Nasciamo grandi e ci pieghiamo poi alla vita. C'incurviamo per aprirci ed estenderci e ci flettiamo per riavvolgerci e contenere, prima di perdere tutto alla fine del viaggio. La curva è il ventre e la curva è improvvisa via di fuga. È la sorpresa del destino che vuole la partita vinta su tutto e ci sprona a sfidarlo.
Siamo macchine con un'anima e il pensiero nel cuore, che salgono e scendono alla ricerca di un senso a tutto questo. Quando basterebbe soltanto fermarsi a riflettere su chi siamo quando nasciamo, un grumo di stelle che si china sulla terra. Siamo grandi e invisibili nella notte che splende e illumina il cielo. Da qui ci caliamo piccoli nel fiotto delle cose, nel flusso della vita che ci governa e ci anima. Allora la vita cos'è se non manifestazione dell'Essere che ci conduce? E noi chi saremmo se non individui in cerca di un ruolo in cui essere completi, e madri e padri contemporaneamente? È delle anime compiute abbracciare la totalità conquistabile da chi si fa piccolo ed entra in tutte le cose. Perché il senso non è nel possedere ma nel penetrare nel cuore del tutto. Farsi piccoli per ritrovarsi grandi.
E mi rendo piccolo
Mi metto in piedi
per raggiungerti e
m'inginocchio per accoglierti.
Mi rendo piccolo
per entrare in te
e grande per contenerti.
Madre, tu sei la vita
e la via in me hai tracciato.
Non è una retta, non è una curva.
È un castello magico
dove si entra e si esce
e siamo in due,
tanti mai troppi
che s'incrociano
nella vastità dei mondi,
dopo strade e viaggi,
per ritrovarsi. Per abbracciarsi.
Ippolita Sicoli