L'INTERVISTA. La Libia di ieri, la Libia di oggi e i rapporti con l'Italia. Ne parliamo con lo scrittore e politologo Charles Vas
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.

L'INTERVISTA. La Libia di ieri, la Libia di oggi e i rapporti con l'Italia. Ne parliamo con lo scrittore e politologo Charles Vas

Nessun popolo è diventato potente grazie solo a se stesso. Le alleanze che la Storia menziona, spiegano il carattere dinamico acquisito dalle parti in causa interrelazionate tra loro da accordi dai contenuti spesso secretati.

Più che gli accordi di pace, le alleanze riferiscono di compromessi che se da un lato bloccano e condizionano il potere decisionale di ogni singolo Stato, dall'altro smuovono corde che portano gli Stati interessati a misurarsi con gli alleati, al punto da spingersi oltre se stessi in una evoluzione affatto graduale e del tutto forzata, che non tiene conto delle esigenze reali dei cittadini.

Uno dei fenomeni più complessi della politica internazionale che ha condizionato l'Ottocento e il primo Trentennio della Storia italiana in rapporto ai Paesi europei è sicuramente il Colonialismo. L'Italia, potenza coloniale che occupò il Nord Africa sembra, ma di fatto così non è, aver distrutto la memoria del suo impegno civile e morale in Libia, a lungo considerata a pieno titolo appendice italiana in Africa e che, seppur per un periodo ristretto, ha saputo innalzare e di molto il suo livello di civiltà. Purtroppo, dell'evoluzione libica legata al colonialismo italiano non è rimasta che qualche sparuta eco, strascico di un passato seppur non così remoto in rapporto allo scorrere del tempo, ma tanto lontano per lo stravolgimento e l'arretramento successivamente lì verificatisi.

Della situazione libica prima e dopo il Colonialismo parleremo in questa intervista, nonché della trama di rapporti non sempre limpida tra l'Italia, Gheddafi e gli Stati occidentali che hanno sporcato d'inchiostro pagine di Storia rimaste ancora insolute. A illustrarci l'argomento e’ lo scrittore Charles Vas, esperto di politica internazionale e cacciatore di misteri.

Charles, perché la storia della Libia l'appassiona tanto ?

“Perché ci sono stato e nonostante per un breve periodo, posso dire di averla conosciuta.”

Perchè la Libia, andando oltre le sue motivazioni personali, fa ancora discutere?

“La Storia della Libia e’ legata alla storia del colonialismo italiano che ha lasciato una traccia importante nella memoria collettiva del nostro Paese.”

A quando risale il Colonialismo italiano in Libia? Molti lo legano al periodo fascista, ma è antecedente.

“Sì. Il Colonialismo italiano è strettamente connesso con l'Unificazione del nostro Paese. A seguito del quale l'Italia ha sentito la necessità di entrare in competizione con le grandi potenze coloniali europee. L'Inghilterra possedeva l'Egitto e la Francia l'Algeria.”

Prima che l'Italia la colonizzasse, quale aspetto aveva la Libia?

“Innanzitutto non era un unico Stato. Era divisa in due. Da un lato c'era la Cirenaica con capitale Bengasi e dall'altro la Tripolitania con capitale Tripoli. Prima che arrivasse l'Italia, lì non c’era nulla. Il territorio era desertico e inospitale e la popolazione ancora a un livello di nomadismo. All'Italia il merito di avere unificato i due territori in un'unica nazione che ha chiamato Libia.”

Quale politico italiano se ne occupò all'epoca?

“Alla fine dell'Ottocento la politica italiana era gestita dalla Massoneria di allora, sicuramente molto diversa da quella attuale. Il politico di spicco era Crispi che aveva favorito la Spedizione dei Mille. Crispi ha lasciato una forte impronta positiva accolta dal Fascismo in quanto considerato un patriota, un sovranista diremmo oggi, con un alto ideale di Patria. Tant'e' vero che durante il Fascismo si esaltava nelle scuole la figura di Crispi e si metteva in cattiva luce quella di Giolitti.”

Nonostante, come ben sappiamo, Mussolini abbia combattuto Mafia e Massoneria.

“Crispi è legato alla nascita della nazione Italia e per Mussolini andava esaltato. In più fu colui che avviò il Colonialismo italiano in Libia.”

Cosa significava all'epoca avere una colonia?

“Sia a fine Ottocento che durante il Fascismo possedere una colonia significava avere terra in più. Allora il petrolio ancora non esisteva e con l'arrivo del petrolio è cambiato tutto.”

Colonizzare significava avere a disposizione più terre da far fruttare in termini di costruttività. È cosi'?

“Esattamente. Partirono a fine Ottocento circa 15000 italiani con il nobile proposito di civilizzare quel popolo che non aveva niente. Ne'scuole, ne' strade, ne' ospedali. Gli Italiani hanno insegnato tutto ai Libici, in primis a vivere.”

Tant'è vero che in Libia parallelamente all'arabo si incominciò a usare l’italiano.

“Si’. La Libia è stata fatta dall'Italia e nel 1935 si è continuato a costruire portando avanti le grandi opere come l'edificazione di ospedali, la costruzione di acquedotti e altro. Tutto questo sempre prima che arrivasse l'era del petrolio.”

Dopo la colonizzazione della Libia giunse quella dell'Eritrea e della Somalia.

“Esatto. L'Italia provò ad espandersi ma con esiti non così felici come quello della colonizzazione libica. In Somalia ci furono scontri e morti.”

Poi, terminata la Seconda Guerra Mondiale, che accadde?

“Accadde che l'Italia, avendo perso la guerra, dovette rinunciare alle sue colonie così come alla sua proprietà di oro che finì nelle casse della banca di Londra.”

Quali le conseguenze della perdita delle colonie?

“La conseguenza forse peggiore fu il rimpatrio forzato in Italia degli Italiani nati in Libia, molti dei quali neri di colore che la Libia rifiutò di mantenere. Senza la spinta verso il progresso esercitata dall'Italia, in Libia si ritornò a quella condizione di arretratezza iniziale con l'instaurazione di una monarchia. Con Idris il petrolio che intanto era stato scoperto scavando allo scopo di costruire, venne ceduto a Inglesi, Francesi e Americani. Questa situazione resse fino al 1969 quando subentrò Gheddafi.”

Con Gheddafi si cercò di recuperare i rapporti con l'Italia.

“Gheddafi chiamo’ in patria le grandi imprese italiane. Pertanto era ben visto da Andreotti e Craxi.”

A Craxi è legato l'episodio di Ustica che ancora fa discutere.

“È stato un avvenimento sicuramente importante per quelli che erano gli equilibri tra le potenze internazionali di allora. “

Esattamente, cosa accadde? Lo vogliamo ricordare?

“Gheddafi si trovava a Belgrado a giocare a scacchi con Tito. I Francesi erano ad aspettarlo al ritorno con gli aerei caccia per ucciderlo. Craxi che intanto era stato allertato dai servizi segreti, avviso’ Gheddafi il quale rimando' la partenza all'indomani. L'aereo partì con a bordo il solo pilota e venne colpito dai Francesi. Il giorno dopo il dittatore lasciò Belgrado con un volo di linea slavo.”

Questo con Craxi che portò alla ribalta della scena politica italiana Berlusconi il quale però, non seguì le orme del suo predecessore in materia di politica estera.

“Esattamente. Berlusconi ha anteposto alla politica gli interessi delle sue aziende, da buon imprenditore qual è. Pertanto acconsentì al bombardamento della Libia e di Gheddafi dalle basi militari americane che erano state costruite in Italia negli anni Cinquanta.”

Cosa che Craxi come lei Charles sottolinea, non avrebbe mai consentito.

“Berlusconi non se la senti’ di opporsi a Sarkozy sul quale Gheddafi avrebbe fatto delle rivelazioni importanti.”

Chi era esattamente Gheddafi?

“Era un berbero entrato nell'accademia militare a seguito del bombardamento del suo villaggio operato dagli Usa, in cui perse la vita sua sorella. La figlia che tuttora vive in Svizzera, da avvocato curò la difesa di Saddam Hussein. Il figlio vive in una località segreta dell'Africa e pare voglia ripristinare, sostenuto da una buona cerchia di fedelissimi del padre, il regime di Gheddafi. A costui si deve il merito di aver scritto, sullo stesso modello del libro rosso di Mao, il libro verde composto di 17 capitoli in cui spiega come doveva essere strutturato il Parlamento.”

Veniamo ora alla questione migranti e al provvedimento emesso da Minniti e da molti contestato. Cosa mi dice a riguardo?

“Minniti a mio avviso è stato l'unico che ha deciso di affrontare seriamente la questione sbarchi e con determinazione, convocando in Parlamento i rappresentanti delle tribù libiche allo scopo di bloccare dietro compenso concordato, il flusso degli sbarchi. Caduto il Governo, è caduto anche questo provvedimento.”

Quale politica ha pensato di adottare invece Salvini?

“Salvini ha pensato di risolvere la questione eliminando i compensi e aprendo la strada della guerra, facendo saltare ogni compromesso. I risultati sono stati nulli.”

Purtroppo oggi manca quella politica diplomatica che invece nei decenni passati ha caratterizzato i nostri rappresentanti. Oggi esiste la politica dei compromessi esercitata sulla base di interessi personali e imbastita su una cultura denigratoria di quelli che allora erano considerati grandi ideali, come ad esempio La patria e la Fede. Oggi si ragiona in termini esclusivamente di denaro e di potere. Ritornado sull'argomento, nel 2010 è accaduto un fatto importante che ha di poco anticipato la fine di Gheddafi. L'ha anticipata e altresì preparata. Vuole ricordarci l'episodio?

“Nel 2010 Gheddafi venne a Roma e si stabilì in una tenda davanti al Parlamento, chiedendo all'Italia di collaborare alla costruzione in Libia della più lunga autostrada al mondo costiera e di altre opere come ospedali, scuole ecc... il Governo Berlusconi di fatto non volle ascoltare per non entrare in conflitto col Patto Atlantico. In più autorizzò, come prima detto, il bombardamento dalle basi militari già esistenti. Se Berlusconi avesse rifiutato di parteggiare per Sarkosy, probabilmente Gheddafi sarebbe ancora operativo in Libia e gli sbarchi da noi non avverrebbero.”

 

Purtroppo la Storia non la si costruisce con le supposizioni o basandosi sui se. È però altresì vero che basta un solo ingranaggio a far saltare l'intera catena di avvenimenti, catapultando uno o più Stati in.un quadro reale tragico. Gli effetti di una politica internazionale condotta in modo sbagliato purtroppo li subiremo e ancora a lungo. L'insegnamento da tramandare è che è impossibile servire lo Stato e concordemente inseguire gli interessi personali. Le due intenzioni necessariamente confliggono. Un tempo c'era Berlusconi a governarci e a non saperci rappresentare equamente, oggi ci sono coloro che hanno a cuore le proprie quote di partecipazione nelle banche. Altri ne verranno e animati tutti dall'esigenza di conservarsi e tutelarsi. La questione Italia andrebbe indagata nella sua complessità senza tralasciare che il Belpaese come un tempo lo era la Yugoslavia, è un agglomerato di particolarismi storici e geografici in cui è assente il senso della comunità e imperante è l'individualismo. Dai feudi, alle signorie alle più recenti baronie, fino ad arrivare ad oggi.

Tante sono le considerazioni partorite da questa brillante analisi che partendo dalla Libia, si è poi poi concentrata sulla politica della nostra Italia. Alcune le abbiamo esposte, altre solo accennate con l'augurio che in ciascuno di voi lettori possano dare luogo a diverse mature riflessioni. Il mio più vivo ringraziamento allo scrittore Charles Vas per averci accordato la sua disponibilità all'intervista. A lui e ai suoi progetti futuri i migliori auguri da parte mia e della Redazione.

 

Ippolita Sicoli
Ippolita Sicoli
Ti potrebbero interessare anche:
home-2-ads-fsp-cca-001