Trenodia: tra conoscenza dell’ombra e la valenza del sacrificio
Il sito "il Centro Tirreno.it" utilizza cookie tecnici o assimiliati e cookie di profilazione di terze parti in forma aggregata a scopi pubblicitari e per rendere più agevole la navigazione, garantire la fruizione dei servizi, se vuoi saperne di più leggi l'informativa estesa, se decidi di continuare la navigazione consideriamo che accetti il loro uso.
06
Lun, Mag

Trenodia: tra conoscenza dell’ombra e la valenza del sacrificio

Il senso della vita
Typography
  • Smaller Small Medium Big Bigger
  • Default Helvetica Segoe Georgia Times
"Che cos'è l'ombra?"

 

Mirando la vastità del mare in moto, in movimento o implacabilmente piatto,apparentemente immobile, stando sull'alto crinale di un monte a pieno contatto con l'aria, la volta celeste, le nuvole dalle innumerevoli cangianti forme o il cielo terso e guardando al panorama si avverte la sensazione sussurrante e dirompente di voler aprirsi in volo ed andar più su dell'alto monte, verso quel sommo Bene al di là del male, protesi verso un più ampio ed alto intendimento in cui si infrangono strutture ossidate, cristallizzate e morte e si espande il proprio essere oltre l'orizzonte del mare e del cielo.

Si avverte sempre di sapere troppo poco o proprio niente! Non è il sapere d'accademia a cui si anela, ma è il sapere e il desiderio di riconoscere l'antica casa da dove ogni cosa prende avvio e si moltiplica per multipli raggi e tanti riflessi oltre la retorica sterile ed asfissiante oramai consolidata per aver cessato di cercare e che ci mostra la perdita della via maestra. Par di essere lassù sullla soglia del mondo contiguo in attesa di una rivelezione o apparizione, ma ridiscendendo a valle, l'immagine incompiuta attesa diviene evanescente, si smorza e si disperde...

L'incommensurabile onniscente ci avvolge, ci chiama e vorrebbe essere colto da noi in una forma libera, secondo la nostra inclinazione più autentica e vorrebbe attrarci a Lui senza forzature, senza obbligarci... Ma per far questo occorre che i nostri occhi si aprano, che le nostre orecchie si stappino ed il nostro cuore si spalanchi ed i nostri pensieri si elevino. Par di udire Isaia che sussurra: "Hai visto molte cose, ma senza farvi attenzione, hai aperto gli orecchi, ma senza sentire. Chi fra voi porge l'orecchio a questo vi fa attenzione e ascolta per il futuro?"

L'avventuriero dello spirito è proteso, tende al mondo contiguo, analogo. È sempre in attesa di un segno e di un segnale, della parola. È costantemente alla ricerca. Vi è una forza che lo trascina e non lo abbandona. Deve poter trovare, deve canalizzarsi, sintonizzarsi, sentirsi in comunione con l'Assoluto, verso una felicità di stampo superiore, eterea, intensa, detentrice e portatrice di speranza e pienezza siderea.

Mistici, filosofi, artisti, ricercatori dello spirito hanno avvertito questo richiamo, hanno sentito un eco provenire dall'abisso, hanno posto l'orecchio sulla conchiglia che parla ed hanno tentato di decifrare, captare tale melodia sommessa che ad ognuno è giunta, come giocando ad un telefono senza fili, uguale, forse, ma pur sempre diversa.

Il mondo di Eumeswil si pone alla ricerca, come ricercatore dello spirito, in un mondo che barcolla, non di ebbrezza superiore, ma semmai di solo troppo alcool e droghe che non aprono mondi, ma spalancano voragini...

Il mondo di Eumeswil ha avuto la fortuna, nel corso di tre decadi, di aver incontrato - tra le varie conoscenze fatte - alcuni ricercatori dello spirito e spera che, se gli sarà concesso un avvenire, di poter ricevere la grazia, di continuare ad intraprendere fruttuose conoscenze, gioire e condividere.

Nel grigiore del mero vivere quotidiano, dove la vita sembra sempre più dover scorrere per adoperarsi ai vari obblighi burocratici, occorre tanto un verde prato coperto da fiori odorosi, colorati e api danzanti che si immergono in follie amorose nel nettare del fiore per recarci miele, polline per raddolcirci e rallegrarci e questa gioia avviene alla e sotto la luce del sole e dei suoi raggi energizzanti. Lo stelo dell'erba, la grazia del fiore: "ogni uomo è come l'erba e la sua grazia è come un fiore di campo"...

Una associazione culturale entra in contatto e collabora con pensatori, letterati, compositori, musicisti, scienziati... Con taluni nasce uno scambio fervido, vitale delle proprie vedute. Qualche volta quest'ultime si gustano insieme. Nasce il piacere di condividere impressioni,annotazioni, notando ricerche comuni, che non prevedono sempre e necessariamente il percorrere contemporaneamente o in momenti diversi le medesime strade,ma anche inesplorati sentieri ed intricati cammini in piena solitudine.

Succede che il mondo di Eumeswil invia i suoi messaggi ed alcuni collaboratori, di tanto in tanto, si affacciano con un commento... Capita che con alcuni che si innesca un colloquio... Improvvisamente tacciono delle presenze... ed uno si chiede perplesso, se ciò che è stato detto è stato così poco ben accolto od è successo qualcosa alla persona assente da tempo... Facciamo ricerca... e così scopriamo - ad esempio -che Antonio Vitolo, una viva vita vulcanica, non appartiene più a questa dimensione... il 10 aprile scorso scriviamo a Grazia Marchianò per ricevere Sue notizie... Il 12 aprile scopriamo da un quotidiano che è stata rinvenuta priva di vita in casa... Già da qualche tempo il soffio di vita non la animava...

Noi speriamo che loro siano in quel regno di Luce a cui ci siamo sempre ispirati nelle nostre ricerche e che a loro sia dato sapere ciò che a noi è dato soltanto intuire.

Il nostro ricordo vola a come li abbiamo lasciati in terra e desideriamo spartire con voi il ricordo. Di Antonio Vitolo ripresentiamo il video su: "Che cos'è l'ombra?" e di Grazia Marchianò riproponiamo l'ultimo suo scritto, per il nostro mondo di Eumeswil, del marzo 2022. Vi porgeremo il link di cosa scrivemmo per accompagnare accompagnare le Sue pagine su "Il SACRIFICIO."

Tutto era già stato pubblicato, ma tutto è diverso adesso...

Ora ci sono tante e nuove luci in più ad illuminare questo mondo scuro, ma non totalmente oscuro.

Ci permettiamo di unire Grazia Marchianò ed Antonio Vitolo in questo appuntamento. Si conoscevano...

Provate ad ascoltare ciò che ci dissero e ponete attenzione al loro linguaggio... È raro oggi... Con loro e non solo con loro, una scuola di pensiero e un modo di esprimersi sta scomparendo da questa dimensione terrena ed già da tempo un nuovo modo di elaborare il pensiero ed un diverso modo di esprimersi ha varcato questa soglia. Muta il modo di pensare, muta il linguaggio attraverso lo scorrere del tempo, se pur si pone attenzione al medesimo oggetto...

MARZO 2022

Gentili amici,

in questo afflitto mese di marzo, vorrei condividere con voi un pensiero sul SACRIFICIO, il fattore forse più emblematico della condizione umana accanto a nascita, morte, eros e potere. Zolla ha meditato a lungo sulle diverse accezioni del suo significato nelle culture di Oriente ed Occidente e il punto di partenza a casa nostra è il termine neutro latino: sacrificium, composto di sacrum e facere, alla lettera: "fare il sacro". Perché mai si tratterebbe di un atto non prosaico ma appartenente alla sfera del sacro? E perché la parola, a differenza dell'italiano, è di genere neutro in latino, in greco e in sanscrito: to ierón e yajňa? Nella prospettiva delle antiche lingue indoeuropee, rinunciare, offrire, compiere un'offerta e soprattutto la massima: il sacrificio della vita, è un atto di immolazione che sovrasta le distinzioni di genere. E nel conflitto tra aggressore e aggredito la vittima, per il dolore estremo che comporta - è vittima comunque! Lo afferma Zolla in "Che cos'è la tradizione" (1961), scrivendo: "Nella nostra civiltà c'è un triplice spiraglio del divino: nella scienza che deve essere pura per poter essere utile in seguito, nella bellezza cui si sia per avventura sensibili e nella disgrazia più profonda che non si sopporti per aderire ad una forza, ma per essere crocifissi".

Chi ha presente la frase di Dostoevsky ne "L'idiota": "La bellezza salverà il mondo", farebbe bene ad aggiungere: "se il mondo salverà la bellezza"! Niente di più giustificato in questi frangenti! Occorrerebbe persuadersi che solo individui di anima pura - come lo sono per vocazione I contemplativi, i mistici, i poeti, distanziati dal mondo e proprio per questo capaci di entrarvi più a fondo - sanno riconoscere con reverenza la norma che regge impassibili ogni livello del mondo vivente: terreno, minerale, vegetale, animale, umano. E la norma è: l'inevitabilità del sacrificio. Non c'è sofferenza inflitta al singolo che non si ripercuota sull'intera Terra di cui sia l'aggressore che l'aggredito sono figli. Ricordiamolo! Scolpiamocelo nel cuore mentre i semi di questa e innumerevoli precedenti primavere premono per nascere, colmi di vita nuova!
Zolla nel 1958, al tempo in cui era redattore della rivista romana "Tempo presente", pubblicava un saggio memorabile: "Prometeo ed Orfeo nemici dell'Occidente". Ne riporto alcuni brani ruotanti esplicitamente e implicitamente sul SACRIFICIO:

L'Occidente è vissuto e forse perirà per il dissidio dei due miti che si contendono il campo nel suo spirito: l'orfico ed il prometeico. PROMETEO sottomette la natura al prezzo di aspre sofferenze, reprimendo in sé ogni spontaneità e armandosi contro Pandora, il disordine. ORFEO placa la natura,mirando non a soggiogarla ma a conciliarsi con essa, ad ammansire e non reprimere. Tanto Prometeo che schianta e schiva ogni ostacolo sul suo cammino quanto Orfeo armato della sua lira sono ideali inattuabili nella nostra civiltà. Il titanismo e la seraficità sono inadeguati a ispirare la vita quotidiana, eppure il mito prometeico appare "realistico". Di fatto, educare i giovani ad ammirare le gesta impossibili dell'eroe prometeico, che è pura efficienza e disprezzo degli affanni e degli affetti, significa [...] esporli a venire travolti e schiacciati.

Toccherà piuttosto promuovere il movimento orfico [...] contro il regno dell'arbitro e della legittimazione del ricorso indiscriminato alla forza, ora che l'uomo si va pietrificando nello spirito di Prometeo. Montaigne nel capitolo sui "cannibali", Diderot nel "Supplemento al viaggio di de Bougainville" e Melville navigando nei mari del Sud, proponevano un modello di convivenza orfica. Non diversamente Engels nell'"Origine della famiglia" cercava nel pozzo profondo del passato gentilizio una prefigurazione del regno della libertà. Sempre più inquieta e all'apparenza più oziosa diventa oggi la ricerca del modello capace di smentire il tratto realistico del dileggio che la nostra civiltà prometeica rovescia addosso al sogno orfico. Margaret Mead scoprì negli indigeni Arapesh della Nuova Guinea un sistema sociale esente da crudeltà e violenza, dove sembra però che questa esenzione si scontri con l'inerzia del pensiero, la superficialità del sentire, la paura del fascino amoroso. Fra i ciambuli, sempre nella nuova Guinea, la Mead scoprì un ordinamento dove la crudeltà ha il suo posto, ma è in un certo modo superata dal fatto che tutto ruota attorno all'attività estetica: i riti di formazione non servono a formare gli adolescenti, al contrario l'iniziazione è il pretesto per allestire sontuose cerimonie. Meno suggestivo era l'esempio dei Bororo esplorati da Levy Strauss. E quanto agli indigeni Piaroa del Venezuela visitati da Giorgio Costanzo che ne ha raccolto i canti in "Poesie degli Indios Piaroa", (Scheiwiller, Milano 1957), si tratta di un popolo, da quel che se ne sa, esemplare è propriamente orfico.

Vivono fra putride foreste e livide savane; forse in tempi remoti ebbero per patria una terra meno avara e insidiosa: il rifiuto della violenza li ha confinati in un ridotto tropicale protetto dalla miseria e l'habitat impervio, dove la tisi stronca prima che loro raggiungano l'età matura. Nudi, abitano capanne vastissime arredate di amache e sgabello, coniugano i verbi al solo presente. Non solo tollerano senza ribellarsi le efferatezze e i ratti dei bellicosi vicini e dei bianchi (gli "uomini pelosi dagli occhi lucenti" e dalla "voce di cane"), ma fra loro non ricorrono mai alla sanzione punitiva. Esistono forme d'allontanamento per la nube tempestosa, per lo spirito del male, per l'adultera alla quale si voglia negare il perdono, ma il gesto chirurgico della punizione è ignoto. Invece di un capo dotato di autorità, c'è un uomo probo che consiglia, e il mago è colui che "si preoccupa" dei malati. Chi viene colpito dalla riprovazione sociale, si allontana dal villaggio: andrà a rifugiarsi fra i bianchi o in una tribù diversa, ma è facile che scompaia nella selva per uccidersi. I bambini non sono messi in riga dalle persone ma dalla minaccia di essere ignorati dalla comunità. Dice Costanzo che "i Piaroa camminano con passo morbido ed elegante, parlano poco a voce bassissima, non gesticolano, non manifestano reazioni di meraviglia, di sorpresa, di paura". Si intrattengono coi fiori e gli animali, mormorano poesie fra sé e sé modulando variamente la voce. La loro economia è rudimentale, la pesca e il commercio del curaro sopperiscono ai bisogni: la religione, altrettanto semplice, non conosce manifestazioni vistose. I giovani e le giovinette si frequentano liberamente ma il costume di farsi doni prima del matrimonio è oggetto di riprovazione. Il che è una garanzia di purezza nei loro rapporti. Il matrimonio si celebra con un pasto in comune, senza speciali cerimonie. Benché monogami, in certi casi non escludono la poligamia. La libertà erotica fra loro è pari a quella tra i Samoani studiati da Margaret Mead [...]. Belle vaste capanne in cui abitano, non si muore né si fa l'amore. Amanti e moribondi si rintanano nella foresta, e così si conserva la sacralità della morte e dell'atto amoroso. Al sopraggiungere delle piogge, si radunano nell'aia comune del clan danzando, agitando la testa, il tronco immoto e scuotendo freneticamente le gambe. S'interrompono per attingere a una conca una bevanda profumata, e cedono soltanto quando sono esausti. Così dice una loro poesia:

Com'è bella la danza dei ragazzi! / Io, vecchio, danzo nell'amaca,/
i miei piedi sono freddi./ Lontano, nella selva/
presso la grande pietra nera,/ solo la tigre li scalderà col suo fiato./
Quando sarò morto/ voglio danzare coi piedi di bambino/
davanti alla luna/ al tempo in cui la pioggia farà luccicare le pietre.
Da "Un popolo inerme", in E. Zolla, "Gli arcani del potere", Rizzoli , Milano 2004.

Con le testimonianze degli etnologi citati, Zolla ci ha condotto dove il SACRIFICIO assume il volto incolpevole del vecchio dai piedi freddi che non può danzare immobile nell'amaca, incapace di sventare Prometeo "dagli occhi lucenti, dalla voce di cane".

Grazia Marchianò poniamo il link del nostro testo di accompagnamento di allora: E' tempo di sacrificio alla terra

VIDEO. "Che cos'è l'ombra?" - prima parte, con Antonio Vitolo

 

Leggi anche: Associazione Eumeswil


 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

Ho scritto e condiviso questo articolo
Author: RedEmail: Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. È necessario abilitare JavaScript per vederlo.