La pandemia e quanto ne deriva ci stanno portando a selezionare e a salvarci tra le braccia di chi non conosciamo. A scompaginare le vie dei ricordi dove ritrovare noi stessi su sentieri battuti, falciando tutto il resto e quel contorno tanto famigliare e divenuto d'un tratto un fardello da non voler più sopportare.
Passeggiando per i sentieri vergini che ci rimandano a un abisso perduto, ritroviamo esempi di vita sociale ancora integri e famiglie di animali tra i più semplici che ci riconducono a nuclei esistenziali ormai estinti.
La pandemia ci sta portando a tracciare nuove strade e ad amarci per chi siamo, corpi celesti alla deriva di costellazioni, che sono tutto in un mare di niente. Ci salvano i ricordi, salvandoli salviamo noi stessi dalla decadenza di un tempo che vuole le foglie caduche finite chissà dove, e piega i cuori, affinché nessuno di essi batta con una musica tutta propria. In questa scomposizione deforme, proviamo a raccogliere e a conservare chi siamo, lontani dalle pressioni che subiamo, che riceviamo. Ciò affinché la vita un giorno possa tornare a visitarci. A germogliare, a crescere.
Terre vergini
Viaggiando per le radici
dove gli altri non vanno,
dove il silenzio ha una musica
e lo stormire di frasche nell'acqua.
È associazione di idee camminare per le radici,
lungo sentieri vergini
perché da pochi percorsi
e da coloro che non hanno sepolto il cuore.
È tempo di conserve,
mi suggerisce la terra che calpesto
con i suoi formicolii di ciò
che va nascendo
e di ciò che mi sta abbandonando.
È questo che ci rende vergini
e rende vergini i luoghi
dove non più andiamo.
È tempo di conserve e di abbellire le credenze
di frutti maturi che cadono in fretta.
Della ruggine della vita
che tanto ci dà pensiero
su un percorso dimenticato,
o solo appena solcato.
Ippolita Sicoli