Là dove il paesaggio è scarno, il cielo riempie. È tutto. La leggerezza la associamo al vuoto e invece la leggerezza colma il passo del poeta e lascia impronte di levità che solcano gli animi sensibili. Imparare la leggerezza per non urtare e farsi del male e per comprendere e attuare un grande insegnamento: che il dolore lacera chi per primo il male ha procurato.
La leggerezza è nelle icone dei Santi. Nella grazia che promana dai gesti. La leggerezza e sua figlia la grazia sono il nettare del cielo che ammanta le cose buone della terra. Le troviamo in noi perché ci nutrono dall'interno, a ricordarci che il cielo sovrasta e permea e ciba le forme di vita tutte piccole sotto le stelle. Riscalda e raffredda perché ci ritroviamo e non disperdiamo nel calore degli atti fatui.
Nelle braci del cielo
Il cielo ha le sue fiamme.
Lingue di brace che si allungano
invertendo i due emisferi.
Tutto nasce dal cielo
e lui sul far dell'inverno lo ricorda.
Tutto si fa cielo e discende
al tramonto dell'autunno che dilata.
È un invito
a guardare verso cose nuove
nelle nuvole che si assembrano e dipanano
dando corpo agli istanti.
A entrare nel senso dell'invisibile
che scende per noi,
per colmare i vuoti lasciati
dall'abbondanza terrena.
Perché una cosa è la Natura
che scorre e si fa vita per noi senza chiedere,
senza nulla pretendere.
Altro è l'abbondanza che s'insegue,
che tormenta e lascia spogli.
Ippolita Sicoli