SALUTE. Le officine dove si rimettono a nuovo gli organi per poterli trapiantare
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Sab, Apr

SALUTE. Le officine dove si rimettono a nuovo gli organi per poterli trapiantare

SALUTE. Le officine dove si rimettono a nuovo gli organi per poterli trapiantare

Salute e Benessere
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Negli Stati Uniti sono stati aperti i primi «centri di riparazione» di polmoni e reni per rispondere al problema della carenza di componenti fondamentali alla sopravvivenza

SALUTE. Le officine dove si rimettono a nuovo gli organi per poterli trapiantare
SALUTE. Le officine dove si rimettono a nuovo gli organi per poterli trapiantare


Seppellire i morti e riparare i viventi, è una frase del Platonov, un dramma incompiuto di Anton Cechov, che dà il titolo a un libro di rara potenza e bellezza scritto da Maylis de Kerangal. Il romanzo descrive alla perfezione la complessità che ruota attorno a due parole: donazione e trapianto. Perché in fondo la sostituzione di un cuore o dei reni, dei polmoni o del fegato è proprio una forma di riparazione di una parte del nostro organismo. E non si tratta soltanto di un concetto: oltre al trapianto «classico», la strada della riparazione - o bioingegnerizzazione , come dicono gli esperti - di un organo è una delle più promettenti che ricerca e clinica stanno percorrendo per rispondere alla penuria di «materia prima».

Il problema degli «scarti»

Lo ha spiegato molto bene il professor Giuseppe Orlando - chirurgo dei trapianti e ricercatore in uno dei centri americani all’avanguardia per la ricerca sulla rigenerazione degli organi, la Wake Forest University di Winston Salem, North Carolina - nella lectio magistralis tenuta all’ultimo congresso della Società italiana per la sicurezza e la qualità nei trapianti (Sisqt). «Partiamo da un dato di fatto — spiega Orlando — la stragrande maggioranza degli organi prelevati a scopo di trapianto in realtà viene scartata. Negli Usa, per esempio, il 70% dei cuori, il 63% dei polmoni, il 25% dei reni e così via. È ovvio che se riuscissimo a rendere utilizzabili quegli organi, aumenteremmo il numero di trapianti in maniera significativa». Il professor Orlando porta l’esempio del Centro di trapianti di polmone dell’università di Toronto, in Canada, uno dei più importanti del Nord America, diretto da Shaft Keshavjee che è riuscito «a quintuplicare in 15 anni il numero dei trapianti — racconta Orlando — utilizzando organi che in precedenza venivano scartati ma che, trattati, consentono invece di ottenere risultati d
el tutto sovrapponibili a quelli dei trapianti effettuati con organi standard».

La tecnica innovativa

In che modo? Grazie a un sofisticato macchinario per il trattamento dei polmoni cosiddetti «marginali» - cioè non perfetti al momento del prelievo - chiamato Ex vivo lung perfusion (Evlp o perfusione polmonare). Questo macchinario ha rivoluzionato la trapiantologia polmonare, perché consente di capire se un polmone marginale mantiene una buona riserva funzionale e può quindi essere impiantato in un paziente. I polmoni, prelevati da un donatore a cuore battente ma deceduto dal punto di vista cerebrale, sono trasferiti in una camera sterile, ossigenati e forniti di sostanze nutritive. La tecnica di ricondizionamento ex-vivo consente di rimuovere mediatori chimici dannosi, acqua in eccesso nel tessuto polmonare, e di aspirare le secrezioni all’interno dei bronchi. Il sistema di protezione non sollecita o danneggia l’organo e permette al team dei trapianti, se necessario, di trattare il polmone con farmaci o terapie sofisticate come la terapia genica o la terapia cellulare.

Antinfiammatori e staminali

«Ci sono diversi approcci sperimentali — aggiunge Orlando —. A Toronto ne stanno verificando alcuni fra cui il trattamento con l’interleukina 10, che è un potente antinfiammatorio. Questa molecola viene depositata nei tessuti attraverso un vettore virale. I risultati preliminari sono ottimi e si trovano attualmente in fase di sperimentazione clinica iniziale. Un altro approccio è quello che utilizza le cellule staminali, perché sono dei costruttori straordinari». Sulla scia degli ottimi risultati ottenuti, il gruppo di Toronto ha sviluppato un «Centro per la riparazione del polmone» dove i polmoni marginali prelevati in vari centri sono inviati e poi sottoposti al trattamento. Oltre a quello di Toronto, ne è attivo un secondo a Silver Spring (Washington), e ne stanno partendo altri due a Jacksonville in Florida e Phoenix in Arizona.

In futuro

«Sono centri dedicati al polmone, per ora, ma l’idea è eccezionale e si sta cercando di capire se possa essere applicato anche agli altri organi». In effetti, sempre al General Hospital canadese il dottor Markus Selzner sta sperimentando da cinque anni una macchina ex-vivo per i reni. E in Italia? La tecnica della perfusione polmonare, al momento, viene utilizzata solo in cinque Centri trapianto in Italia (Milano, Padova, Roma, Torino, Palermo). I primi a ricorrervi sono stati i rianimatori e i chirurghi toracici del Policlinico di Milano. In particolare Franco Valenza del Dipartimento di anestesia e rianimazione, che ha lavorato proprio a Toronto. «A nostro avviso — scrive lo stesso Valenza nelle conclusioni su uno studio clinico pubblicato nel 2018 sul Journal of Thoracic Disease — questa singola esperienza apre le porte a un nuovo modello di allocazione con un grande potenziale contro la carenza di organi e con possibili benefici sul contenimento dei costi. In effetti, il nostro caso è la prova del concetto che un “centro di riparazione dei polmoni” è fattibile ed efficace». (fonte: Corriere.it)

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