L'INTERVISTA. Il Teatro come vascello della comunicazione. Ne parliamo con l'attore Pino Calabrese
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L'INTERVISTA. Il Teatro come vascello della comunicazione. Ne parliamo con l'attore Pino Calabrese

La comunicazione è il ponte tra isole d'individui che trovano così un senso alla loro esistenza.

Per chi non ha un proprio Credo, la comunicazione è l'unica strada per uscire da se stessi e abbracciare orizzonti che altrimenti rimarrebbero sconosciuti agli occhi più sensibili. L'uomo da sempre ha cercato di abbattere i recinti della propria solitudine uscendo da se stesso per abbracciare l'altro. Così ha sconfitto la morte ch'era innanzitutto in lui come solitudine da dissipare tramite l’incontro con i propri simili. Cercare, approdare a individui nutriti da pensieri e idee accordabili a quelli degli altri è ciò che ci differenzia dai nostri amici animali. L'accordo armonico delle stesse note estendibile esprime il bisogno insito nell'uomo di lenire le proprie paure accresciute dall'allontanamento dalle leggi della Natura. L'uomo nel tempo paradossalmente, coltivando se stesso ha alimentato la cultura del distacco dall'armonia insita nel Creato, concentrandosi sempre più su se stesso. È così che il bisogno di comunicare si è molto spesso tramutato in esibizionismo e nel narcisismo che oggi spopolano sul palcoscenico della vita.

Più che ponte, il Teatro è, nell'ottica di un dialogo costruttivo tra attore e spettatore, un vascello che conduce messaggi. Importante è colui che li veicola fin nel cuore delle persone. Un attore che ha in sé il valore alto del Teatro e lo sa esporre agli altri è sicuramente Pino Calabrese. Nato a Portici nel 1955, ha lavorato per registi come Tornatore, Sorrentino, Avati, Bertolucci e tanti altri che hanno reso importante il Cinema italiano nel mondo. Così come ha partecipato a fiction come I Bastardi di Pizzofalcone, in onda sulla RAI, e a tante altre serie e a film trasmessi sul piccolo schermo.

Pino, come ha scoperto la sua vocazione di attore?

“Quando avevo 14 anni mia sorella e mio cognato che avevano messo su un'associazione culturale, decisero di affidarmi un ruolo nello spettacolo che stavano allestendo, incentrato sulla lotta partigiana. Serviva a loro un ragazzino e scelsero me. Fu la mia prima esperienza e riscossi tanti di quegli applausi che da grande decisi di studiare recitazione e proseguire per quella strada.”

Lei da tanti anni vive a Roma e a differenza di tanti suoi colleghi sembra non risentire affatto del periodo nero a seguito della pandemia.

“Forse ne sto risentendo meno di tanti altri, ma anch'io avverto la difficoltà di portare in scena durante la stagione estiva le opere che mi vedono interprete. Sono saltati ovunque rassegne e appuntamenti fissi come festival e via dicendo. Io ho pronti due spettacoli che vertono intorno a due grandi personalità che hanno caratterizzato il secolo scorso. Diverse tra loro ma accomunate dal grosso dramma dell'ingiustizia non ancora risolto in Italia. Il primo spettacolo è su Moro e l'altro su Tortora, ambedue di Patrizio J. Macci..”

Due grandi personaggi balzati agli onori della cronaca tempo fa e per i quali nulla di serio è stato fatto allora come adesso. Secondo lei, quanto è utile il Teatro al fine di salvaguardare la memoria di un popolo?

“Per me il Teatro non ha solo una funzione di comunicazione ma anche politica. Io scelgo sempre i contenuti da trasferire al pubblico e mai mi adatterei a interpretare ruoli contrari alla mia ideologia. Purtroppo molti lo fanno perché si sta perdendo la visione del Teatro in senso formativo.”

In lei è forte il richiamo alla cultura greca che ha istituzionalizzato all'interno dell'allora compagine socioformativa il Teatro.

“Il Teatro non può essere disgiunto dalle sue origini che sono greche appunto. Forniva l'occasione per il popolo d'allora di entrare a stretto contatto con i problemi della realtà e società e di maturare una nuova consapevolezza.”

Il Teatro greco era politico in tal senso, ossia in rapporto alla cultura della “polis". Molti sembra l'abbiano dimenticato, così come sembra abbiano dimenticato l'origine sacroritualistica del Teatro e della Maschera.

“Oggi stiamo facendo scivolare via da noi tutti i contenuti accumulati nel corso dei secoli per non dire millenni. La nostra è una società in cui tutto è concepito nella logica del mordi e fuggi, anche quanto attiene alla popolarità dell'artista. Qui in Italia poi...la situazione è ben più critica rispetto a quella di altri Stati evoluti. Manca la qualità. Siamo indietro rispetto a una ricerca culturale più profonda ed esaustiva di quasi trent'anni e ciò sembra non interessare nessuno. Così come è inconcepibile che da noi non esista un albo degli attori.”

Ha ragione. Il Teatro e il Cinema sono visti come bacini ai quali attingere fama e successo. Riscontro molto protagonismo insulso.

“Fortunatamente non per tutti è così e diciamo che chi vede la recitazione in tale prospettiva, si brucia subito. Il vero attore studia e si confronta con i colleghi e col mondo. Negli anni Sessanta e Settanta c’era questa visione seria e sana del Teatro e dello Spettacolo in genere, poi messa in crisi dal Berlusconismo negli anni Ottanta.”

Per lei è importante veicolare valori?

“Io credo molto nella capacità formativa del Teatro ma non in senso schematico e dogmatico. Crescere significa aprirsi a nuovi orizzonti che dovrebbero mettere in discussione l'uomo nel suo presente, con l'intento di fargli fare un passo in avanti. La maturità si conquista perdendo l'equilibrio sul momento e riprendendo ad andare.”

Maturità... consapevolezza... parole grosse, diventate banali, oggi spesso e volentieri esposte come slogan. Come può un attore riuscire a conciliare la sfera privata dei sentimenti con quella pubblica?

“Superando i preconcetti. Oggi il tempo è poco per tutti e non solo per gli attori spesso in giro per lunghe tournée. Eppure, si ha la capacità di mantenersi ancorati ai propri affetti. Il che significa anche sforzarsi di guardare dritto davanti a se’ dopo una eventuale distrazione amorosa. Manca questo coraggio nei giovani di oggi.”

Avere maturità significa anche questo. Non disperdere ciò in cui si crede a seguito di una semplice distrazione. Lei sta lavorando anche a due film.

“Incomincero’ a settembre con un film per il grande schermo in cui saro’ presente nel ruolo di un poliziotto che indaga su una losca faccenda. Il film si chiamerà “Padri"  con la regia di Mario Sesti. A ottobre invece sarò a Teramo per un altro film.”

Dividersi tra Teatro e Cinema è il sogno di tanti, realizzabile da pochi e giusto da quelli che non si lasciano infatuare dalla fama e dal successo. Il mondo della recitazione può anche incrociare quello dei vip, ma la selezione arriva e spontaneamente a decidere chi vale e va avanti e chi è invece destinato a bruciarsi subito. Un tempo si era maturi da capire il valore di un gesto o di una parola e ciò alimentava l'amore sano per la recitazione che ad esempio con Eugenio Barba ha saputo dare molto sul piano della sperimentazione con nuovi linguaggi. Un tempo l’uomo e la donna erano maturi al punto di non mandare all'aria una relazione seria per un inciampo di percorso. Oggi non si sa. E allora il Teatro potrebbe servire a formarci e a indurci a una chiave esperienziale nuova che facesse dell'attualità non una scatola di cianfrusaglie da abbandonare nel ripostiglio, ma uno strumento nuovo per una umanità che avrebbe bisogno di recuperare il suo sogno perduto. Allora sì, che il Teatro riacquisterebbe il suo significato politico rifondando un nuovo abbecedario di valori e ideologie e di Pensiero.

Ringrazio l'attore Pino Calabrese per questo interessante dialogo sulla riscoperta dell'Uomo attraverso la recitazione e per aver guardato all'attualizzazione del ruolo dell'attore nelle sfumature sociopolitiche. A lui e ai suoi prossimi lavori i migliori auguri da parte mia e di tutta la Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli

 

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