vita e sull'uomo.

Quando parliamo di musica ci viene in mente la canzonetta che ascoltiamo in macchina, o nel supermercato durante la spesa, o al bar mentre sorseggiamo il caffè. Essa ci fa compagnia in quanto essenza della vita, ma proprio perché rintracciabile innanzitutto in noi, spesso ci dimentichiamo di lei e della sua esistenza. Tralasciando gli argomenti di sfondo alla cultura commerciale che invade ogni settore, condotti dal musicista e cultore della musica Filippo Saccucci, in questa intervista ci muoveremo alla riscoperta dei vecchi linguaggi musicali, muovendoci tra i vasti orizzonti delle possibilità che vedranno sempre più la musica impegnata in altre funzioni che non sono prettamente legate a quelle che conosciamo e già sfruttiamo. La musica è studio e impegno.

Filippo, lei lavora nell'ambito della musica ambient e d'avanguardia. Com'è arrivato a questo traguardo?

“Io provengo da studi classici e ho iniziato col pianoforte. Da qui mi sono poi addentrato nella conoscenza di altri strumenti come il basso elettrico, che hanno sviluppato in me una visione d'insieme della musica.”

Esattamente lei oggi che ruolo ha all'interno del discorso musicale?

“Io sono coordinatore della musica e mi occupo della produzione e della post produzione di brani.”

È un lavoro impegnativo che necessita di una conoscenza della musica ad ampio spettro e di un buon orecchio. Lei ha lavorato a progetti importanti che spaziano dalla Chill Out alle ultime frontiere che vedono la musica in continua evoluzione e seguire di pari passo il discorso molto delicato del campo vibrazionale con uno studio mirato sulle frequenze. Quanto e' stata importante la partenza con lo studio del pianoforte?

“È stata fondamentale, così come lo è per me muovermi nella ricerca e guardare oltre la struttura classica della musica, per poi ritornare a recuperarla e riconoscerla nelle innovazioni. Io nel tempo ho sviluppato la visione d'insieme del progetto che prevede la giusta interazione tra gli artisti che vanno seguiti per concepire una visione d'immagine del progetto che parta dal basso e arrivi alla post produzione.”

Con Germano Di Mattia è scattata una buona empatia sul piano della collaborazione.

“Sicuramente. tramite lui ho potuto immergermi nel sottile campo delle vibrazioni associate ai suoni, molto vasto ma molto affascinante.”

Il rapporto con suo fratello Marco Saccucci l'ha portato a esplorare l'universo della musica in lungo e in largo.

“Ci siamo dedicati alla musica nei suoi svariati linguaggi. Con lui ho prodotto brani d'impostazione Drum'n bass, un ritmo che, sorto negli anni Novanta, ha sviluppato diverse capacità di adattamento. È un ritmo veloce che si può rallentare. Al principio può apparire disorientante, ma poi lo capisci entrandoci dentro. Purtroppo oggi è un po' scaduto a seguito dell'inserimento nel circuito dei raive. In un certo senso viene accostato allo sballo.”

Un vero peccato. Lei continua a usare questa musica?

“Soprattutto quando dipingo perché mi carica di forti emozioni.”

Filippo, come lei vede la musica del futuro?

“Sarà a mio avviso sempre più emozionale e quindi la vedo sempre più lontana dalla musica tradizionale. La musica del domani sara’ proiettata verso la ricerca di se stessi e risulterà di base alla relazione con gli altri accomunati dal nostro stesso sentire. Proprio perché capace di tessere trame sull'analisi di chi siamo con noi stessi e di chi siamo in rapporto agli altri, potra’ secondo me condurre a una sorta di risveglio.”

Quindi, una musica che sarà viaggio di ricerca interiore e di apertura, con una funzione che andrà oltre l'ascolto stesso.

“Un percorso che prevede un ruolo centrale di chi la produce e si esprime con essa e quindi, di forte responsabilità verso se stesso e gli altri.”

Lei vive la musica anche in funzione delle esperienze multisensoriali. È questo uno dei nuovi orizzonti della musica. Quanto la sofisticazione del mondo virtuale coopera a questo?

“L'elettronica ha cambiato il modo di vivere la musica e le sue potenziali prospettive, ampliando sempre di più i confini dell'universo musicale. La musica odierna che non sia di ricerca nell'ambito del suono e delle sue capacità espansive e vibrazionali, non avrà evoluzione.”

Sicuramente. Ultimamente a quali generi si sta dedicando?

“Ho varie collaborazioni in corso. Sto spaziando dal funky jazz allo smooth jazz e al down tempo, e sto realizzando Jam session, perché per me è fondamentale seguire l'interazione tra gli artisti.”

A proposito del funky jazz, è legato a un momento storico preciso?

“Sì, a un periodo storico-sociale che riguarda determinate aree del pianeta. Lo ritroviamo all'interno della fusion ed è stato nel corso degli anni piegato a strumentalizzazioni che gli hanno fatto perdere quota. Adesso molti lo seguono, ma è considerato un genere di nicchia.”

La stessa sorte è toccata all'Acid Jazz. Ha avuto un boom esplosivo negli anni Novanta, poi nel giro di cinque anni è stato spazzato via completamente. L'era del computer ha portato l'uomo a ritirarsi dalle relazioni sociali. Gli altri è come se fossero diventati obsoleti. L'energia degli anni Novanta che circolava tra i giovani era esplosiva.

“Esattamente. In quegli anni non dimentichiamo la House e la Disco seguitissime. Erano gli anni delle discoteche e delle notti tirate fino all'alba. Purtroppo, come disse Frank Zappa durante un'intervista “cerchiamo di far uscire la musica e vediamo che succede, quale discorso musicale andrà avanti", e lo disse in un momento in cui la musica incominciava ad essere incanalata in un discorso di marketing che ha portato alcuni generi ad estinguersi o a diventare di nicchia.”

A proposito di generi, io ricordo sempre con piacere gli anni Ottanta per la forte incidenza di tanti sound che coesistevano tra loro e per il forte nesso tra l'individuo e il gusto musicale da cui si sentiva rappresentato. La musica all'epoca plasmava e diveniva immagine della società. C'erano vari tipi di musica che incanalavano diversi modi di essere. La musica differenziava o accomunava. In un certo senso etichettava, per quanto certi modelli da perseguire fossero sbagliati. Però, comunque, per quanto sbagliati fossero, portavano avanti ideali, come ha sottolineato Andrew Eldritch in una delle ultime interviste rilasciate, in cui accusa la musica attuale di non comunicare ideali. Come la vede lei a riguardo?

“La musica oggi non ha più un'identità. Di buono c'è che molti giovani trascinati dai loro genitori che hanno vissuto quegli anni, vanno alla riscoperta di gruppi e generi musicali che oggi non esistono più. Riescono quindi a fare il confronto con il deserto che c'è oggi. L'uomo non può vivere senza valori e se il campo musicale attuale non è capace di formulare e diffondere ideali, si guarda all'indietro. La musica in quanto tale è lo specchio della società.”

Si ha l'impressione che la musica italiana attualmente stia attraversando una crisi d'identità. Cosa pensa a riguardo?

“La musica italiana è in una fase di disconoscimento. Siamo stati ammirati e imitati all'estero in passato per voci e melodie. Oggi noi per primi non l'apprezziamo e mi riferisco ovviamente alla canzone cantautorale classica che tende a scomparire. Ad eccezione di Brunori Sas che ha un buon seguito e a Ultimo, non ascoltati tra l'altro dai giovanissimi, non c'è granché.”

Secondo lei, quanto ha contribuito alla decadenza della musica attuale il passaggio dal vinile al CD e da questo all'attuale Mp3?

“Più che altro è cambiato il modo di condividere la musica. Il 33 giri posato sul piatto aveva il suo fascino, così come le copertine ben curate nella grafica che erano autentiche opere d'arte e accostavano la musica ad altre espressioni. C'era poi il discorso della pirateria attraverso la duplicazione delle cassette. Oggi questo non c'è. Secondo me la decadenza e’ stata in un certo senso determinata dai social. La musica oggi diffusamente è percepita come un sottofondo che però può agire subdolamente a livello psicologico. Sono stati condotti a riguardo degli studi molto intelligenti in Norvegia a proposito dell'influenza della musica sul discorso acquisti. Un determinato genere musicale influenza quel determinato prodotto, come ad esempio un costume da bagno, proiettandoci con la mente verso le feste in spiaggia al tramonto. Un discorso analogo riguarda la musica che si può ascoltare in libreria. Si tratta di musica d'ascolto o comunque che favorisce l'immaginazione e non è separata quindi dal discorso libro. È un buon sistema a mio avviso teso a creare quel filo di interdisciplinarietà fondamentale oggi come oggi e che non può escludere la musica. In più, consente di aiutare il giro di guadagni all'interno della produzione musicale.”

Oggi si parla tanto di mondo unico e unito e di abbattimento di qualsiasi frontiera. A ben guardare pero’, al di là di una certa propaganda, esistono muri altissimi eretti a scapito dell'immaginazione che si erge sulla libertà. Esiste tanto, troppo, a livello tecnologico soprattutto, ma non siamo liberi e ciò si evince dalla profonda crisi culturale che a livello pressoché globale riguarda tutto. La logica del merchandising non risparmia l'arte dirottata da chi ha in pugno il mercato globale e orienta i gusti delle persone. La musica con i suoi tappeti sonori e le ampiezze vibratorie è di speranza per liberarci dalle catene che frenano il nostro volo e c'impediscono di stendere lo sguardo oltre la siepe architettata dall'uomo. E così, di abbracciare l'infinito.

Ringrazio pertanto, il musicista Filippo Saccucci per aver allargato i nostri orizzonti musicali immergendoci in un percorso che ci amplierebbe all'infinito e porterebbe a scoprire mondi sconosciuti. A lui e ai suoi futuri lavori i migliori auguri da parte mia e della Redazione.

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