Sull’archetipo della μετάνοια (metanoia)
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Ven, Apr

Sull’archetipo della μετάνοια (metanoia)

Il senso della vita
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Sull’archetipo della μετάνοια (metanoia)
Sull’archetipo della μετάνοια (metanoia)

 

L’autore riflette sul tempo del Coronavirus, muovendo dalle categorie junghiane di inconscio collettivo, eone, archetipo e presenta l’ipotesi di una trasformazione psichica collettiva e individuale basata sull’archetipo di un radicale rovesciamento dello spillover che ha generato la nascita e propagazione del Coronavirus. Una μετάνοια appare possibile solo attraverso un’apertura radicale al principium individuationis. La tragica esperienza della precarietà dei vaccini e di una diffusa morte dissacrata esige, verosimilmente, una più profonda considerazione della pulsione di morte e del sacrificio. Virus e malattie sono forse inevitabili, ma una μετάνοια potrebbe aiutare a comprendere il simbolismo del Male e a trascendere l’angoscia che ne adombra la radice profondamente umana.

Sommario

Partendo dal concetto junghiano di inconscio collettivo, αιών, archetipo, l'autore si concentra sul tempo del Coronavirus e mostra l'ipotesi di una trasformazione psichica collettiva e individuale, basata sulla trasformazione archetipica dello spillover, che diventa visibile attraverso la fonte pandemica e la propagazione del Coronavirus. Un μετάνοια sembra l'unico modo di vivere verso la vera apertura al principium individuationis. La complessa esperienza dei problemi legati all'uso dei primi vaccini necessita forse di una riflessione più approfondita su Todestrieb e sul sacrificio. Virus e malattia sono grosso modo inevitabili, ma un μετάνοια può aiutare tutti noi sulla via della comprensione della realtà simbolica del Male. Così possiamo trascendere l'ansia che è una grande ombra che mantiene vive le radici più profonde della condizione umana.

Parole-chiave

archetipo, μετάνοια, Coronavirus, principium individuationis, αιών, Zodiac, pulsione di morte, spillover

Parole chiave

Archetipo, Coronavirus, Principium individuationis, Zodiac, Todestrieb, spillover


Il tempo amaro della diffusione del Covid stimola una riflessione intorno a segni, metafore, simboli e sul rapporto tra individuo, comunità e società, a partire dal sapere psichico, che è inscindibile, in linea di principio, dal riconoscimento dell’istinto di vita e dell’istinto di morte, nella dimensione soggettiva e nella dimensione collettiva. Supporre l’esistenza di un istinto di vita e di un istinto di morte non deve sembrare, sia subito detto, un pensiero superfluo. All’opposto è un contenuto da sottolineare, se è vero- ed è purtroppo vero- che nell’ambito della psicologia contemporanea alcuni neocognitivisti e neocomportamentisti hanno da qualche anno affermato che la nozione di istinto di morte sarebbe estranea all’apparato di base della psicologia contemporanea. Basterebbe considerare il dato fenomenico dell’apoptòsi : la morte cellulare programmata, naturale, che opera all’interno del sangue. E la morte di una parte delle cellule garantisce la sussistenza e continuità della nostra vita.

Sul piano psichico la questione si fa subito più complessa per il fatto che ipotizzare l’istinto di morte coesiste con la difficoltà di immaginare la nostra morte. Per tale motivo la prerogativa che si riconosce ad ogni istinto- la perentoria forza dell’istinto stesso, inteso come una risorsa umana secundum naturam – si articola come una funzione legata al carattere ultimativo della morte: evento capitale, pensabile a tutta prima quasi esclusivamente per via di proiezione o di differimento. Ci troviamo, così, a fronteggiare un paradossale a priori: la morte, eccezion fatta per esperienze traumatiche, si attesta e qualifica come forma spiccatamente interiore, connessa con l’immaginazione. E ancora : sappiamo che la morte esiste, dentro e fuori di noi, ma siamo inclini a spostarla. Ci limitiamo a immaginarla.

Si apre, a tale riguardo, lo spazio per una constatazione storica sul ruolo che l’immaginazione riveste nel sapere umanistico e scientifico. Il reale non è accostabile, se non si riconosce il valore fondante dell’immaginazione.

Tutto quel che il mondo ha esperito dall’autunno 2020, con l’esordio e la letale diffusione del Coronavirus, implica la presa in esame dell’interazione tra immaginazione, pensiero, sentimento, sensazione, ideazione. Sulla fase nascente del Covid si è registrata un’oscillazione tra la conoscenza dei fatti riguardanti il laboratorio cinese di Wuhan e congetture più o meno allarmiste intorno allo spillover, la tracimazione, l’esondazione del virus dagli animali, in particolare dai pipistrelli, all’uomo. Spillover è anche il titolo di un libro di David Quammen, uscito nel 2014 e tradotto in Italia da Adelphi nel 2017, accanto al quale vanno segnalati La lezione della pandemia. Perché non eravamo pronti, Adelphi, 2021, Mark Honigsbaum, Pandemie. Dalla spagnola al Covid 19.Un secolo di terrore e di ignoranza,ed. le Scienze, 2021 e gli articoli “ Il caos immunitario di Covid 19” di Akiko Iwasaki e Patrick Wong, nel mensile Le Scienze, 80, 2021, p. 36-43; “La diplomazia dei vaccini” di Thomas J. Bolliky, e “Verso la vaccinazione dei ragazzi” in Internazionale, 1405, 2021, di Helen Thomson, p. 38 e 94.

Peste, colera, tifo, vaiolo, tubercolosi, poliomielite, ebola, Aids, Sars II : ecco la sequela di mali secolari che hanno ucciso milioni di persone.

Quei mali hanno avuto ed hanno precisa configurazione : sono stati un’irruzione mirata a luoghi somatici, hanno portato morte, alterazioni dello stato di salute o lasciato, nel miglior dei casi, esiti pesanti. Hanno richiesto vaccinazioni, hanno prodotto immunità, per lo più a medio termine.
Hanno generato stati d’angoscia, limitazioni dell’attività lavorativa, crisi economiche, logorìo di rapporti, E, tuttavia, anche nuove forme ideative, comparazioni storiche. Qui preme ribadire che l’avvento del Coronavirus ha modificato menti e corpi in singoli, nazioni, Stati; che ha mutato abitudini antropiche ; che ha innestato una prospettiva di profilassi e terapia, mai circoscrivibile, una prospettiva radicata nella consapevolezza del limite, dell’urgenza di una conversione.

L’uso della categoria della conversione non riguarda la metafisica, né lo spiritualismo, ma l’antropologia, la filosofia greca, la storia delle religioni, la Tiefenpsychologie, la psicologia del profondo. La drammatica realtà del Coronavirus esige una μετάνοια, un capovolgimento, una trasformazione totale, addirittura una metamorfosi, visto che all’origine il virus derivante dai pipistrelli presenta appunto un salto radicale dall’animale all’uomo.

Il mutamento in atto in tutto il mondo richiama il concetto di archetipo ( αρχή= origine, τύπος, modello ), formulato da Carl Gustav Jung ( 1875-1961 ) all’inizio del Novecento, per indicare l’emergere, nella realtà esterna e interna all’individuo, di un mutamento assolutamente imprevisto, non iscrivibile nel principio di causalità, riconducibile alla natura e alla storia, all’attingere una nuova origine. L’affiorare dell’ignoto, in parte simile al manifestarsi della psiche inconscia, si produce sia nella psiche, sia nella materia. Sovrasta la capacità di previsione e comprensione del singolo. È un’irruzione ( ma chi, come me, ha familiarità con il Vesuvio, potrebbe anche usare in modo analogico l’esempio paradigmatico di un’eruzione ), che impone una conversione.

Una prima conversione ci è ben chiara : clausura, distanziamento, mascherine, limitazioni e divieti ad uscire, circolare, lavorare nelle forme consuete. Una seconda conversione è comprensibile, ma non generalizzabile. La definirei introversione indotta, qualcosa di estremo, un processo privo di complicazioni solo per chi ha inclinazione ed esperienza in materia di introversione.

Un processo problematico, quasi enigmatico. Un livello critico, comunque, il cui spessore richiama la carenza di creatività nella società globale, basata su materialismo, negazionismo, distruttività e autodistruttività, per non dire delle nuove forme di manicheismo, la scissione più pericolosa in assoluto.

Bene e Male sono entità che non possono essere relativizzate. La natura le ospita in forma, per così dire, neutrale. L’umanità, al contrario, non è indifferente. Sa che il Coronavirus è un male oggettivo, che può indurre l’umanità, solo in parte consapevole della propria aggressione all’ambiente e della cieca relazione con gli animali- le cui funzioni vengono ora in parte trasferite ai robot- a ritenere che la produzione di vaccini, ridotti a prodotto multinazionale di mercato, sia l’unico antidoto possibile. Né si può dimenticare, peraltro, che la plurisecolare usanza dei vaccini – non tutti prodotti con le cautele necessarie- preveda come immancabili, morti e ulteriori malattie nei soggetti di ogni età vaccinati. La più preoccupante forma di degradazione al riguardo riguarda, tuttavia, non la complessa realtà dell’ideazione, preparazione, diffusione, erogazione dei vaccini, che per studiosi disinteressati potrebbe forse esser materia di riflessione comparata sul legame storicamente esistente tra allopatìa e omeopatìa, ma la divulgazione dei dati inerenti l’andamento del Coronavirus : il numero dei contagiati, dei ricoverati, dei sottoposti a terapia intensiva, dei guariti, dei morti. Una secca riduzione a numero, culminante nell’alto numero quotidiano di morti, ‘liquidati’ con commenti sporadici come anziani, portatori di pesanti patologie pregresse. Solo dopo un anno e mezzo in Italia, a fronte del sacrificio e dell’abnegazione di medici e infermieri, si inizia ad ammettere che molti pazienti son morti in solitudine e, soprattutto, senza una stima adeguata dei livelli linfocitari in ambito ematologico. Sono occorsi 20 mesi per innestare una corrente prassi farmaceutica erogante il test sierologico, rivelatore dello stato degli anticorpi, e il tampone molecolare. Per non dire della carente previsione di cura domiciliare, su cui oggi il Ministero della Sanità opportunamente focalizza l’attenzione per rilanciare l’alta qualità del sistema sanitario italiano.

Il Novecento- secolo breve per il compianto storico Eric J. Hobsbawm- è stato il secolo della epidemia di spagnola, del vaiolo, della tubercolosi, del tifo, del morbillo, della poliomielite, del colera, dell’Aids, altra faccia del gas nervino, dei Lager, dei gulag, della bomba atomica, della malavita organizzata ‘stragista’, delle stragi operate da settori separati dei servizi segreti statali, dell’abuso di energia nucleare, dell’uso di uranio arricchito, del buco di ozono nell’atmosfera, forme, per così dire, varianti, della pena di morte.

L’esordio del Duemila con la Sars 2 e il Coronavirus obbliga a riflettere sulla centralità della dimensione aerea, del respiro, del soffio, dominante nel sintomo pandemico, e colpevolmente scisso, a livello di profilassi, rispetto all’ozono, praticabile come rimedio preventivo e curativo.

La svolta insita nel primo Ventennio del Duemila potrebbe orientarci a ricorrere al pensiero di Jung, per quanto riguarda la radice astrologica dei dinamismi proiettivi e introiettivi. Entro l’ipotesi dell’inconscio collettivo, postulata in assetto epistemico definitivo ne Il concetto di inconscio collettivo, 1936, saggio che ho avuto l’onore di tradurre in italiano, edito nel vol.omonimo della Biblioteca Boringhieri, 1978, poi Bollati Boringhieri, e in Opere di Jung, 9,1, da me curata con Luigi Aurigemma dal 1977 al 1982 e dal 1992 al 1997- Jung iscrisse una congettura riguardante la scansione psichica collettiva del simbolismo applicato alla storia di lunga durata.

In termini semplici ricordiamo che Jung era non solo uno psichiatra analista, ma anche un buon conoscitore di astrologia. Egli riteneva che nello Zodiaco l’umanità abbia proiettato dall’origine dei tempi i propri pensieri e sentimenti fatti di paura e desiderio intorno a nascita e morte, buona salute e malattìe. Lo Zodiaco è un arco simbolico che raffigura nel cielo la vita terrena, il prima, il dopo. È paragonabile a un calendario di immensa portata. Il suo tempo è la lunga durata, scandita dagli eoni ( da αιών = αεί ών, che dura sempre )- unità grosso modo bimillenarie.

In tale quadro il passaggio dall’Era dei Pesci a quella dell’Acquario ( l’originaria progressione dei segni dello Zodiaco era l’inverso dell’ordine attuale ) disvelerebbe il superamento dell’era di Cristo, emblema del sacrificio filiale al Padre, in direzione di un mutamento radicale al vertice del sistema simbolico. Cristo contrassegna l’Era dei Pesci. Il termine greco ιχθύς è un acronimo che, tradotto, si scioglie così : ‘Gesù Cristo di Dio figlio Salvatore’. Il simbolismo zodiacale non coincide con la teologia. Pertanto non è eterno. Si manifesta, si affievolisce, scompare, rinasce. La scomparsa di Cristo rispetto alla successione zodiacale avviene, come si deduce dall’icona dell’Acquario, in conformità al gesto con cui la figura androgina acquariana versa l’acqua ( e dissemina il sangue sacrificale ) e sancisce il passaggio al dominio dell’aria, che va connessa con ruah , ebraico= spirito, soffio, vento, respiro, con inclusione del concetto di Spirito Santo e di una dimensione profetica ad esso legata.

Le vicissitudini del contagio aereo – bollicine salivari, respiro- ci confrontano con il rischio di contagio e morte a fronte del soffio vitale.

Non basta. Tale dato corporeo, per sé sintomatico, compendia il dinamismo del simbolo, perpetuando il lato ombroso e diabolico (in senso etimologico, διάβολος,ον) nell’avvicendamento simbolico. Ecco l’integrazione del quarto elemento rispetto alla triade costituita da Padre, Figlio, Spirito Santo: il Femminile, scisso e proiettato sul versante del Male.

La dimensione determinante in tale campo di forze sembra costituita dall’assunzione d’una capacità elaborativa individuale, la stessa minacciata a morte dalla pandemia e dalla gestione collettiva di essa. Ciò pone senza dubbio in primo piano l’urgenza di maturazione soggettiva e intersoggettiva, ma richiama un dinamismo psichico profondo che dal pensiero greco e latino è giunto a Schopenhauer e Jung : il principio di individuazione, il principium individuationis , una risorsa istintiva propria della specie umana ed estesa alle menti di Linneo, Mendel, Darwin, Mendeleev.

Individuarsi è diventar sempre piú se stessi. Ciò confina non solo con l’etica della responsabilità – che in E. Jünger include il ribelle-, ma con il trascender l’essere e assumere il divenire, sino a concepire il divenire insito nel morire. Paul Ricoeur intitolò significativamente Altrimenti il saggio dedicato ad Emmanuel Lévinas ( una lettura di Altrimenti che essere o al di là dell’essenza, 1997). George Steiner affermò : “La morte vuole morire”. Sigmund Freud ( 1856-1939 ), fondatore della psicoanalisi, aveva dedotto da Sabina Spielrein, paziente legata a Jung, il concetto di TodesTrieb, pulsione di morte ( Freud, Spielrein, Lévinas, Steiner : quattro identità ebraiche ). Jung, fondatore della psicologia analitica, teorizzò una creatio continua.

Di essa, in tempo di pandemia, abbiamo bisogno, un secolo dopo l’ideazione kafkiana secondo cui Gregor Samsa si svegliò una mattina scarafaggio ( Es war kein Traum, Non era un sogno , leggiamo all’inizio di Die Verwandlung, La metamorfosi ). Quella prossimità dell’ebreo Kafka al dilagare del nazifascismo e ai Lager appare oggi un attribuito del profetico soffio della ruah.

Alla pandemia – insidia allucinatoria che angoscia tutti per l’incombenza di una morte collettiva, dissacrata- speriamo opporre la laica grazia archetipica della μετάνοια, della conversione.

Consideravo concluso il presente scritto, quando tre fatti, salienti nella loro elementare verità, mi hanno indotto ad aggiungere i pensieri che di seguito esprimo, per integrare la legittimità della riflessione. Il primo: il mattino dopo la stesura ultima, rispondendo all’autorevole germanista ebrea italiana Roberta Ascarelli, presidente dell’Associazione ‘ayn-t Studi ebraico-tedeschi’, che mi proponeva amicizia in Facebook, ho deciso di nviare il testo, per approfondire la ricerca riguardante la complessità di ruah, spirito, soffio… Il secondo : ho ricevuto poco dopo da un mio caro amico, epidemiologo, poeta, studioso della cultura ebraica, notizia di una sincope di persona a lui intima, salvata per prontezza d’intervento dell’amico e dei medici. La donna era stata colpita dal Covid 2 mesi prima.

L’ultimo è il mio sogno che qui in breve descrivo : avevo terminato i lavori di un Convegno internazionale tenutosi nel Castel dell’Ovo di Napoli, sentivo di non aver salutato a fondo alcune persone, soprattutto Gustav Dreifuss, collega ebreo, nato a Zurigo, poi trasferitosi a Haifa, a me molto caro, morto tre anni fa quasi centenario. Ero giunto quasi all’Hotel Royal, ove l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici ospitò i relatori del mio convegno ‘Psicoterapia nei Paesi del mediterraneo’, 1999, tra i quali era Gustav Dreifuss, quando decidevo di tornare al Castel dell’Ovo. Con gran trasalimento sapevo di voler cercare anche due giocatori della Macedonia, Pandev ed Elmas, il primo già nel Napoli Calcio un decennio fa, il secondo attuale giocatore del Napoli, che avevano realizzato- ho appreso la sera prima del sogno – l’imprevista vittoria della Macedonia in Germania in una partita di qualificazione ai prossimi mondiali. Giunto nel Castel dell’Ovo, una scena sorprendente: traccia alcuna delle persone cercate, l’interno divenuto Centro Covid, con tanti ricoverati, quasi tutti donne. E una donna in abito lungo, una palestinese, si affrettava ad uscire. Ero allibito ed uscivo dal Castello verso il Royal, deciso a telefonare ad Haifa a Gustav Dreifuss. Ultima scena : una donna sconosciuta, in una stanza del Castel dell’Ovo, mi consegna un foglio da disegno ‘cartonato’, invitandomi a leggere. Leggo dei versi, provando uno stato d’animo particolare. Nel leggerli a voce alta, procedo provando la stessa sensazione di immersione avvertita da me nello studiar da tenore: lo spartito musicale s’imprime nel canto lirico travalicando la pura lettura. Nel sogno i versi sono stati concepiti e scritti da un’altra, presente. Eppure li leggo con l’adesione istintiva di chi li riconosca a priori. E mi commuovo. In un preciso passaggio, rivolto alla donna, dico : “Ecco, qui sei nata! “.

Il sogno sembra, in definitiva, esprimere nel divenir della trama e nell’ambientazione nel Castel dell’Ovo, oltre che nella contiguità al tema del re, una vicinanza alla μετάνοια e alla radicale diversità di essa rispetto all’intenzionalità, prerogativa dell’affinità con la rifondazione originale del reale, propria dell’archetipo.


Antonio Vitolo, 1945, analista docente CIPA/IAAP dal 2018.

Didatta AIPA/IAAP 1977-2017. Resp. training analitico, AIPA,1992-5.PresidenteAIPA,2006-2010.GiàDocenteIPAP, ForoOlivettiIvrea.Giàprof.acontrattoLaSapienza, Psicologia, Sc.di Spec., 1990-2005; Unina2, Psicologia, catt., 1996-2003. Lez. univ. Roma, Napoli, Firenze, Bologna, Salerno, Sassari, Cesena. 325 conf in Italia e all’estero ( Acc. dei Lincei, Palazzo Serra di Cassano, Scuola Normale Superiore, Pisa, I.U.O., Napoli, S. Orsola, Napoli, Pal.delle Stelline, Milano, Pal. Vecchio, Firenze, Fond. Volpi, Venezia, Maschio Angioino, Napoli, Castel dell’Ovo, Napoli, Sala Vasari Napoli, Pal. Carignano, Torino, Pal. Ducale Genova, Goethe Inst., Roma, I.St. Germ., Roma, Ist. Austriaco di Cultura, Roma, Ist. Svizzero di Cultura, Roma, Inst. de Grénoble, Napoli, Maison de la Culture Française, Tunis, Fondazione Eranos Ascona, Congr..Int. IAAP Berlino, Tunisi, Rio de Janeiro, Royaumont, Montreal, Trieste, Kyoto, Sala Bauhaus, Ascona ). 20 Conv. Naz. e Intern. ideati e tenuti in IISF, Pal. Serra di Cassano, Napoli. Lezioni per invito nelle Università di Napoli, Roma, Firenze, Sassari, Cesena. 570 ore di Seminari teorico-clinici. 122 art.dal 1975. Con L. Aurigemma, cura delle ‘Opere’ di C. G. Jung nella Biblioteca Boringhieri, 1977-1995. Trad.di C.G. Jung, ‘The Concept of Collective Unconscious’, ‘Über Wiedergeburt’ in Opere, 9, 1. Art in ‘Rivista di Psicologia Analitica’, ‘Giornale Storico di Psicologia Dinamica’, ‘Interazioni’, ‘Eumeswil’, ‘AION‘,’Cultura Tedesca‘ ,’Links, ‘St.Germanici.‘,’Hesse Jahrbücher’. Trad. di Lettere tra S. Freud e S. Spielrein, in A. Carotenuto, Diario di una segreta simmetria, Astrolabio, 1980; C.G.Jung, Il concetto di inconscio collettivo, Biblioteca Boringhieri, 1978 e C.G. Jung, Opere, 9,1, Torino; Sul rinascere, con Lisa Baruffi, Biblioteca Boringhieri, Torino, 1978 e C.G. Jung, 9,1. E. Neumann, Die Große Mutter, La Grande Madre, Astrolabio, 1980; C.G. Jung, Esperienza e mistero.101 Lettere, con M.A. Massimello, Bollati Boringhieri, Torino, 1982 e M.L.von Franz, Psyche und Materie, Psiche e Materia, con introduzione, Bollati Boringhier, 1992. Dir. ‘Studi Junghiani’, FrancoAngeli, 2006-2010. Fond. e Dir. ‘Tempo d’Analisi.Paradigmi junghiani comparati’, Aracne, 2012. Case ed. : FrancoAngeli, Aracne, Astrolabio, Bollati Boringhieri, Bompiani, Bonanno, Borla, Bruno Mondadori, Cortina, EDB, Eranos Foundation, ETS, Fondazione Italiana G. Treccani, Garzanti, Giuntina, Guerini e ass., Il Pensiero Scientifico, Il Saggiatore- Flammarion, Ist. St. Germanici, Roma, I.U.O. Napoli, La Nuova Italia, Laterza, Liguori, Magi, manifestolibri, Manni, Marsilio, Moretti e Vitali, Niemeyer, Pàtron, Uniromatrepress, UTET, Vivarium. Coll. Rai 1,2,3. Coll. Il Mattino, Prima Pagina e Cultura, 1986-2014 ( dimissioni ).
2 libri psicoanalitici d’autore : Un esilio impossibile. Neumann tra Freud e Jung, Borla, 1990; Le psicoterapie, 1997, Il Saggiatore-Flanmmarion.
3 libri a cura: Radici della cura laica, Borla 1997; Nascita, morte, trasformazione, Borla, 2002; Menti eminenti in sogno, Magi, 2007. L’aurora del lupo (poesie), Manni 2000 . L’@nticamera del cervello ( poesie), Oèdipus 2020.
Alcuni scritti in inglese, francese, tedesco, portoghese, giapponese.

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