L'INTERVISTA. La matita nella mano del regista. Eleonora Manara e l'energia del Teatro
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L'INTERVISTA. La matita nella mano del regista. Eleonora Manara e l'energia del Teatro

Si parte sempre da un inizio, da un punto x che definiamo incipit. Si parte da un giorno dell'infanzia in cui siamo stati dentro di noi straordinariamente liberi e veri.

Ciò che decidiamo di essere e diventare è già presente nell'infanzia ma pochi crescendo lo considerano. Le persone speciali lo sono da sempre, già prima che la loro specificità si riveli. La vita è, se condotta per il suo senso, rivelazione di ciò che sentiamo e abbiamo dentro ed è bello che noi popolo, in quanto eredi della cultura classica, siamo agevolati nella riscoperta del dono iniziale della vita. Essere, diventare, accadere contenuti nel verbo greco ghignomai ci comunicano il percorso del nostro seme interiore che sta a noi persone far germogliare nella vita. Alcuni più di altri sono consapevoli di questa strada tracciata che parte da lontano e li congiunge al successo non inteso come vittoria su altri, ma come realizzazione del proprio bagaglio interiore. Diventiamo ciò che siamo e cosi’ tracciamo il nostro destino.

L'artista che conosceremo dettagliatamente in questa intervista ha una storia che parte da molto lontano, da un desiderio di bambina. Eleonora Manara, attrice di successo di teatro e di cinema, ha realizzato se stessa coltivando la sua magia nel tempo.

Eleonora, lei che ha una forte padronanza della propria identità nonostante questa sia molto ricca e frastagliata, cosa pensa dell'epoca attuale in rapporto alla fermezza interiore?

“Dico che non c'e’. Non c'è in alcun settore e neanche nel teatro. Un tempo qui esisteva il discorso di squadra, oggi non c'è più. Speriamo che lo si possa recuperare in futuro.”

La sua, Eleonora, è una storia che parte da lontano, da prima che lei nascesse.

“Sono torinese, la mia nonna paterna era contessa di Vicenza, mio nonno invece era di Cremona. Mia madre siciliana e mio figlio che e’ alto 1,92 m. ha il papà romano e risulta essere il prodotto di più incroci.”

Quindi, lui è un concentrato di luoghi e tradizioni. Lei a quattro anni ha desiderato diventare attrice e c'è riuscita con ottimi risultati.

“Diciamo che mi sono impegnata affinché realizzassi il mio sogno. Mio padre da operaio e’ diventato il braccio destro del suo datore di lavoro e mia madre era casalinga. Io già in terza media aspiravo a frequentare la scuola di cinematografia e i miei non volevano perché consideravano il Cinema un ambiente chiacchierato. A quei tempi era così. Mi sono diplomata da ragioniera e la mia prima esperienza nel mondo dello spettacolo è stata il concorso a Miss Piemonte a cui ho partecipato e che ho subito lasciato perché l'ambiente non era molto trasparente.”

Dopodiché sono iniziate le sue prime esperienze nel piccolo e grande Cinema.

“Sì. Delle collaborazioni, fino a quando non ho partecipato alla selezione per il programma “Aperto per ferie" condotto da Michele Mirabella. Qui non mi hanno presa perché davano la precedenza alle consigliate di turno. Io ero raccomandata ma non dalle persone giuste e venni scartata.”

Siamo arrivati al 1988 quando lei ha lavorato come doppiatrice insieme a Tonino Accolla. Come mai ha lasciato?

“Quello del doppiatore non è un lavoro che mi soddisfa. E' redditizio anche oggi, questo sì, ma io ho sempre anteposto ai soldi l'arte e la passione per il lavoro.”

L'incontro magico in quanto determinante per la sua professione è stato quello con Pupi Avati. Che ricordo conserva di quel momento?

“Il maestro Avati è colui che mi ha insegnato il Cinema e io gli devo tutto. È una persona che è dire poco definire straordinaria. Ricordo che mi presentai da lui in un teatro abbandonato in via Tiburtina dopo aver fatto un provino al teatro Argentina in cui, senza che lo sapessi, era richiesta la raccomandazione. Io sono dislessica e ricordo che Avati mi sottopose da leggere due, tre fogli. Io a seguire gli risposi che non lo avevo fatto perché convinta che anche lì servisse la raccomandazione. Fu così che recitai per lui nel film “Storie di ragazzi e ragazze".

Il maestro Avati è una persona che conserva una sua sacralità e la sa esternare con la mitezza e l’umiltà che lo contraddistinguono. Prima di essere un grande maestro del Cinema, è un grande maestro di vita, come ha giustamente affermato anche lei, Eleonora.

“Sì, io resto legata tantissimo a lui e alla sua famiglia da vero affetto e gratitudine. E sono felice del fatto che la mia vita mi abbia sempre ricondotta a lui, nonostante io abbia attraversato periodi di pausa anche lunghi, durante il mio lavoro di attrice.”

Il desiderio di avere un figlio ha prevalso sulla sua passione per la recitazione.

“Sì. Quando sposi l'uomo che ami, è inevitabile che maturi questo desiderio. Io prima della nascita di mio figlio, ho avuto un aborto spontaneo che mi ha fatto perdere la bambina. Durante la seconda gravidanza che non e’ stata semplice, ho preso sessanta chili.”

Al figlio e alla famiglia lei ha dedicato quindici anni della sua vita che non ha mai considerato persi e questo mi piace sottolinearlo perché tante donne oggi accantonano il sogno di una famiglia per paura di distruggere i propri desideri e la carriera.

“Sì, io ho fatto questa scelta e l'ho portata avanti per quindici anni in cui comunque mi arrivavano proposte che io prontamente declinavo, eccetto qualche collaborazione con il regista Fabio Lionello, primogenito di Oreste. Con Fabio continuo a collaborare perché veramente bravo, capace di guidarmi alla perfezione nel ruolo prestabilito. Intanto in quel periodo ho conseguito il diploma di stilista e mi sono lanciata nel mondo della moda con una mia firma di vestiti e accessori come borse.”

Splendido. Adesso suo figlio è un bel giovane di 28 anni avviato nel mondo della musica. È maestro, cantante rap ed è stato lanciato da Tony Esposito la cui moglie è un'attrice che lei Eleonora conosce molto bene.

“Si. Mio figlio mi ha dato molte gioie ma anche preoccupazioni. All'età di diciassette anni ha avuto un'esostosi ossea.”

Eleonora, sembra che la strada della recitazione non abbia voluto mai smettere di incrociare i suoi passi.

“In effetti e’ stato così, perché dopo quindici anni mi è capitato di incontrare il mio agente Andrea Lamia  che mi ha rimessa in carreggiata offrendomi la partecipazione al film “Verdetto finale".

Si è anche cimentata come scrittrice.

“Vero, di una raccolta di fiabe e ricette scritta con una mia amica. Una copia la consegnai al maestro Avati che mi assegnò una parte nel film “Un bambino cattivo" dove mi mi ha diretta con la figlia Mariantonia che è veramente brava."

Un film che è stato un grande successo.

“Una esperienza meravigliosa. Quando finii di lavorare, mi presentai sul set con una torta per sessanta persone che il regista Avati apprezzò tantissimo.”

E da qui la richiesta avanzata da lui di preparare la torta di riso bolognese. La mise alla prova e lei la vinse. Giusto?

“Sì! Ricordo che la mangiammo tutti insieme. Lui è così. Durante la pausa pranzo divide tra tutti quello che c'è.”

Molto bello. È riconoscere nel pranzo un momento di condivisione che ha un significato anche sacro in relazione alle pagine più significative del Vangelo e del culto cattolico a cui lui è molto devoto. Lei, Eleonora, ha collaborato anche ad altri film di Avati ed è presente ne “Il signor Diavolo.

“Sì, ma ho partecipato anche ad altri lavori di altri registi come Virzi'  con“Notti magiche".

Si è anche scoperta produttrice di un lavoro teatrale.

“Sì. "Emma B." scritto per mia madre che era in fin di vita. Volevo che lei se ne andasse con la gioia nel cuore e per questo ho scelto un finale che fosse un inno alla vita. Volevo che lei vedesse lo spettacolo ma cosi’ non è stato. “Non so se potrò”, mi disse “ma ogni volta che lo replicherai ci sara’ un mazzo di rose rosse per te”, e difatti non è mai mancato. La prima stagione è molto romantica e la regia è di Sabina Pariante. La seconda e la terza stagione hanno la regia di Fabio Luigi Lionello, due ore di teatro e cinema di Enza Li Gioi autrice di “Acido" e di “Claire De Luna" scritti per me e che ho messo in scena con Eleonora Salvadori. Per i miei lavori “O primmo ammore" e “Pontinia mon ammour" film scritti da Fabio Lionello e da Enza Li Gioi sto cercando una produzione. Poi ho scritto un trattamento con Felice Corticchia, “Il sole di notte" per il quale spero di trovare un produttore.”

E noi tutti glielo auguriamo. Eleonora, prima di cambiare argomento, vorrei che lei ci dicesse qual è il suo significato di attore.

“Per me è una matita nella mano del regista che, se bravo, sa trarre da lui il meglio per quel ruolo. Non esiste attore bravo o non bravo. Esiste il regista.”

Una definizione molto interessante che si allinea alla concezione dell'attore nelle prime avanguardie novecentesche che hanno tracciato vere e proprie scuole di metodo, come quella Stanislavskij. Ultimamente anche i cultori del teatro tradizionale hanno preso in considerazione dell'attore la sua materia invisibile, ossia l'energia che promana e lavorano con essa. Secondo lei, la magia del teatro si lega a questo concetto?

“Per me il teatro è un luogo magico in quanto contenitore di energie. Nel teatro, oltre all'energia sviluppata dagli attori e dalla loro interazione col pubblico, c’e’ proprio un'energia misteriosa legata a vite precedenti. Le racconto un episodio. Eravamo nel teatro di Pontinia a provare per lo spettacolo, quando all'improvviso sentiamo una puzza di gomma bruciata. Il tecnico sopraggiunto cade mentre cercava di risolvere il problema e riporta tre infarti. Abbiamo fatto lo spettacolo rischiando che andasse via la luce e rischiando di non completarlo perché subito dopo non c'è stata  più corrente. I nostri amici avevano ripreso lo spettacolo col telefonino ma non è risultato nulla, solo una macchia bianca.”

Interessante. E da qui è nato un lavoro intitolato a Pontinia. Eleonora c'è un filo misterioso che lega il mondo del teatro a quello medianico?

“Direi di sì. Gli attori sono molto superstiziosi.”

Tornando a lei, il mondo del paranormale la riguarda da vicino, ma lei lo associa alla sua attività attoriale o è qualcosa a se stante?

“Lo collego all'ultimo periodo della mia infanzia. I miei genitori andarono alla fiera del vino che si tiene a Torino e mi lasciarono a badare a mio fratello che aveva 8 anni, mentre io ne avevo 11. Quando rientrarono, vidi che mia madre aveva con sé le carte dei tarocchi e capii che ero in grado di leggerle. Quando avevo 14 anni incominciai a fare la lettura alle amiche di mamma le quali rimanevano colpite dal fatto che io indovinassi. Non ho mai chiesto soldi, fin quando una cartomante mi disse che dovevo farmi pagare. Ho seguito il suo consiglio e ora ho diversi clienti anche importanti. Le carte mi dicono tutto ma non il tempo in cui quella data cosa si verificherà. Sono onesta e non intendo sostituirmi a un medico. Per quanto riguarda la salute consiglio sempre di farsi controllare.”

Che cos'è per lei la medianità?

“Per me è sentire la vicinanza di chi non è più tra noi.”

Il teatro e’ un luogo capace di tuffarci al di fuori dello spazio e del tempo perché agisce sulle nostre emozioni. Nel tempo si dimenticano la trama, i costumi, ma non l'emozione lasciata da quello spettacolo. Ed è questa che potremmo definire impronta del vero. Pertanto il teatro è un luogo metafisico che ci porta a viaggiare in noi stessi, in una dimensione altra rispetto a quella quotidiana, sbilanciandoci verso un'aura assoluta che è parente stretta del Sacro.

Ringrazio l'attrice e autrice Eleonora Manara perché attraverso il racconto ben scandito e particolareggiato della sua vita ci ha proiettati nel regno dell'indissolubile in cui ogni anima è sovrana, presentando il teatro con un'icona ieratica e assolutamente diversa da quella generalmente considerata. A lei e ai suoi progetti futuri i migliori auguri da parte mia e della Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli
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