M5S, sgomento vertici per Grillo indagato: "Brutta grana, non ci voleva..."
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M5S, sgomento vertici per Grillo indagato: "Brutta grana, non ci voleva..."

Politica
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Sgomento e sconforto. E tanta, tanta preoccupazione. La notizia di Beppe Grillo indagato dalla Procura di Milano con l'accusa di traffico di influenze illecite piomba come un macigno sui gruppi parlamentari M5S, già tesi per la partita del Quirinale giunta ormai al fischio di inizio. La notizia rimbalza sugli smartphone, si rincorre tra

Camera e Senato dove in molti temono ripercussioni. Sul futuro del Movimento, in calo di consensi, ma anche sul dossier Colle. Perché il timore è che le fibrillazioni dei gruppi parlamentari possano implodere la settimana prossima, quando l'elezione del nuovo inquilino del Quirinale entrerà nel vivo. Con possibili conseguenze - se il nome di Mario Draghi dovesse avanzare - anche sulla tenuta del governo e sul futuro della legislatura.  

In molti, nei giorni scorsi, confidavano in un intervento di Beppe Grillo, silente sul Quirinale coi suoi, nel caso in cui le cose si fossero complicate per i 5 Stelle e per Giuseppe Conte. Anche per questo l'inchiesta che lo vede coinvolto preoccupa le file di deputati e senatori, ma terremota anche i vertici pentastellati: "una brutta grana, non ci voleva", lo sfogo ai piani alti del M5S. Dove, al momento, quasi tutti tacciono sulla vicenda. In pochi commentano anche tra deputati e senatori. Stasera non mancherà di spendere una parola di conforto per Beppe Grillo un 'big' ma ormai ex 5 Stelle: Alessandro Di Battista, ospite di Giovanni Floris a 'Di Martedì'. 

"Noi membri Commissione trasporti su questo tema abbiamo sempre adottato una linea dura, e non abbiamo subito alcun tipo di pressioni. Quando c'era da essere critici nei confronti dell'azione di 'Moby', lo siamo stati. Con Grillo non abbiamo mai parlato di emendamenti e da lui non è arrivata nessuna richiesta", risponde all'Adnkronos la deputata Mirella Liuzzi, già sottosegretaria allo Sviluppo economico nel secondo governo Conte. 

Bernardo Marino, anche lui componente della Trasporti, si dice "interdetto" e "basito" nell'apprendere dell'indagine a carico di Grillo. E aggiunge: "Sono titolare di una proposta di legge per la continuità territoriale da e per la Sardegna, fatta apposta per evitare che Onorato avesse il monopolio su quelle rotte. Non ho mai ricevuto sollecitazioni di alcun tipo, la mia proposta di legge probabilmente non andava molto giù a Moby... Mi limito a dire questo: ho sempre proceduto in completa autonomia. Detto ciò, spero ci siano chiarimenti al più presto".  

L'ex tesoriere del gruppo M5S Camera Francesco Silvestri, tra i firmatari della proposta di legge 5 Stelle sulla regolamentazione dell'attività di lobbying, si limita a rispondere: "Grillo non è un decisore pubblico, non c'entra con la nostra legge, questa non è una questione che interessa la nostra pdl". Intanto sale la tensione nei gruppi parlamentari di Senato e Camera. In particolare a Palazzo Madama, dove oggi, alle 18, era in programma un'assemblea di gruppo per affrontare il nodo della comunicazione, ma l'incontro alla fine è stato rinviato a domani. 

In vista del voto sul Colle i pentastellati devono fare i conti anche con una nuova defezione, quella della senatrice Elvira Evangelista che questa mattina ha annunciato il suo addio al gruppo M5S. "Per ora entrerò nel gruppo Misto, non iscritta ad alcuna componente, ma avvierò delle interlocuzioni perché la mia prospettiva non è quella di rimanere da sola. Con il gruppo si era chiuso ogni rapporto di fiducia, per tanti motivi. In questo momento regna una situazione di caos interno che per me è inaccettabile", ha spiegato all'Adnkronos la parlamentare motivando la sua decisione. E sul Capo dello Stato, ha aggiunto, "voterò in scienza e coscienza, non avendo più diktat di partito". 

Nuove grane, dunque, per il leader del Movimento Giuseppe Conte, che domani vedrà il segretario Pd Enrico Letta e il leader di Leu Roberto Speranza per fare il punto sul dossier Quirinale. Nell'ultima 'cabina di regia' M5S, che si è svolta lunedì sera, sono emerse soprattutto due opzioni: candidare la senatrice a vita Liliana Segre o abbandonare l'Aula se il centrodestra dovesse insistere su Silvio Berlusconi. Nel summit sarebbe stata vagliata anche l'ipotesi Draghi al Quirinale. Ma il sentiment maggioritario continua a vedere nella permanenza del premier a Palazzo Chigi la scelta più utile al Paese.  

"Un'eventuale elezione di Draghi per noi sarebbe la fine, il Movimento esploderebbe in mille pezzi...", mette in guardia un pentastellato. E il fatto che l'ipotesi Draghi rappresenti uno spauracchio per i grillini lo dimostrano, in parte, anche le parole nette con cui l'ex ministro Danilo Toninelli - tra gli alfieri della proposta di un Mattarella bis - ha oggi commentato all'Adnkronos lo scenario di un trasferimento del presidente del Consiglio sul Colle più alto: "E' impensabile, in un Paese normale, vedere un presidente del Consiglio, divenuto Presidente della Repubblica, suonare la campanella passandola poi al premier da egli stesso nominato. Questo non può rappresentare la scelta migliore dal punto di vista dell'assetto istituzionale del Paese. E anche il Movimento - chiosa Toninelli - avrebbe certamente grossi problemi, qualora ciò dovesse accadere". 

(di Ileana Sciarra e Antonio Atte) 

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