Georgofili: dalla strage alla verità processuale
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Sab, Mag

Georgofili: dalla strage alla verità processuale

Il senso della vita
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Georgofili: dalla strage alla verità processuale
Georgofili: dalla strage alla verità processuale

 

A Fiesole, in via Belvedere, nacque Eumeswil, all’alba dei primi anni ‘90. Un piccolo gruppo di amici, appassionati di lettura, si erano invaghiti dell’opera di Ernst Jünger, ciascuno per un motivo suo proprio e un suo moto dell’anima, e così quasi per gioco, l’avventura del mondo di Eumeswil ebbe inizio.

Fu chiesto al Maestro di poter fondare un’associazione culturale a Suo nome e ci venne dato il suo placet. Il battesimo ed i primissimi cicli di conferenze avvennero allo storico Gran Caffè Letterario Giubbe Rosse. Alla prima conferenza pubblica arrivò la telefonata di Ernst Jünger in persona per farci gli auguri, oltre che inviarci del materiale Suo proprio e metterci in contatto coi suoi studiosi e

traduttori e questo avvenne, in seguito, in maniera continuativa nel tempo. In Via Belvedere venivano ospitati i relatori ed avevano sede le varie attività associative tra le quali le letture di gruppo dell’opera jungheriana, soprattutto, ma non solo. Assai interessante leggere le opere del Maestro di Wilflingen con altre persone, tante interpretazioni che si affacciano dallo scritto ed intravedono, tanti visioni e sfaccettature differenti a fare breccia nella mente, tanti voli pindarici, discussioni lunghe, talvolta accese, talvolta ilari, ma mai futili e fini a se stesse.

Naturalmente, all'epoca, il leggere, il parlare era accompagnato da un buon vino, da dolci, e tutta Firenze ai nostri piedi! Sì perché la nostra prima sede era piccola, ma con una sala tutta a vetrate, da cui sembrava di essere in cima al Parnaso, ed era possibile contemplare la città nella sua totale ampiezza, estensione e si notavano le amabili colline circostanti. All’alba ed al tramonto la città si tingeva di mille sfumature rosate.

Era stata posta anche un’amaca, in sala, comprata in una delle esplorazioni in Messico e Centro America, per comprendere meglio l’opera del Maestro. Fondamentale era per noi sapere se ciò che ci stesse dicendo era frutto di fantasia o comprensione della realtà e della verità esperita, e constatavamo, di viaggio, in viaggio, con libro in mano, andando a visitare non solo i luoghi, ma rintracciando pure le persone, che Jünger non volava con la fantasia, ma aveva una vista acuta ed anche quella che in gergo si chiama "seconda vista" e lo notammo meglio, a Wilflingen, quando fummo Suoi ospiti, a casa…

Ma l’amaca era deliziosa, stesa, aperta in sala, e leggere e guardare fuori, adagiandovi e cullandosi, riflettendo,arricchiva il pensiero, lo trasformava da arido a un paese fertile e variopinto. E questa possibilità la viveva sopratutto chi risiedeva nella sede per curarla.

E fu così, invece, che ad una lettura che si protraeva e protraeva e divenne festa danzante che improvvisamente, già buio, era tardi, si senti un forte boato e si vide un gran fumo nel centro della città. Ma cos’era stato? Lo stadio era chiuso e non era neppure il Santo Patrono. Il giorno dopo, ci è stato proprio raccontato di recente, da uno dei nostri simpatizzanti più antichi, venne chiamato come titolare di azienda a fare un sopralluogo in centro, ai Georgofili, per valutare, se vi fosse stata una fuga di gas, ad attenderlo macerie. Il boato e il fumo erano stati dati vita da una bomba ed era stato l’attentato ai Georgofili che costò la vita a più di un essere umano oltre danni importanti al nostro amato centro storico.

Il video di oggi, ci riporterà indietro nel tempo, a rivivere ed indagare a quel periodo oscuro, a quella pagina triste di storia, ancor non conclusa. Proprio da poco, si sono riscontrati nuovi indizi, così i giornali ci hanno detto… A parlare nel video e a scrivere del libro in oggetto un professore e uno studente modello: Domenico del Nero ed Edoardo Benelli.

Domenico del Nero (Losanna 1960) Docente di Italiano e Latino nel liceo scientifico Leonardo da Vinci, giornalista pubblicista, critico teatrale e musicale. È autore di numerosi articoli, saggi e libri di carattere storico e musicologico. Attualmente direttore responsabile del giornale online "LeoMagazine", ha condotto per il Giornale della Toscana, per cui ha collaborato per diversi anni, un’inchiesta sulle sette, in particolare quelle "sataniche", in Toscana. Tra le sue opere la biografia critica Arrigo Boito un artista europeo e La disfida di Pontremoli; una disavventura dei Malaspina.

Edoardo Benelli (Firenze 2003). Studente universitario di Economia, durante il triennio al Liceo da Vinci è stato caporedattore del Giornale online LeoMagazine, di cui è attualmente vicedirettore. Si è occupato di vari settori tra cui la realizzazione di video e una inchiesta sulla scuola durante la pandemia. Oltre ad aver scritto insieme al suo ex docente il libro Georgofili dalla strage alla verità processuale, ha curato insieme con lui e Filippo Sanzò il volume Leomagazine: nel pandemonio della pandemia. (Lucca, la Vela. 2022).

Oggi il nostro video verterà sul loro libro: Georgofili: dalla strage alla verità processuale.

A quasi trent’anni dal quel tragico evento, tutte le domanda hanno avuto risposta?

Un libro – inchiesta nato in seguito a un progetto del MIUR e con la collaborazione dell’Associazione delle famiglie delle vittime della strage dei Georgofili.

GEORGOFILI Dalla strage alla verità processuale (dal retro di copertina): Questo libro vuole rappresentare una sorta di riepilogo di tutto il lavoro svolto negli ultimi tre anni: ricerche, interviste con protagonisti e testimoni disponibili a parlare con noi, riepilogo e sintesi di una vicenda che non può e non deve essere dimenticata. Perciò, se gli autori del libro sono due, si può dire però che esso è il frutto dell’impegno di vari giovani che si sono avvicendati nel LeoMagazine e del loro direttore.

Il libro si divide in due parti: la prima parte è una ricostruzione dell’intera vicenda fino alla conclusione dell’iter processuale, realizzata sulla base di pubblicazioni, articoli di giornale dell’epoca e successivi, documenti e interviste; la seconda, l’appendice documentata, contiene la trascrizione di una lectio magistralis di Danilo Ammannato, avvocato di parte civile nei processi "Stragi 1993", che ha rappresentato i parenti delle vittime; una silloge di articoli pubblicati sul LeoMagazine, riguardanti i vari aspetti della vicenda Georgofili; il verbale dell’interrogatorio al Generale Mori, nell’ambito della cosiddetta "trattativa Stato-mafia".

È necessario che l’attenzione resti vigile e che la memoria non venga mai meno, perché si possa continuare a vivere sicuri -per quanto possibile, naturalmente- e soprattutto perché si possa vivere in uno Stato che garantisca non solo l’ incolumità e la sicurezza dei suoi cittadini, ma che possa assicurare che il bene comune sia sempre e solo l’obiettivo principale, senza lasciare alcuno spazio a chi prospera sulla morte, sulla delinquenza e sulla sopraffazione.

Noi intanto vi riportiamo uno scritto di Grillo Dorfles, comparso, dopo il nostro incontro con lui, nel ciclo di conferenze annuali su: La menzogna, simulacri, adulterazioni e contraffazioni. Lo scritto è sul terzo numero, della prima serie degli Annali di Eumeswil, 2003 dedicato a: La menzogna.

Gillo Dorfles, vissuto 107 anni attivamente, lo ricordiamo con le motivazioni del premio Svoboda che ricevette: "A Gillo Dorfles viene riconosciuto il premio Svoboda al talento artistico e creativo come decano degli studi di estetica, pittore, critico e teorico dell’arte.

Protagonista indiscusso della commedia intellettuale del secondo Novecento, ha attraversato e disegnato le molteplici forme della creatività contemporanea con una metodologia camaleontica e labirintica che toglie la parola fine al finale."

Di Gillo Dorfles

Il mondo falsificato

Una delle cose più gravi della nostra civiltà è la falsificazione. Viviamo in un mondo che molto spesso è menzognero. Ma la cosa più grave non è la menzogna "nostra", il fatto che noi si dica delle bugie. Tutti noi non facciamo altro che dire bugie dalla mattina alla sera, perché senza bugie non si va avanti. Sant’Agostino sosteneva che in realtà è proibito non solo dire bugie, ma anche dirle a fin di bene, come per esempio per nascondere qualcosa di sgradevole al prossimo, per far piacere ad un amico a cui si dice che è bravissimo e intelligente mentre si pensa invece che è stupido e deficiente. Ebbene neanche queste bugie benefiche dovrebbero essere ammesse. Ora io non parlo di queste bugie.

Quello di cui parlo è il fatto che noi siamo "bugiardi", diciamo, dalla società nella quale viviamo.

In fondo molte delle cose con cui veniamo in contatto, molti degli eventi che ci vengono incontro, molte delle opere d’arte che ammiriamo, sono in realtà il contrario di quello che dovrebbero essere, per cui viviamo in un mondo in cui molte cose sono falsificate. Ma dicendo falsificate intendo dire che sono in apparenza reali, veritiere, in realtà camuffate, feticizzate.

Posso fare un esempio qualsiasi. Le fotografie che noi vediamo, che dovrebbero ritrarre perfettamente la realtà, quasi sempre sono una contraffazione di questa realtà. Prendete un qualsiasi giornale illustrato: voi vedete un personaggio politico (primo ministro, un generale, un qualsiasi personaggio importante) sorridente, oppure lo vedrete accigliato e melanconico.

Erroneamente uno mette subito a confronto le due cose, pensa: "il generale è stato sconfitto" perché lo si vede con la fotografia melanconica ed accigliata: fotografia presa magari tre anni prima mentre lui ora è contentissimo. Oppure vedete un grande poeta che riceve un Premio Nobel tutto sorridente… ma questa fotografia sorridente è stata scattata magari due anni prima quando era a una festa di Carnevale. Basterebbe questo per dirvi come tre quarti delle fotografie che ci vengono propinate sui giornali, sui rotocalchi e naturalmente anche alla televisione sono in fondo dei falsi. Questo piccolo esempio vi dice come tre quarti di quello che ci viene dato in pasto è falsificato. Prendete la televisione…le nozze della regina Elisabetta, o della regina di Giordania, oppure il matrimonio di non so chi. Le persone che vedete ritratte sono tutte falsificate, perché appena si sono accorte che c’era in azione la macchina da presa, immediatamente si sono messe a sorridere, a fare una posa di circostanza, a rendersi più gradevoli possibili, perché sapevano di essere ritratte. Sicchè, quando si dice che alla televisione vediamo un quadro esatto della situazione (naturalmente non parliamo di casi clamorosi, i giorni di Genova, oppure la guerra in Palestina), si dice il falso: si dovrebbe dire invece che tre quarti delle volte che assistiamo a una trasmissione televisiva di un qualsiasi fatto avvenuto per strada ci troviamo di fronte non a degli eventi, ma, piuttosto, a pseudoeventi.

Molto spesso noi crediamo di essere di fronte a un evento, ma siamo di fronte ad uno pseudoevento. È questo avviene di continuo: avviene nel modo di parlare delle persone, avviene nelle congratulazioni, negli annunci mortuari, nei trafiletti che celebrano la vittoria, l’uscita di un libro, i miracoli di una scoperta scientifica. Questa falsificazione, questa feticizzazione dei fatti è una caratteristica dei giorni nostri. Si è portato spesso l’esempio della Guerra del Golfo: una guerra immaginaria, una guerra fatta su ricetta. Anche lì tante cose che si vedevano erano immaginarie: non si vedevano i veri morti, i veri feriti, si vedeva quello che i vari contendenti volevamo far vedere. Anche oggi purtroppo assistiamo a carneficine, torture e cose mostruose che ci vengono incontro tutti i giorni, ma molte delle cose che ci sono ammannite dai giornali, dal cinematografo, dalla televisione sono in realtà contraffazioni. Queste contraffazioni ci dicono anche come si viva molto spesso in uno spazio fittizio e in un tempo fittizio. Una volta il tempo era misurato col cammino dell’uomo oppure col galoppo del cavallo.

Oggi noi viviamo fuori dal tempo: prendiamo l’aereo e siamo in due ore da un capo all’altro della penisola. Il tempo che passa non corrisponde al nostro tempo vitale. Quando attraversiamo l’Atlantico con un jet in sei ore, il nostro organismo non funziona come funzionerebbe se noi andassimo in un treno a cento all’ora. I nostri ritmi vitali sono forzati, partiamo di qui la mattina e arriviamo a New York magari due ore prima. Il famoso jet lag (ossia quel grave imbarazzo che si prova quando si fa un volo transoceanico), è dovuto al fatto che siamo obbligati a un tempo che non è nostro, a un tempo che è fittizio; e questo naturalmente incide moltissimo su tutto il nostro modo di essere, perché finiamo per abituarci a un tipo di percezioni falsificate.

Anche l’arte dei nostri tempi molto spesso è un’arte falsificata. Noi abbiamo, per esempio nel campo musicale, delle musiche incise, riprodotte, che noi ascoltiamo attraverso il disco, il nastro, la cassetta. Per cui quello che era un’autenticità musicale finisce per essere una musicalità in parte virtuale e comunque corrotta perché non corrisponderà mai a quella che è la vera musicalità di un componimento eseguito direttamente. Per cui ecco che il modo stesso di assistere a un concerto viene molto spesso degradato, modificato in maniera tale che noi di questa musica abbiamo soltanto una coscienza estremamente difettosa. Tutto il problema della musica rientra nel problema della virtualità e della non autenticità. Il modo in cui l’uomo di pone di fronte a queste contraffazioni artistiche (musica riprodotta, quadri eseguiti col computer, video arte dove gli elementi vengono manipolati) fanno si che la nostra capacità percettiva venga modificata in maniera spesso estremamente forte, così da toglierci quel rapporto effettivo con le cose che prima di oggi abbiamo avuto.

Quando io parlavo di fatti e fattoidi (parola inventata in America), intendevo dire questo: molti dei fatti che noi consideriamo come effettivamente esistenti, in realtà sono dei fattoidi cioè pseudo fatti. Un caso evidente è quello della madre che va a spasso col bambino nel passeggino e incontra una amica che gli dice "Ah che bel bambino c’è qui!" e allora la madre risponde "dovresti vedere la sua fotografia". Ossia oramai è tale l’abitudine del mondo fotografico che uno trova più bella la fotografia del bambino, il mondo falsificato invece del mondo reale. Questa falsificazione della natura la vediamo dappertutto: i cibi manipolati, il granturco transgenico, le famose ibridazioni (altro termine diventato di moda nell’ultimo tempo). Quindi noi viviamo in una natura ibrida dove tre quarti dei cibi non sono più quelli che dovrebbero essere; dove tre quarti degli odori sono fittizi. Mi ricordo di aver comprato una volta un risotto al tartufo perché i tartufi mi piacciono moltissimo. Però quando ho aperto il pacchettino da dare alla cuoca non c’era la minima traccia di tartufi: era puramente odore artificiale che assomigliava a quello del tartufo e con un po' di buona volontà poteva anche ingannare circa la bontà del risotto. Ma se questo risotto al tartufo lo paragonate con tutto quello che viene venduto, con quello che assaporate, coi quadri che vedete, le musiche che ascoltate, vi rendete conto che la falsificazione diventa qualcosa di molto pericoloso.

L’uomo si è talmente abituato al finto evento, al finto massacro, alla finta tortura che poi anche di fronte alla vera tortura, al vero massacro finisce per accettarli con indifferenza. A forza di fatti fittizi si finisce per reagire così anche di fronte a condizioni reali.

Naturalmente gli esempi sono tanti ma quello soprattutto che è molto grave è la falsificazione delle nostre percezioni. Per esempio nel caso delle opere d’arte noi eravamo abituati a entrare in una chiesa, in un palazzo, e a tenere conto dei valori prospettici, del valore che acquistava uno spazio in merito a quelle particolari leggi prospettiche che l’architetto aveva disposto. Oggi con la possibilità della creazione di virtualità spaziali, possiamo benissimo essere immessi in una spazialità non esistente. Avrete sentito parlare di quelle prove che si ottengono attraverso certi strumenti artificiali: oculari, guanti collegati con computer eccetera. L’uomo entra in uno spazio fittizio e manipola degli oggetti inesistenti, arriva addirittura a simulare quello che avviene in una navicella spaziale dove non c’è la gravità. Tutte queste possibilità di dare in mano all’uomo - attraverso il computer, attraverso l’elettronica, delle sensazioni apparentemente reali, ma fittizie, se da un lato permette straordinarie scoperte rischia, però, di far vacillare quella che è la coscienza effettiva dell’individuo, il che può essere effettivamente molto pericoloso perché finisce per minare la fiducia dell’uomo in se stesso e nel proprio simile. Tutti questi fenomeni (soprattutto quelli dovuti al computer e alla computerizzazione) si riflettono anche praticamente in alcune forme di deviazione estetica… Una volta per fare la copertina di un libro c’era un disegnatore che tracciava linee e colori e creava una determinata forma colorata. Oggi uno prende un pezzo di un quadro celebre lo manipola col computer e ne viene fuori un’immagine completamente nuova, ma costituita da questo embrione formale che alle volte dà un risultato buono, ma che comunque è la falsificazione di un’opera autentica. Per cui non abbiamo neanche più la possibilità di dire fino a che punto vale la falsificazione e fino a che punto vale l’immaginazione effettiva dell’ artista: fino a che punto l’artista ha creato spontaneamente o ha manipolato l’opera di un altro. L’opera magari di un antico maestro. Voi vedete che questo è molto grave perché mina il nostro giudizio di valore. Rende molto arbitraria la nostra critica e ci espone a degli abbàgli che possono essere vertiginosi.

Ed ecco che diviene fondamentale, in un mondo sempre più falsificato, adulterato, manipolato, contraffatto tornare a ricercare una verità dell’essere, dello stare al mondo, della coscienza affinché la vita, le sue vicende non ci sfuggano di mano e non si diventi indifferenti di fronte ai reali accadimenti che mettono a repentaglio le nostre vite e quelle dei nostri cari come la strage dei Georgofili ed altri atti contro la vita, l’arte, il nostro prossimo. Vi è allora la ricerca della verità, della realtà, della avere ed ampliare coscienza, avendo cognizione di causa!

Occorre pertanto avere un filo da portare nel labirinto della vita per imparare a muoverci anziché perderci e vagare nello spazio reale e virtuale, il mito ci insegna che Arianna diede a Teseo, per uccidere il Minotauro, un filo per ritrovare la strada, a missione compiuta ed uscire dal labirinto… Dobbiamo pertanto concentrarci sul conoscere realmente noi stessi, il mondo, gli altri, sentendoci appartenenti ad una comunità costituita anche da un mondo "Luminoso", che se ricercato il contatto e poi creato, può guidarci ed indirizzarci verso il vero Bene.

I tempi richiedono un agire del singolo, un operare da parte di ciascuno affinché uno pseudo mondo non prenda sempre più il sopravvento bloccando le nostre esistenze ed il nostro essere dal crescere, svilupparsi…

Abbiamo necessità di divenire autentici. Vi riportiamo l’etimologia del termine: Il termine diretto da cui deriva quello di autenticità è "autentico" (dal lat. tardo authentĭcus, dal greco αὐϑεντικός, derivato di αὐϑέντης (che vuol dire "autore"; "che opera da sé" e che significava in senso lato "avere autorità su se stessi"). La parola è composta da autòs (se stesso) ed entòs (in, dentro) e quindi in senso più pregnante autentico può voler dire che autentico è ciò che si riferisce alla nostra vera interiorità, al di là di quello che vogliamo apparire o crediamo di essere.

Dobbiamo anche cercare di divenire coerenti: ciò che diciamo deve essere unito al nostro agire. Etimologia e significato del termine della parola, riportiamo: co-e-rèn-te.

SIGNIFICATO Bene unito; che non è in contraddizione.

ETIMOLOGIA dal latino: cohaerens, da cohaerere; composto di co- insieme e haerere essere attaccato. La coerenza in quanto assenza di contraddizioni ci si presenta come un uno organico che agisce in maniera conforme ad una legge che lo regola: non esistono frammentazioni morali, ideali, argomentative o d’azione. La coerenza è la qualità dell’unità indivisa, che si muove nella stessa direzione con ogni sua parte.

Si tratta di una qualità umana fra le più complesse, e il suo affinamento richiede una grande presenza e una profonda introspezione; allo stesso tempo la sua coordinazione della nostra esperienza della vita riesce essenziale per la felicità, così come la coordinazione dei movimenti è necessaria per camminare e correre. Certo, in qualche maniera si può avanzare anche con mosse convulse e spastiche, e in qualche maniera si può vivere anche pensando una cosa, dicendone un’altra e facendone un’altra ancora, ma la qualità della vita, alla fine dei conti, non mente.

Complicato è il cammino dell’uomo che vuol diventare realmente "uomo"!

"Esci una sera sotto un vasto cielo
stellato, alza gli occhi a quei milioni
di mondi sopra la tua testa.
Guarda la Via Lattea.
In quell’infinità, la Terra si dissolve,
sparisce e con essa sparisci anche tu.
Dove sei? Chi sei? Cosa vuoi?
Dove vuoi andare?
Ti attende un lungo viaggio e difficile
e non sai se potrai riposare.
Ricordati dove sei e perché sei lì.
Non avere troppa cura di te,
e rammenta che nessuno sforzo
viene mai fatto invano.
E adesso puoi metterti in cammino".
G.I. Gurdjieff

Noi invece ci complimentiamo con Domenico del Nero che non solo insegna a scuola, ma guida ed instrada, in molteplici modi i suoi allievi affinché una coscienza e un amore di verità e di bene possano costituirsi nei più volenterosi dei suoi studenti.

(VIDEO) "Georgofili: dalla strage alla verità processuale" - con Domenico del Nero ed Edoardo Benelli

 

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 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

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