Tra il Campanile di Marcellinara e il Duomo di Colonia - la coscienza misterica dell’Esistenza
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
18
Sab, Mag

Tra il Campanile di Marcellinara e il Duomo di Colonia - la coscienza misterica dell’Esistenza

Il senso della vita
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times
Tra il Campanile di Marcellinara e il Duomo di Colonia - la coscienza misterica dell’Esistenza
Tra il Campanile di Marcellinara e il Duomo di Colonia - la coscienza misterica dell’Esistenza

 

Spesso quando ci ritroviamo tra conoscenti esitiamo a parlare di argomenti "consistenti", se prima non abbiamo avvertito nell'aria uno spiraglio, una fessura, un'apertura ammenoché non vi sia una conoscenza reciproca maturata nel tempo. Spesso, quando il ghiaccio è rotto, e, ci soffermiamo ad analizzare la realtà che viviamo appare il mistero, il non sapere cosa ci accade e ancora più questa condizione misteriosa intesse le nostre esistenze di questi tempi...

Ma il mistero può essere vissuto e concepito in modi differenti dal singolo. Abbiamo incontrato Luigi Aversa che, in modo sapiente ed articolato, ci ha invitato a muoverci: "Tra il campanile di Marcellinara e il Duomo di Colonia la coscienza misterica dell'Esistenza". Già il titolo è enigmatico ed è tutto un programma, ma l'ascolto del video è funzionale per muoverci e scuoterci attraverso suggestioni, spaesamenti e osservazione e ci sollecita a prendere parte alla vita! È un modo per vivere da vivi e non da morti!

All'interno del video viene spiegato cosa vuol dire il Campanile di Marcellinara e cosa si sottintende col Duomo di Colonia... il video si apre con "Oceano di Silenzio" di Franco Battiato e si chiude con una meditazione di Krishnamurti. Battiato e Krishnamurti sono personaggi, ricercatori spirituali conosciuti entrambi da Luigi Aversa e con entrambi Luigi Aversa ha avuto modo di collaborare...

Vi è, però, una domanda - nel video - posta da un ragazzo indiano, in un affollato bus in India, ad uno scienziato in viaggio, che scuote! Che scuote le fondamenta del nostro essere! Questo giovane, vestito di bianco, allo scienziato che guarda fuori dal finestrino, lo ridesta con un picchiettio sulla spalla e chiedendogli: "Excuse me, Sir..." e poi segue la domanda vera e propria ...che noi non vi riportiamo... Da dove nasce questa domanda? E perché è rivolta allo scienziato e non ad altri? Non vi riveliamo cosa vogliono dire il Campanile e neppure il Duomo e quale sia la domanda perché chi avrà modo, voglia, desiderio di ascoltare il video, si senta lui stesso chiamato e messo in gioco!

Vi è all'interno del video, della domanda, un qualcosa che, se saputo cogliere, può cambiare il corso della nostra esistenza, il nostro atteggiamento, il nostro modo di vivere! Naturalmente dobbiamo essere predisposti ad aprire le finestre! Aprirci ed accogliere ciò che ci viene incontro come un buon vento! Quel vento che portò Mary Poppins a casa dei fanciulli di cui si prese cura e trasformò, la vita sonnachiosa, in modo pieno, con la sua presenza, a tutta la famiglia. Fratello e sorella cantano che basta un poco di zucchero e la pillola va giù che supercalifragilistichespiralidoso e che cam-cancamini, cam-camini spazzacamin allegro e felice pensieri non ho...

È un video che ci ricorda e ricollega a Pirandello, Hesse, Musil, Buzzati e non solo loro che hanno scorto il mistero dell'esistenza! Ci ricorda l'essere presenti nel respiro cosciente! Ci ricorda il Monaco che, prendendo in mano la scopa, prima di mettersi a pulire il pavimento, la alza - in modo sacro - leggermente in alto!

Perché se accogliamo il Dio, lo scorgiamo in tutto e tutto ciò che facciamo può essere un mezzo per collegarsi al fondo a temporale, ad un corrente misterica... È trasformare la nostra quotidianità donandole un senso ed una destinazione luminosa... Ci ricorda il namaste: il saluto indiano che vuol dire saluto il Dio che è in te! Augurarti buon lunedì, martedì, mercoledì... è un saluto a te e a tutte le divinità dei pianeti e la domenica all'Assoluto! È pertanto un video che ci ricollega con la linfa vitale dell'esistenza al "Sancta sanctorum"! È cercare di scorgere quel centro, nodo vitale, fondo atemporale, assoluto... È ricordare, che se la nostra vita non gira, come la vorremo far girare, sappiamo che siamo in collegamento con qualcosa d'altro molto più importante e immutevole!

Come però collegarsi? Che esercizio poter compiere? Come scorgerlo?

Ecco che Ernst Jünger ci viene in soccorso:

"I REBUS"

Überlingen
Amabile tristezza di Nigromontanus - la tristezza del giardiniere che lavora in giardini minacciati da pericoli e lontani dal palazzo. Può darsi che quella sua qualità dipendesse dalla sua professione, poiché egli desiderava sempre raggiungere i gradi più alti della solitudine e della visione di cui nessun altro fosse partecipe.

Eppure egli era nato per essere maestro come l'uccello nasce per il volo, e sempre più intimamente mi sorprendeva l'abilità con cui sapeva condurmi nel suo dominio intellettuale senza che io me ne accorgessi. Come al bambino che deva imparare a contare si regala dapprima un pallottoliere con palline bianche e rosse, così il filo conduttore del suo insegnamento si richiamava ad oggetti materiali; nella sua maniera di pensare c'erano come vestiboli d'accesso in cui la sua meditazione d'indirizzava a cose che sono a portata di mano. Riteneva il pensiero uno strumento, un utensile da impiegarsi sempre sulla materia, e amava i sinonimi che avessero una colorazione allusiva all'attività manuale, al mestiere. Non parlava, anzi, di suoi scolari, ma di suoi apprendisti.

Il suo primo grado d'istruzione era un ammaestramento al vedere; egli ce ne rendeva partecipi in colloqui immuni da costrizioni alla disciplina, quando si presentava l'occasione. D'altra parte, egli ci permetteva di volare senza limiti; esigeva soltanto che si procedesse di punto in punto, e, per meglio dire, la sua unica forma di correzione era un continuo e ripetuto richiamare dall'astratto al concreto. Non appena il suo interlocutore si arenava in oggetti di puro pensiero o di mero sentimento interiore, con infallibile destrezza egli indirizzava altrove il corso della conversazione. Ciò gli riusciva con la precisione con cui s'infila un ago.

Durante il primo anno egli trattava soltanto la dottrina delle superfici, e di là sviluppava la meditazione. Come ogni altra parola, così anche questa aveva per lui un suo particolare significato; anche la luce e lo spirito erano per lui superfici che la materia riesce a formare. Insegnava la stretta fraternità con tutto ciò che è fuggevole e mobile, ma anche l'arte di separarsene al momento giusto: perciò aveva scelto il serpente come figura araldica del suo blasone. Insegnava anche ad aver fiducia nei sensi, in pieno contrasto con ciò che si ascolta nelle scuole superiori; affermava che i sensi sono testimonianze di una età dell'oro, come le isole sono testimonianze di continenti inabissati. La superficie, egli diceva, nel suo variopinto aspetto esteriore non manca mai di tenere in serbo segrete spiegazioni, come dal fogliame e dai fiori del terreno incolto si può capire se questo contenga nascoste vene d'acqua o giacimenti di minerale. Trasmettere ad altri la conoscenza di simili contatti tra il mondo dei sensi e le correnti più profonde era, nel suo intento, uno dei luminosi compiti a lui assegnati. Era dell'opinione che noi studiamo troppo fuggevolmente le cose visibili, e forse da ciò nasceva la sua predilezione per gli oggetti di cui si circondava, stranamente mutevoli a un'osservazione più ravvicinata.

Amava le stoffe dai colori cangianti, i vetri iridescenti, i liquidi dai riflessi screziati che cambiano tinta col mutare della luce. Fra le pietre, prediligeva l'opale e la tormalina sfaccettata. Possedeva anche una collezione di quadri come mascherati e occultanti una sorpresa, che prendevano rilievo, quasi per arte magica, da mosaici di un solo colore. Questi mosaici erano formati da pietruzze che al chiarore del giorno nessuno avrebbe saputo distinguere da altre di uguale grana, mentre al crepuscolo sfavillavano fosforescenti. Si vedevano in casa sua stufe sulle quali, una volta accese, comparivano detti e massime in una scrittura rossa che spiccava sul metallo. Nel suo giardino c'erano terrazzi sui quali un acquazzone faceva apparire magicamente neri simboli. Anche gli ornati che egli usava nelle sue stanze, nell'arredamento e nelle suppellettili, rivelavano agli sguardi cose inaspettate: i meandri nei quali mutevolmente il nero fiume o la chiara riva risaltavano l'uno rispetto all'altra, e il dado disegnato sul piano, che lasciava vedere all'osservatore ora la fronte ora il rovescio. Possedeva tendaggi trasparenti, come quelli usati nelle scene teatrali, sui quali figure innocenti si trasformavano in crudeli, e invece l'orrendo, grazie ad un raggio di luce, si mutava nel bello. Amava I caleidoscopi, e ne faceva fabbricare alcuni fatti in tal modo che pietre dure sfaccettate, con l'eleganza stessa del pensiero, vi si disponessero a rosette e stelle in cui gareggiavano libertà e simmetria. Mi dilettavo spesso di tali cose nel suo villino che si era fatto costruire dinanzi alle porte di Wolfenbüttel, una piccola ma notevole cittadina di campagna. Vi andavamo il sabato, per esaminare vecchi manoscritti; là, a volte, egli incontrava anche bizzarri conoscenti venuti da lontano.

Se ripenso a quelle cose con cui mi divertivo nei miei giochi, mi sembra davvero che Nigromontanus le avesse raccolte intorno a sè secondo un preciso scopo: quello del rebus. Senza dubbio, mediante l'accumulo di simili oggetti egli voleva ottenere determinate suggestioni, sfruttandone l'efficacia. D'altronde, non si trattava soltanto di oggetti: egli apprezzava la forza dell'enigmistica anche nello scrivere, e talora mi metteva in mano libri la cui prosa doveva snodarsi come un sentiero selvaggio disseminato di trabocchetti. Parecchi erano invece concepiti in tutt'altro modo, un po' come soffitti dipinti che, aprendosi, lasciassero vedere le stelle; uno di questi era un magnifico inedito sui misteri eleusini, che gli proveniva dalle segrete opere postume di Fiorelli. Anche questa, come varie altre sue inclinazioni, lasciò traccia su di me; da lui mi venne la predilezione per la segreta corrispondenza che esiste tra le cose.

Per quanto riguarda i rebus, egli contava in primo luogo sulla commossa vibrazione che ci invade quando, con imprevista intuizione, vediamo in una figura l'elemento di un'altra cosa. Forse così egli si proponeva di liberare e di strappare le sottili radici che imprigionano il nostro essere in ciò che è quotidiano ed abituale. È così: quando risolviamo il rebus, possiamo essere sbalorditi, stupiti, spaventati, ma anche presi da un senso di gaiezza. Quando simili impressioni si fanno frequenti, cominciamo ad accostarci con cautela alle cose; anche le semplici pietre con cui costruiamo l'architettura della nostra rappresentazione, noi le consideriamo attentamente, con un senso di attesa o anche con diffidenza. Nigromontanus dev'essersi proposto proprio questo risultato; la sua metodica non era indirizzata al cercare, come quella delle scuole superiori, bensì al trovare. Perciò lo caratterizzava una specie di fiducia in noi; egli confidava che in ciascuna delle nostre incursioni intellettuali, anche in quelle apparentemente meno consapevoli e più futili, fosse implicito un particolare risultato, come il gheriglio della noce; desiderava che prima di prender sonno aprissimo a forza, come si apre un'ostrica, la giornata trascorsa per ricordarla.

Tali esercizi dovevano significare che anche il mondo, nella sua grandezza, è ordinato alla maniera di un rebus, che i suoi misteri sono palesemente sciorinati sull'aperta superficie, mentre occorre soltanto un minimo adattamento dell'occhio per vedere la pienezza dei suoi tesori e delle sue meraviglie. Egli citava volentieri il detto di Esiodo, che gli dei nascondono il cibo agli uomini ma il mondo è tanto fruttifero da far bastare il lavoro di un giorno per il raccolto di un anno. Basterebbe infatti anche un solo istante di meditazione per scoprire la chiave che apre le camere del tesoro, con cui i beni ci si potrebbe nutrire per tutta la vita. Per illustrare questa verità, Nigromontanus accennava a quelle semplici invenzioni delle quali più tardi chiunque si permetterà di dire che idearle è stato un gioco da ragazzi. Volentieri faceva riferimento anche alla fantasia; la sua fertilità, egli diceva, traduce in metafora la fertilità del mondo, ma gli uomini vivono come assettati che camminano sopra vene sorgive ricche d'acqua, inesauribili. Una volta egli disse che il mondo ci è affidato nei suoi elementi così come ci sono tramandate le ventiquattro lettere dell'alfabeto, e di volta in volta, secondo la nostra scrittura e l'inclinazione della nostra mano, il mondo si esprime e si sviluppa nelle sue immagini. Certo, egli concluse, occorre essere un vero autore, non soltanto uno "scriptor".

Di quest'ultimo argomento venne a parlare quando lo accompagnai in una delle sue passeggiate geomantiche presso i monti dello Harz, nella regione piena di mistero in cui sorgono le antiche torri di guardia. In quell'occasione egli si espresse forse nel modo più chiaro sulla sua concezione della metodica. Se riuscii a comprendere bene, per metodica egli intendeva l'arte di condurre la propria vita proponendosi come fine ciò che è imperituro. Essa si doveva conformare alla giusta immagine del mondo, implicita in ciò che è abituale come avviene in un rebus: inafferrabilmente vicina. Egli sosteneva che il primo sintomo annunciante la felice contemplazione è lo stupore, seguito dalla serenità.

Quando mi torna alla mente tutto questo, mi convinco che allora non ero nello stato d'animo adatto e predisposto ad accogliere tale insegnamento. Anch'io, certo, provai il magnifico sconvolgimento che ci afferra quando i limiti si cancellano e significati nascosti vengono alla luce; ma soltanto come nel volo si trascorre sopra giardini sconosciuti. Presi parte alla vita come a un nobile gioco la cui posta in gioco era un momento di felicità, mentre Nigromontanus mi aveva insegnato il metodo con cui si vince sempre, ovunque ci si trovi, nella cella dell'eremita o nel grandioso palazzo.

Luigi Aversa: professore ordinario di Psicologia dinamica all'Università di Roma "La Sapienza" e successivamente a "Tor Vergata", il Prof. Aversa è fondatore della Società Italiana di Psichiatria Trans-culturale. Ha pubblicato diversi lavori di etnopsichiatria e ha esaminato in profondità il problema dell'influenza della filosofia ermeneutica sul pensiero psicoanalitico. Studioso della religiosità induista, ha conosciuto personalmente il celebre Maestro Jiddu Krishnamurti, ai cui insegnamenti ha dedicato vari saggi e conferenze.

VIDEO. Tra il Campanile di Marcellinara e il Duomo di Colonia - la coscienza misterica dell’Esistenza, con Luigi Aversa

 

Leggi anche: Associazione Eumeswil


 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

Ho scritto e condiviso questo articolo
Author: RedEmail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.