Appare nel bosco. L’incontro col cervo, figura dell’anima europea
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
18
Sab, Mag

Appare nel bosco. L’incontro col cervo, figura dell’anima europea

Il senso della vita
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times
Appare nel bosco. L’incontro col cervo, figura dell’anima europea
Appare nel bosco. L’incontro col cervo, figura dell’anima europea

 

Siamo in prossimità della festa di tutti i Santi e di quella dei morti. Un periodo molto particolare che avvolge chi è in terra e chi risiede in un “altrove”…
Si narra che i defunti si avvicinino alla terra e possano comparire in sogno, operando delle rivelazioni, divinazioni.
Si esorta a pregare per le anime di defunti così come loro si adoperano e apprestano a compierlo per noi.
Il vero autunno che si approssima all’inverno dovrebbe essere vicino.

In questo momento così particolare dell’anno abbiamo, noi del mondo di Eumeswil, pensato di proporvi in lettura due testi poetici che ci faranno vivere, se letti con attenzione, questa nuova stagione dell’anno, in maniera più consapevole e ci aiuteranno ad acquisire un modo differente di intendere ed approcciare la vita e di ciò che avviene intorno a noi in questo lasso di tempo. Il link che vi doniamo da leggere e di Andrea Sciffo. Il titolo è: Appare nel bosco. L’incontro col cervo, figura dell’anima europea. È un ampio excursus dall’antichità ad oggi su questo animale simbolico, nobile, araldico. Schiffo ci rivelerà il suo significato più autentico, ci guiderà alla sua conoscenza profonda, intima, leggiadra, poetica, vivificante.

Noi ci auguriamo e vi auguriamo di incontrarlo ed di interiorizzarlo…

Questo periodo dell’anno è propizio per intravederlo, incontrarlo per i boschi…

Il 3 novembre sarà, inoltre, la ricorrenza di sant’Uberto, celebrata da secoli nel cuore delle Ardenne e nel Tirolo austriaco. Nel testo avrete la storia completa del Santo e comprenderete il perché questo testo compare qui ed in questo momento, non è assolutamente dovuto al caso, all’accidente. Solo due parole al riguardo: come si evince dal testo sant’Uberto potrebbe essere assunto come patrono dell’uomo europeo contemporaneo, così perso nell’intrico delle sue frenetiche distrazioni, così sordo al richiamo della voce divina che parla nelle cose viventi e che senza sosta ripete “avvicinatemi a me e io mi avvicinerò a voi (zc 1,3)” o in altri momenti “fermatevi, e riconoscete che io sono Dio ( salmo 46,10)”.

Leggere con calma, presenza di essere il testo di Schiffo, colora ed addolcisce la vita, rendendola piena e ricolma di energia vitale. Vedere il cervo arricchirà il nostro passaggio terreno…


Andrea Sciffo (Monza, 1º dicembre 1969) è uno scrittore e docente italiano. Laureato in Lettere moderne all'Università Statale di Milano presentando una tesi su: Educazione degli adulti, discussa con il prof. Duccio Demetrio.

Nel 1993 incontra il filosofo-operaio autodidatta Mario Marcolla, che lo avvia alle collaborazioni editoriali con Studi Cattolici, Avvenire e al settimanale Tempi, oltre ad introdurlo nell'ambito della cultura tradizionalista del pensiero di Augusto Del Noce e di Vittorio Messori.

Amico dello scrittore Eugenio Corti, ha curato la mostra biografica Dalla Brianza al mondo: lo scrittore Eugenio Corti, presentata presso la Camera dei deputati

Nel 2011 partecipa alla proposta di candidare al Premio Nobel per la letteratura il libro Il cavallo rosso di Eugenio Corti.

Nel 2013, presso l'Università del Sacro Cuore il dottor Andrea Pozzoli ha discusso la tesi di laurea intitolata: Andrea Sciffo scrittore del radicamento.

Collabora, tra gli altri, con il mensile di apologetica Il Timone, la rivista online Il Covile, la casa editrice bolognese Arianna e con la rivista locale Brianze.

Collabora con il poeta romano Giovanni Casoli e con il geo-poeta Davide Sapienza.

Vince ne 2018 il premio internazionale [Eugenio Corti] per la miglior monografia.

L’altro testo che vi proponiamo in lettura è di Ernst Jünger e si intitola: Novembre "Autunnale giunge sempre l’angelo della melanconia. Dovremmo offrirgli sacrifici, e non sfuggirgli. È un modo di percorrere il mistero della morte: anche morire è un esercizio che va compiuto. I frutti maturano, e vengono raccolti; le foglie si colorano, e cadono. I corvi si radunano e ruotano a sciami sul campo spoglio. Le giornate si accorciano, la notte arriva presto; si riscoprono il fuoco e le luci. Si avvicina il tempo della festa dei morti, delle passeggiate nel cimitero, ma anche quello delle visite notturne di prodighe divinità. I sogni cominciano a trasformarsi; vi si insinuano mantici disegni. Ci avviciniamo al tempo più misterioso dell’anno, alle notti crude, ma anche alla festa della luce. La luce viene custodita, si trasforma nel lume della caverna, lume nascosto, pieno di promesse.

In giardino la prima gelata notturna ha distrutto la fioritura: il tropeolo, le dalie, gli ultimi gigli, gli astri, i convolvoli imperiali e la veccia variopinta vicino alla siepe. Solo i crisantemi continuano a fiorire, più o meno dischiusi nel colmo dei petali multicolori, e anche le rose tardive, spesso fino a dicembre inoltrato. Il passo fruscia nel fogliame giallo dei noccioli, tra le foglie di rame del faggio o tra quelle rosso scuro della vite selvatica.

I tordi si avventano a cercare le bacche rosse, dopo aver fatto piazza pulita di quelle nere del sambuco. Si abbattono in picchiata sulle distese dei prati e danno la caccia ai vermi. Anche le ghiandaie e i picchi escono fuori dal boschetto antistante e volano nei frutteti. I verdoni si fanno vispi: piluccano tra le piccole pigne dell’albero della vita. Il primo monachino becchetta vanitoso sulla siepe. Presto il suo abito rosso risplenderà in bellezza sulla neve.

Quel che ancora fiorisce ha un duplice significato: di addio e di ritorno. Tra i fiori tardivi ci sono l’azzurro croco d’autunno e lo zafferanno dorato, il colchico autunnale nelle sue forme coltivate, arrivate a noi solo di recente da territori lontani: dalla Sierra spagnola, dalle cime dell’Atlante, dal Tauro, dal Libano. Certi giardinieri non sopportano di averli nelle loro aiuole; la loro vista ricorda le cose che finiscono, le tombe, l’anno che se ne va. Diversamente si guarda ai cespugli dell’ amamelide o al grazioso gelsomino invernale che, dopo un autunno mite, già preparano la loro fioritura. A volte si accompagna loro la forsizia. In essi la primavera già dispone i propri avamposti. Nel bosco la rosa di Natale mette ciuffi verde chiaro.

In un angolo dell’orto il giardiniere rivolta il concime, mentre la nebbia gocciola dai rami. C’è odore di putredine; la muffa ricopre i rami morti, la vanga estrae ossa dal terreno frollo. Ma il sambuco, che in estate ombreggiava quell’angolo, ha già buttato le sue gemme; sono spuntate proprio in questi giorni, turgide, e rosate. Vi è inscritto, a caratteri runici, quel che farà ritorno, la profezia del miracolo del Maggio. Il fico accanto al muro meridionale porta già i suoi frutti; i più piccoli sembrano bottoni verdi, quelli più grossi clave tarchiate. Sopravviveranno all’inverno e si gonfieranno al sole dell’anno prossimo fino ad addolcirsi a settembre.

Anche sotto l’ aiuola c’è movimento, ed è difficile dire se quel moto già appartenga alla primavera o ancora all’autunno. Il terriccio è rivoltato dal forcone; e allora vengono alla luce i bulbi che stavano nascosti sotto terra. I pugnali di cervo hanno già incurvato il loro lungo germoglio. I giaggioli hanno messo fuori un dentino verde e alla radice delle ortiche si sono formati cristalli Rossi. Tutto questo rallegra il giardiniere, gli da fiducia. Dormirà nell’ humus sotto la neve finché sentirà il tepore del sole di febbraio. Allora distenderà le membra, e si sveglierà. Saranno i bucaneve, i narcisi marzolini, i gialli pié di Gallo ad aprire le danze. Dopo di loro verranno il croco, i variopinti guanciali, la scilla, il narciso, la magnolia stellata. La fioritura offre un presagio di quel che si è sognato nella profondità.

Il salto oltre l’inverno è tra le mosse geniali della natura. Introduce un elemento inaspettato, qualcosa come la mossa in avanti del cavallo, tentata sul terreno oscuro del novembre. Il cuore del mondo si dispone a un battito nuovo; innumerevoli cuori seguono il ritmo della sua pulsazione.

Il germoglio dei tulipani, dei gigli, dei giaggioli di Persia rompe l’involucro che, multifoglie, come una corazza li avvolge. Come la ruota di un veicolo gira e si volge attorno all’asse inesteso, quale che sia la direzione della strada, così la vita si ordina qui attorno alla sua cellula più intima, al suo nucleo immateriale. Ruota in se stessa, e senza intenzione; la bellezza dei fiori, la ricchezza dei frutti non sono un obbiettivo, bensì una testimonianza. Un simile annuncio contiene non solo una grande arditezza, ma anche una grande fiducia. Qui si testimonia di sapere che i soli ritornano, che non pianteranno in asso la vita. Il dubbio in proposito, in fondo, non ci ha mai abbandonato; torna con ogni autunno.

Ora le provviste sono state messe da parte; dispense e cantine sono piene dei frutti del campo e dell’ orto, di carni macellate e vino. Nelle loro cavità dormono i topi di campagna e di montagna, il tasso, il criceto; hanno tappato i buchi delle loro tane, e consumeranno quel che vi hanno portato in estate. Tra le assi del tetto del granaio dorme il ghiro e, in alta montagna, la marmotta prosegue il suo lungo letargo invernale. Larve innumerevoli aspettano nel legno fradicio degli alberi, sul fondo degli stagni, sotto i prati innevati, imbozzolate nella culla delle loro crisalidi come mummie. Si sono tutte quante attrezzate per durare l’intero inverno e tornare di nuovo a radunarsi alla gran festa della primavera.

Eppure sotto ogni pena permane un dubbio che solo la speranza può mitigare. Il giardiniere che a novembre tiene nella mano sporca di terra il bulbo del croco osserva un tesoro che si è raccolto e messo in serbo nel corso dell’estate. Già si è aggrappato al suolo con pallidi filamenti, affidandosi alla Terra gli dà sicurezza. La fiducia riluce però dal germoglio che spunta: la certezza che la Terra sarà rotta e penetrata. Esso annuncia il ritorno della luce.

Il mese grigio reca l’addio della natura. Con lui giungono il lutto, le feste dei morti, la malinconia. Si approssimano però anche le potenze foriere di annunci, e cresce una serenità più quieta, più intima di quella del raccolto e della vendemmia. I morti si avvicinano in sogno.

Il grande paradosso per cui primavera e inverno, vita e morte si invertono l’uno nell’altra spaventa e rasserena il nostro cuore. Non aumenta soltanto l’oscurità ma, con essa la fiducia. “Va alla rovescia”, si dice dalle parti del Lago di Costanza. A Basilea si sentono i primi tamburi, a Überlingen lo schiocco degli scudisci, a Rottweilers si bussa alla soglia. “Alla rovescia” non vuol dire soltanto: verso il febbraio in cui la linfa sale negli alberi e trionfa lo spirito dell’euforia. Significa anche: contro la notte, contro la notte diurna che diventa sempre più lunga e più oscura, contro la notte invernale che è appena incominciata, contro la notte mortale verso cui, insieme con la natura, discendiamo.

Mentre si fa buio si accende la speranza. Si risveglia in tutti i germogli, i butti, i pollini nella terra scura, si illumina come la fiamma delle candele. Poi verrà la festa della luce."

In attesa di incontrare il cervo, animale nobile, araldico e la luce piena, una preparazione all’evento, al prodigio.

Il link per leggere: Appare nel bosco. L’incontro col cervo, figura dell’anima europea di Andrea Sciffo

Leggi anche: Associazione Eumeswil


 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

 

Ho scritto e condiviso questo articolo
Author: RedEmail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.