L'INTERVISTA. Il suolo sacro del palcoscenico. Fiorella Potenza e il mondo dello Spettacolo
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L'INTERVISTA. Il suolo sacro del palcoscenico. Fiorella Potenza e il mondo dello Spettacolo

Ci muoviamo sulla scacchiera di luci ed ombre in cui l'esito di ogni azione è condizionato dall'imprevisto.

L'imprevedibilità che si affaccia sulla scena del vivere ha in sé un insieme di fattori che richiedono non solo impegno e costanza, ma anche la capacità di sapersi guardare dentro e di accettare qualsiasi rischio.

Il mondo dell'Arte è un labirinto di specchi in cui ognuno ritrova se stesso, e la musica come anche la recitazione teatrale è la forma d'arte in cui più forte si fa il dubbio di riuscire ad accettare se stessi attraverso gli altri. Giusto sarebbe se si suonasse e recitasse per proprio piacere e personale soddisfazione, ma ciò non sempre succede e molti vi si dedicano per scelta professionale.

Il teatro ci fa ritornare bambini per la capacità di apprendere in modo magico attraverso il gioco dei ruoli. L'attore è colui che riesce a guidare e a far diventare adulti gli spettatori in teatro, ma è anche l'adolescente che incomincia a confrontarsi con se stesso e ad operare delle scelte. Bene o male, ombra o luce, brutto o bello. E diventare adulti per un attore significa essere soddisfatto del proprio operato in base alle risposte che in maniera diretta (con gli applausi) o indiretta (attraverso gli sguardi) il pubblico gli invia.

Sul palcoscenico l'attore amplifica se stesso. I sensi sono potentissimi e si rasenta l’Onnipotenza divina. Peccato che l'incantesimo duri il tempo dello spettacolo e che la quotidianità riassorba attori e spettatori, ciascuno al timone della vita di sempre.

Degli effetti del teatro sulla psiche dell'attore e dello spettatore abbiamo già accennato in interviste precedenti, ma quella di oggi intende soffermarsi sull'aspetto sacrificale dell'attore e lo faremo grazie alla protagonista Fiorella Potenza. Definire costei un'attrice sembra riduttivo dal momento che lei intende il mondo dello Spettacolo un grande cerchio dove ognuno può intrecciare con gli altri una comunicazione empatica. Redattrice della RAI, attrice di Teatro ma anche di Cinema, Fiorella ha calcato palcoscenici importanti collaborando con registi come Ronconi, Sepe e tanti altri.

Fiorella, lei non ama definirsi. Come mai?

“Perché come ha evidenziato lei nell'introduzione, io coltivo dentro di me la passione per le arti, per le molteplici espressioni dello spettacolo. L'attitudine per questa realtà si è manifestata in me da piccola e da adolescente ha trovato il suo concepimento: è emersa la passione della mia vita, scelta come personale futuro, quale vocazione da realizzare. I miei sono stati concordi e partecipi, mi hanno assecondata. Allora vivevo in Toscana, la terra che considero natia, a cui mi sento legata e a cui spero di ritornare, perché è lì che tutto è cominciato.”

La struttura del cerchio, Fiorella, sembra accompagnarla in tutto. Il cerchio lo ritroviamo anche come simbolo di terra e d'acqua, in genere di tutto ciò che è in relazione al Femminile che si esprime attraverso il desiderio di raccontare e di viversi in forma di racconto. Lei non si reputa un'artista. Per modestia?

“Non amo le definizioni, come ho gia’ detto sopra. Sono una persona che vive pienamente il mondo dello Spettacolo. Il Teatro è il mio amore, l'uomo della mia vita che ha aperto altre possibilità da sperimentare con le quali confrontarmi, non ultimi i deserti dell’anima”.

Lei ha un rapporto viscerale col Teatro. Lo vive intensamente come un rapporto erotico in cui si dà con slancio e al tempo stesso si riceve.

“Sì, è così, ma solo in parte. Ricerco il rapporto col pubblico e in molti spettacoli ho recitato a strettissimo contatto con la platea, con mia grande gioia ho assaporato, in me e nello spettatore, l’esigenza di manifestare una verità, la propria, A stretto contatto con gli spettatori. si vive una autenticità non scontata. Per il legame forte che si instaura con chi assiste, ho preferito all'inizio della professione il Teatro al Cinema in cui tutto viene invece ripreso e montato. Ma ora è diverso: i segni del tempo, i difetti dell’età, le sue incrinature più incerte, una apparente maggiore lentezza con la quale si vive “dentro” mi fanno desiderare Il cinema che mi cattura come esperienza da portare a compimento nella sua pienezza. E mi auguro che accada”.

Mi ha colpito la sua espressione “io mi lascio attraversare” molto bella e altresì intensa che prelude a una condizione disarmante e di sacrificio nel senso piu’ nobile del termine.

“Il Teatro è uno specchio in cui attraverso la finzione si porge la verità che appare però rispetto all'attore capovolta. Se sei forte nella vita, sulla scena risulti debole e viceversa.”

E la Verità appare nell'incontro tra attore e spettatore. È qualcosa che non si crea insieme ma che si disvela e ciò è possibile grazie all'energia che si sprigiona da ambedue le parti e conferisce carattere magico al Teatro. Lei si è sentita da subito portata per la recitazione. È nata con questa attitudine, eppure a un certo punto della sua vita è entrata in conflitto con l'ambiente di quel mondo.

"Non sono entrata in conflitto col mio ambiente, con il mio lavoro, pensando di abbandonarlo o cambiarlo, no, sono caduta per eccesso di ingenuità in una trappola. Ecco il sacrificio in negativo, nel senso di volontà di annientare. E' arrivata questa a un certo punto da contesti sociali che nulla hanno a che vedere con lo spettacolo, fanno invece riferimento a meschine logiche di singoli e di gruppi di potere con mani in pasta "altrove". Magari in una pseudo cultura territoriale e locale nata al solo scopo di favorire legami di convenienza con la macchina pubblica. Politica e religione in prima fila. "Il plagio", benché decaduto come reato, usato da religiosi e gente al loro servizio è assai peggiore di qualche acida incomprensione con colleghi, o di qualche impennata da parte di registi con i quali non ho intessuto rapporti di sudditanza, di piena collaborazione sì, costruttiva, attiva, ma non sudditanza. Ho avuto l'onore di avere registi che mi partecipavano della loro regia, perché ne diventassi artefice, da interprete, autrice nella realizzazione drammaturgica e teatrale. Hanno lasciato spazio al mio immaginifico nell'interpretazione del ruolo, essendo certi che, per serietà e rispetto professionali, non avrei omesso le linee guida del testo, e quelle da loro tracciate. Se sono stata subordinata al regista? Solo contrattualmente. Ho sempre lavorato da scritturata. Mai avuta una mia compagnia . Amo quando mi cercano, mi contattano per offrirmi un ruolo: mi sento amata, accettata, stimata. Qualcuno che crede in te, ti sceglie e ti affida un compito, sapendo che sarai degno di tal chiamata. Accettavo, accetto certo, perché amo questo lavoro, perché è il mio lavoro, la mia storia, il mio pane, il mio sogno, il desiderio, la speranza, la realizzazione, la gratitudine, è l'Eros. Mi sento come una vestale che si offre al pubblico per una verità più grande. Le emozioni suscitate le noto tutte e questo mi arricchisce, mi nutre".

 

Splendida definizione. Lei si è fatta scattare delle foto che la ritraggono come è adesso, sciupata e prosciugata dal dolore. Mi riferisco a una foto in particolare, del mese di marzo scorso e che per lei ha un valore di denuncia.

"Esatto. Voglio realizzare un video sulla violenza. Violenze psicologiche, spirituali etc, che ricevo da tempo. Naturalmente mi abbracciano a qualsiasi persona abbia provato e vissuto. tali esperienze. Chissà se mostrando ferite apparentemente invisibili qualche coscienza si interroghi e rabbrividisca per quanto ha operato e si ostina a operare. Ho tratto forza da quella foto (ben conscia dell'ennesimo possibile fango che l'inganno può addurre come ulteriore carico da gettare sulle mie spalle).Perché adesso abbandono altre zavorre e mi riprendo la vita, la gioia di vivere che è in me, quella che sono, la mia identità, anche e soprattutto professionale. Nessun tentativo di lavaggio del cervello avrà l'ultima parola, di manipolazioni per spersonalizzare, come nessuna azione atta a piegare la volontà, la dignità di un essere umano. Mi conceda questo inno: Viva il teatro, viva il cinema, viva le arti che respirano l'assoluto, viva gli artisti tutti, senza alcuna esitazione".

Molto bello, e glielo auguro veramente. Ritornando a lei, si reputa una sognatrice.

“Sì. Sogno l'amore su un piano ideale e amo la poesia. Sono solitaria e negli anni ho acquisito le condizioni della solitudine. L’isolamento indotto è ben altra cosa. Ed è traumatico. “terra bruciata” fatta al soggetto da sacrificare. E qui nell'accezione negativa. Ho compreso dalla prima giovinezza che la famiglia non è la mia vocazione. Non mi sono sposata. Non ne ho mai avvertito l'esigenza, così come non ho mai provato il senso di maternità, nel senso di rendermi strumento fisico per generare altre vite”.

Il Teatro, la scena assorbono tutto di lei. In questo mi riporta alla memoria le vestali dei grandi riti del passato. C'è molta passione in lei e un senso alto della comunicativa trasposta nella recitazione che recupera il carattere di rito sacro. Il fatto che lei intenda l'incontro col pubblico un vero e proprio atto sessuale rafforza questa convinzione. “Sacrificio" in fondo è celebrazione del Sacro che avviene nel reintegro del molteplice nell'unità perduta. Ragion per cui la vestale era una vergine: ossia colei che assembla in sé l'elemento maschile e l'elemento femminile.

"Io mi sento un veicolo, un canale, non vorrei innalzarmi a status sacerdotale benché sia una componente forte in me; forse, una sacerdotessa che porge qualcosa, che indica, che mostra qualcosa e lo fa con spirito di convinzione e abnegazione. Ed il mio essere è a proprio agio. Voglio ricordare "l'Orestiade", di Pasolini, spettacolo, tra i tanti , a me caro, portato in scena al teatro Vascello di Roma con Alberto Di Stasio alla regia. Ero Atena. Tagliavo in verticale la scena, dal fondo all'ingresso raggiungendo le scalinate del pubblico. E lì avveniva l'incanto. L'incontro. Recitavo a un palmo da ogni spettatore, ascoltando persino i battiti cardiaci imbarazzati di qualcuno. E loro sentivano i miei. Ma la meraviglia è scattata anche con spettacoli che portano la firma di Giancarlo Sepe, di Camilleri. Li ricordo con stima e affetto. Come quanti ora non cito."

 

Fiorella, ha mai pensato di creare lei una compagnia?

“No, perché detesto tutto ciò è apparato ministeriale e burocratico. Insomma evito come la peste contatti con politica e affini”.

I monologhi le piacciono?

"Si. Finora ne ho interpretato due. "La tentazione" di Patrizia Valduga per la regia di Marina Lanza, e "Onde" di Virginia Woolf per la regia di Anastasia Sciuto. Al monologo preferisco vivere il senso del teatro come interscambio che si crea tra più attori. Ma credo che mi metterò alla prova prossimamente di nuovo in un monologo. Ho in mente due testi, uno dei quali riguarda la vita di una importante pittrice italiana che ha subito violenze. L'altro testo è di un mio ex compagno di Accademia, della Silvio d'Amico. Vittorio Pavoncello. Non ultimo, un mio testo che giace languido tra fogli un po' ingialliti e mi richiede attenzione".  
 

Lei è un’ idealista che ha a cuore le cose dello Spirito. Ha una Fede?

"Si sono credente. Ma la mia fede è svincolata da qualsiasi appartenenza certificata a religioni e affini. Benché questa scelta abbia determinate persecuzioni e rovine programmate. Molti, troppi, amano sadicamente mettere in croce le persone, profanando il nome di qualche Dio, abusando di scritture sacre per generare dolore, spesso per uccidere la Grazia. Vivo la fede nel mio inconscio, cercando la resurrezione".
 

All'ubbidienza imposta dall'esterno si contrappone l'obbedienza che è il nostro atteggiamento personale nei confronti di Dio che prende vita nei valori che avvertiamo dentro di noi e che difendiamo e supportiamo attraverso l'esistenza. L'umile, più di ogni altro, vive in intimità e profondità il rapporto con se stesso e pertanto è sincero e vicino alla Verità. Sarebbe bello se oggi il Teatro recuperasse la sua veste antica e sacra con cui comunicare alti contenuti di richiamo per quei giovani persi dietro falsi idoli e senza una forte e radicata personalità.

Ringrazio l'attrice Fiorella Potenza di averci raccontato se stessa e aperto gli occhi su un mondo, quello dello Spettacolo che, incominciando dai Governanti, meriterebbe la dovuta cura e un'adeguata considerazione. A Fiorella Potenza e ai suoi progetti futuri auguri partecipati da parte mia e della Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli
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