La magia di Giovanni Sollima e del suo violoncello: tra tradizione ed innovazione
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La magia di Giovanni Sollima e del suo violoncello: tra tradizione ed innovazione

Il senso della vita
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La magia di Giovanni Sollima e del suo violoncello: tra tradizione ed innovazione
La magia di Giovanni Sollima e del suo violoncello: tra tradizione ed innovazione

 

Si cammina in centro, nel centro di Firenze che pullula di folla, di vita forestiera, che anima una città di forme armoniose, ricolme di bellezza emanate da artisti del passato. Tanti i monumenti.

La maggior parte di questi si compone di arte sacra, creata da sapienti, da coloro che ricercavano un contatto con l'Assoluto e a Lui rivolgevano le loro preghiere per poter trasmetterci una bellezza tale da poterci fare presagire e connetterci all' Altissimo...

Mentre si cammina, guardandoci intorno, cercando di cogliere quello che non si è ancora visto consapevolmente, coscientemente, si intravede un gruppo di musicisti che si avvia verso un bar... Si aprono meglio gli occhi, si sgranano e tra questi musicisti già a bere un caffè, fuori da un locale, se ne scorge uno conosciuto. È giorno! È domenica, quasi l'ora di pranzo. Ci si accosta per salutare e chiedere come stia! Inizia un dialogo. Il musicista aveva lavorato per tanto tempo in una importante orchestra. Lui ed al suo ottetto a fiati, ottoni, era solito essere nostro gradito ospite quando, in passato, il mondo di Eumeswil organizzava feste sui temi dei cicli di conferenze annuali. Studiare vuol dire anche trovare gioia, piacere a vivere... Il musicista con il suo esamble, dopo aver suonato in orchestra, era solito unirsi a noi e rallegrarci con le musiche di Handel ed altri compositori... Molti dei più giovani, fra i nostri ospiti, per le feste erano centinaia, scappavano, sparivano dalla vista... La musica classica li intimoriva a dir poco, se non si sentivano addirittura inadeguati... Ma almeno in tale situazione potevano vedere o intravedere alcuni strumenti e sentirli suonare dal vivo... È tutta un'altra cosa! È tutta un'altra musica...

Nella nostra conversazione il musicista che, è pure docente al conservatorio,mi illustra la sua teoria musicale secondo la quale è importante per un allievo suonare nelle piazze. Lì si capisce veramente se uno è capace di comunicare qualcosa! Lo si vede immediatamente: è una cartina al tornasole. Se le persone si fermano, smettono di parlare e si mettono ad ascoltare il gioco è fatto! Si vede all'impronta cosa si è capaci di trasmettere. Senza se e senza ma! Tale comunicazione immediata è assente in un teatro e in una orchestra. Il musicista in tale situazione orchestrale non riesce a cogliere se è in grado di entrare in sintonia con l'ascoltatore. Non riesce a valutare il grado di efficacia del proprio modo di suonare! In effetti la piazza è un luogo che vede la gente di passaggio. Chi si ferma è realmente colpito dal suono...

Si va, invece, nelle sale da concerto! Talvolta si ha pure l'abbonamento. Al termine della stagione musicale ci possiamo chiedere di quale musicista, solista abbiamo serbato il ricordo! Chi abbiamo portato con noi, nella nostra memoria, chi ci ha fatto vivere una nuova vita e ci ha trasportato verso nuovi lidi, chi ci ha aperto a nuovi stati dell'essere, chi ci ha innalzato verso quell' oltre. Alla fine di una stagione si contano ed è tanto se si possono contare sulle dita di una mano sola cinque interpreti... Tra questi, nel ricordo della scrivente, vi è Giovanni Sollima, un ricordo che dura negli anni... Sollima con il suo strumento riesce ad instaurare col pubblico un colloquio, una comunicazione cuore a cuore attraverso le vibrazioni del suo strumento, la sua tecnica. Un talento naturale ed un modo peculiare di suonare. La musica non la si ascolta, ma la si vive. Ci attraversa fisicamente. Risuoniamo con le note che rimangono oltre la fine dell'esecuzione musicale.

Abbiamo avuto l'onore di incontrare Giovanni Sollima nella Sua dimora ed è Lui il protagonista del video che vi proponiamo quest'oggi: "La magia di Giovanni Sollima e del suo violoncello: tra tradizione ed innovazione".

Durante il video ci illustrerà molto di se', del Suo rapporto con la musica, lo strumento, la Sua ricerca... Il Suo rapporto con il passato ed il Suo tendere al futuro. È il Suo un parlare assai costruttivo. Non è il solo parlare della tecnica strumentale, ma anche il Suo approccio nei riguardi della musica e del Suo modo di far arte e cultura. In Sollima un programma musicale è completo. Se ci si sofferma ad osservarlo vi è un fil rouge che lega le sequenze interpretative... Nelle pagine proposte si rivela un ricamo. È assai appassionante entrare nel mondo di Sollima.

Noi, dal canto nostro, parleremo, nel nostro scritto, attraverso alcune suggestioni e riflessi, riverberi che abbiamo ricevuto attraverso l'ascolto di quanto ci ha detto Sollima nel corso del video e attraverso l'ascolto di un Suo recence concerto: "Al - Bunduqiyya. Il concerto perduto". Vi invitiamo a far ricerca in merito... Sollima ha giocato, durante il concerto, con Federico Guglielmo, violino concertatore, con l'esamble il Pomo d'Oro e con il pubblico. Arrivare a poter instaurare un rapporto ludico in un concerto, in un teatro, vuol dire essere dei fuori classe, avere una abilità fuori dal comune. Inoltre sperimenta lostrumento in modo totale. Lo ha fa suonare, ri-suonare in ogni sua parte. Questo vuol dire conoscerlo totalmente senza preclusioni mentali, vuol dire avere ampio spazio mentale, grande libertà interiore: la LIBERTÀ è fondamentale per potersi esprimere ed al meglio. La libertà è fondamentale per tutti, per l'artista ancor più... Vi lasciamo con Sollima nel video, non desideriamo dir altro perché l'incontro è con Lui e noi ci avventuriamo nel nostro scrivere seguendo le onde emerse dalla conversazione intrapresa... onde di continuità... flussi...

Per essere conservatori, riprendiamo da Ernst Jünger, occorre essere: "più l'espressione che non l'ispirazione"... Forse amare il passato è un qualcosa che ci viene donato fin dalla nascita... È vedere, avvertire di essere i figli di una storia in divenire ed il domani viene dal nostro oggi, ma anche dal nostro ieri. Il nostro mondo non si esaurisce nel momento è come una nota! Era già nell'aria prima di suonarla, è stata colta e continuerà anche subito dopo essere stata emessa e se viene suonata bene, il tempo pare interrompersi e pare che in quei pochi secondi abbiamo vissuto l'eternita'... 'TRANSUMANDO', e cioè andando oltre la condivisione umana... può verificarsi con la musica e non solo... Dante ad es. si addentra nello splendore dei cieli del Paradiso. Il viaggio verso la Luna, condotto da Beatrice, è l'inizio di un'immersione nella luce che è manifestazione della grazia divina diffusa per l'universo. Dante e Beatrice ascendono con la scala aurea anche a Saturno, il pianeta degli spiriti contemplativi. La donna non sorride perché altrimenti la vista mortale di Dante non sarebbe in grado di sostenere la folgore. Beatrice appare, nel Paradiso, in alcune cantiche, in trionfo, rivelando la natura che fu un tempo 'familiare' e il suo superamento, necessario adesso per addentrarsi nei nuovi territori del Paradiso e di una poesia che dovrà sperimentare forme mai tentate prima. Se la vita è un viaggio, a portarci in cielo è Beatrice. Forza motrice del viaggio di Dante, Beatrice nella commedia perde i connotati di donna amata in gioventù per divenire figura dal significato universale, simbolo della salvezza stessa dell'umanità perseguibile grazie alla fede. Interprete e svelatrice di segreti dell'universo, la musa ispiratrice della poesia giovanile apre la cantica paradisiaca con una lezione di filosofia naturale sulle leggi dell'universo. Gli occhi luminosi in cui il pellegrino sprofonda, diventano tramite per la contemplazione dello splendore dei cieli. Beatrice è immersa nella luce, che domina tutto il Paradiso, e la luminosità crescente che connota la presenza deriva direttamente da Dio. I suoi occhi, più brillanti delle stelle, quegli occhi che fissano il Sole e i cieli rotanti, esprimono la lucentezza di una beatitudine che è infatti forma stessa dell'amore divino. Come ci viene ricordato in una mostra appena terminata a Firenze che segna il legame tra Cielo e terra e pone la donna come mediatrice e musa. Ci piace ricordare quanto ci viene reso noto: "Il cosmo risuona anche di voci femminili e l'armonia della sua struttura è espressa dal canto melodioso delle sirene celesti di origine platonica e, successivamente, delle muse. In alcuni casi, muse e sirene sono coinvolte nella rappresentazione sonora dell'ordine eterno e perfettamente circolare delle sfere che compongono la macchina del mondo. Oppure, come avviene ad esempio in Franchino Gaffurio (1451-1522), temperano la corda lungo la quale sono disposti gerarchicamente i livelli della creazione... Interessante è studiare l'importanza che ebbe Dante Alighieri per Dante Gabriel Rossetti, tra i fondatori del movimento dei Preraffaelliti. Studiò Dante e tradusse parte della sua opera in inglese. i suoi quadri si ispirano a Dante e a Beatrice Portinari. Rossetti rivede nella sua sposa una sua Beatrice...

Inizieremo il nostro scritto con questi versi:

"L' opera d'arte che più "vale la spesa" è l'opera che richiederebbe un centinaio di qualsiasi altro genere d'arte, per spiegarla" da i Cantos di Pound Os, p.1202 ed inizieremo proprio con qualche verso di Pound...
"Al porco supremo, arcivescovo di Salisburgo:
Perenne fetenzia e perdizione.
Visto che la vostra esaltata pustolenza è troppo tirchia
Per concedermi uno stipendio decente
E m'ha già detto che qui io ho nulla da sperare
E farei meglio a cercar fortuna altrove;
E visto che da allora per tre volte avete impedito
La partenza mia e di mio padre
Vi chiedo per la quarta volta
Di comportarvi più decentemente e questa volta
Permettere la mia partenza.

Wolfgang Amadeus, agosto 1777
(inter lineas)

"Come è la sonata, così e' la piccola Miss Cannabich".

Il concerto: "Al - Bunduqiyya. Il concerto perduto" di Sollima prevede musiche di Tartini, Vivaldi, Sollima: è un omaggio a Venezia... La sua acqua, luogo di convivenza di comunità provenienti dal Mediterraneo... Lo scritto che ci è venuto a mente di rimando è di Michel Butor "Descrizione di San Marco" ed il testo è dedicato:

"A Igor Stravinsky nel suo ottantesimo anniversario" e così si legge:

"L'acqua della folla è indispensabile alla facciata di San Marco quanto l'acqua dei canali a quella dei palazzi. Mentre tanti altri monumenti antichi sono così profondamente snaturati dal turista che, quando vi si avventa, sembrano essere profanati, e perfino da noi stessi, certo, se non li accostiamo con lo spirito di uno studio rigoroso [...], la basilica, al contrario, con la città che la circonda, non ha nulla da temere da questa fauna, e dalla nostra stessa frivolezza; Lei, la basilica, è nata, è sorta sotto il costante sguardo del visitatore, i suoi artisti hanno lavorato in mezzo alle conversazioni di marinai e mercanti. Dall'inizio del XIII secolo, questa facciata è una vetrina, una mostra di antichità. I negozi sotto le arcate sono il suo prolungamento. [...].

Questo non è un impedimento al segreto. Persino i negozi hanno un retro, dei ripostigli. La piazza fa già parte della basilica. Sapienti passaggi condiranno coloro che lo vorranno fino al suo cuore". E così sapientemente Michel Butor ci porta tra i suoni dei passanti e quelli di San Marco... Odiamo in sottofondo le conversazioni percepite di sfuggita dallo scrittore mentre ci descrive nei dettagli San Marco, esternamente, internamente, la sua storia, lo svolgimento delle Scritture che incarna... Qualche altro passaggio per rendere meglio l'idea il quadro visivo e sonoro...:

"La facciata deve dunque essere studiata non come un muro di separazione, ma come un organo di comunicazione tra la basilica e la sua piazza, una sorta di filtro funzionante nei due sensi, che l'attivo completerà. La stessa piazza è uno spazio chiuso, con i suoi pori tutt'intorno, ma con una grande finestra, quella che s'apre sul Canal Grande. La facciata della basilica proietta in avanti i suoi avamposti per marcar meglio la continuità'.

[...] Ruscellando di pagina in pagina, di libro in libro, da testo a immagine, da folla di pietra a folla di carne.

...Lasciamo cadere la pioggia su tutti questi marmi, la pioggia che cancella, che sommerge le parole della piazza, che le assorbe nel suo mormorio...

Hai visto quella donna dalle unghie rosso Bruno? - oh! - Sapete dov'è la scuola di San Rocco? - How do you say church in italian? - Abbiamo appena incontrato Olivier. - Enchanté. - Fotografia, Mademoiselle? - La Luce di giugno.- Do you really like that, dear? Well, you know...-  Vi credevo

Entriamo. Il mormorio della folla si attenua. A destra la prima cupola.

Ombelico: blu profondo increspato dall'oro delle acque dello spazio alla vigilia del primo giorno.

Non soltanto un'architettura di mattoni e di marmi e di piccole tessere di vetro, ma una architettura di immagini, un'architettura di testi. Di tutti i monumenti dell'occidente, è forse quello che conta il maggior numero di iscrizioni.
Un primo cerchio di parole: IN PRINCIPIO CREAVIT DEUS CAELUM "In princip Dio creò il cielo e la terra".
"Lo spirito di Dio aleggiava sulle acque". SPIRITS DEI FEREBATUS SUPER AQUAS "Lo Spirito di Dio aleggiava sulle acqua".
Blu scuro, lievemente verdastro, il movimento delle acque; una sfera di spazio blu scuro su cui la colomba slanciata aureolata fa fremere le punte affilate delle sue penne come vibrazioni di una voce. Le acque.

Quale libro! Nella basilica, tutta la storia del mondo forma un anello.
"Vive Costantinopoli in e con San Marco... i bizantini...

Giungiamo alle descrizioni della musica compiendo un lungo balzo nel testo...:

"Di fronte a me, sopra la volta laterale del transetto, le scene della vita di Maria, del XII secolo, in stile "benedettino": la Vergine che riempie la sua brocca al pozzo mentre l'angelo le parla, l'angelo che appare in sogno a Giuseppe, la fuga in Egitto.

Alla fine della galleria, una porta solitamente chiusa, da cui si passa alla tribuna nord; poi, attraverso un'altra galleria, giungo alla tribuna posta sopra la cappella di San Pietro, a sinistra del coro. Un organo, e un altro nella tribuna di fronte, sopra la Cappella di San Clemente, e un terzo, sotto il rosone. A San Marco è cresciuta tutta una scuola di musica, che ha sfruttato le straordinarie qualità dell' edificio, componendo diversi cori di voci e di strumenti, disposti in luoghi appropriati affinché si rispondessero e si facessero eco, realizzando una polifonia spaziale di cui noi cominciamo soltanto ora a ritrovare i segreti:

Andrea Gabrieli:
Madrigali e ricercari a quattro voci,
Venetia, 1589
Giovanni Gabrieli:
Sacrae Symphoniae... senis 7,8,10,12,14,15 e 18 tam vocibus quam instrumentis,
Venetia, 1597
Alessandro Raverii:
Canzoni per sonare con ogni sorte di stromenti a quattro, cinque et otto voci, con il suo basso generale per l'organo nuovamente raccolte da diversi eccellentissimi musici,
Venetia, 1608
Ludovico Grossi Viadana:
Sinfonie musicali ad otto voci,
Venetia, 1610
Giovanni Gabrieli:
Canzoni e Sonate... per sonar con ogni sorte di strumenti,
Venetia, 1615

I tedeschi del XVII secolo erediteranno queste invenzioni che giungeranno fino a Bach.

In fondo alla tribuna, una porta conduce a una balconata che gira esternamente attorno all'abside, e permette di raggiungere l'altra tribuna. All'interno, a questo livello: i santi Nicola, Pietro, Marco, Ermagora.

Claudio Monteverdi:
Selva morale e spirituale,
Venetia, 1640
JUBILET TOTAS CIVITAS
Claudio Monteverdi:
Messa a quattro voci e salmi,
Venetia, 1650
DOMUS AUREA
Igor Stravinsky:
Canticum sacrum ad honorem Sancti Marci nominis,
Venetia, 1956
EUNTES IN MUNDUM UNVERSUM PRAE".

Il mondo o meglio l'universo pare congiunto in musica, armonia, vibrazione. Poniamoci al centro di un coro, di una orchestra disposta circolarmente e ci sentiremo come un microcosmo innondato di vita ed energia soprattutto, se tale musica e/o canto è 'ispirato'. Possiamo giungere ad avvertire, se concentrati ed a occhi chiusi, in quale parte del corpo avvertiamo e giungono le vibrazioni benefiche.

Spesso si guarda più al potere che ad altri aspetti del vivere... A tal riguardo sarebbe utile, istruttivo nonché divertente leggere "Dialogo sul potere" di Carl Schmitt, che si apre con tale epigrafe:
"Siete felici?
Siamo potenti!"
Lord Byron

L'essenza del potere e la struttura del nuovo spazio planetario in due dialoghi che sono vere e proprie pièce teatrali. Due chicche gustosissime. Vi riportiamo giusto per farvi una idea l'appendice e poi vi spieghiamo il perché di tale testo, che erompe così improvvisamente... di brutto...:

"Archimede di Siracusa, il celebre maestro della tecnica dell'antichità, giurava che, se gli fosse dato un punto d'appoggio, avrebbe sollevato il mondo. Il moderno Archimede agisce altrimenti. Oggi i fisici e i tecnici penetrano nel cosmo, ma non cercano né hanno bisogno di un punto di appoggio. Stanno aprendo nuovi, immensi spazi, e travalicando tutte le proporzioni e le dimensioni della terra e dell'uomo.
Nondimeno, anch'essi dispongono di un punto archimedeo, in quanto si mettono al servizio di determinate potenze politiche, in particolare degli Stati Uniti d'America e dell'Unione Sovietica. Ai nostri giorni un'unica opzione decide la carriera di fisici, tecnici e cosmonauti: "Chi dominerà i nuovi, immensi spazi?" È, insomma, un puro problema di potere. Fino a oggi le scoperte e le stupefacenti invenzioni del moderno Archimede sono servite soprattutto a risolvere problemi di potere politico.

In tal modo torniamo d'un balzo dagli spazi sconfinati del cosmo alla nostra piccola terra. È quaggiù che si deciderà sui nuovi spazi e sui nuovi potenti.
Si tratta dunque di spazio e potere. Questi sono anche i temi dei due "Dialoghi" qui proposti, che ci distolgono da visioni fantasiose per riportarci al nostro pianeta. Nel primo dialogo, uno storico sulla settantina, un pò démodé ma solido, discute con un cinquantenne cultore di scienze naturali, di scuola classica. Il dialogo inizia in modo pacato e diligente, non senza un pizzico di teologia. Poco dopo i due interlocutori saranno travolti da un giovane nordamericano, MacFuture, il quale afferma che già da molto tempo la terra è diventata troppo piccola, e che occorre proseguire, su una scala cosmica, la scoperta dell'America e l'industrializzazione del suo Paese.

Nel secondo dialogo un uomo navigato, già avanti negli anni, parla con uno studente inesperto intorno all'arduo problema del potere, diventato ancora più complesso e misterioso a causa dell'enorme crescita dei mezzi di potere. Il giovane pone domande più o meno intelligenti e il vecchio risponde in modo saggio e assennato. Non è un dialogo in stile "platonico": lo studente non è un Alcibiade, il vecchio non è Socrate. Egli anzi si guarda bene dal proporre costruzioni metafisiche, limitandosi a illustrare la dialettica immanente di qualsiasi potere. Nel nostro Dialogo non compare inoltre la parola "demoniaco", così in voga nelle moderne trattazioni del potere.

In definitiva starà al lettore farsi un'idea del problema e giudicare. Ho scritto questo prologo per l'edizione spagnola nell'estate 1961, in una tranquilla località situata sulla costa occidentale della Galizia. I giornali, la radio e la televisione, tutto ciò che la moderna sociologia chiama "mass media", sono pieni di informazioni sulle ultime gesta sensazionali dei cosmonauti russi e americani. Il mondo intero risuona del clamore trionfale del progresso tecnico e scientifico. Ma la gloria procacciata dai "mass media" resta effimera. La grandezza e la dignità dell'uomo non si misurano in base alle sue possibilità di vincere il Nobel. L'uomo è e rimane un figlio di questa terra. Di fronte a tutte le attese utopiche rivolte all'automazione e al benessere, questi dialoghi vorrebbero mantenere un atteggiamento sobrio e posato, riportando l'attenzione da un ingannevole mondo "a la Potemkin" alla realtà dell'uomo e della sua terra.
Carl Schmitt
Barrana, Boiro (La Coruna) agosto 1961.

Ancor oggi assistiamo alla contesa del potere e del cosmo e mancano sempre più spazi destinati al piacere, alla serenità, a quel riposo che dona energia, vigore al corpo e alla mente... Anche l'artista non è avulso dal potere e si nota in modo più marcato, se vive più inclinato in avanti verso il futuro o indietro verso il passato. Si presta, in alcuni ambiti, sempre più attenzione in che modo vivere ed operare nel presente. L'artista subisce non solo il problema del potere e spesso dominante, ma anche quello della cultura che talvolta è stagnante, talvolta 'asfissiante', talvolta diventa polizia, talvolta pubblicità, talvolta politica... E' sempre più complicato trovare spazi di creatività interiori e superiori per tutti...

Sarebbe opportuno in tempi come questi che ciascuno di noi si ponesse in meditazione su chi sia l'artista, cosa sia l'arte e se debba avere o meno una funzione... Al contempo dovrebbe cercare il meditante di rinvenire i condizionamenti che subisce dall'esterno.

L'artista, perchè oggi giorno si usa tale termine in maniera assai generica e vaga... è talvolta creatore, talvolta interprete, spesso nella musica, odiamo lo stesso spartito diretto e interpretato in maniere assai diverse così come lo può essere una poesia! E se uno vuol porsi a giocare su come la musica o la poesia possano essere "tradotte" in modo molto differente basta, si ponga comodo in poltrona, dopo aver collezionato numerose versioni, interpretazioni di uno stesso spartito e numerose traduzioni di poesie. Si aprirà un mondo di infinite possibilità di comprensione e vite. Vi è la collana di poesie Dieci Uno: una poesia dieci traduzione di Mucchi editore ad esempio che ci delizia e ci porta nella complessità e nel labirinto di una tradizione. Il tempo trasforma inoltre la nostra lingua, ma anche il modo e l'impeto di proporre la musica...

Oggi giorno avremmo tanto bisogno di nuovo di Muse... Per portarci fuori in anima da questo mondo per poi rientrarvi da vivi, sereni, umani, motivati, amorevoli. Dante, attraverso Beatrice, lascia il suo corpo all'inferno e viene tratto in libertà verso il paradiso. La musica può essere fonte di libertà, di uscite da gabbie e griglie di qualsiasi genere...

Ci piace chiudere questa passeggiata, questo incontro con Voi, con un passo di Gianni Vannoni pubblicato nel nostro Annale: "La nostalgia del Paradiso". Lo scritto si intitola"Variazioni sul Parzival":

... - Presi alloggio in un albergo del centro, vicino al punto dove il tassista mi aveva scaricato i bagagli. Ma non mi piaceva molto, e così mi ripromisi di cercarne un altro. Cosa che avvenne dopo qualche giorno, una sera in cui suonavano più numerose le campane delle chiese: circostanza che non mancò di meravigliarmi, data l'ora relativamente tarda. Ero appena uscito dal ristorante e passeggiavo per le vie del centro. A un certo punto mi trovai davanti ad un bel palazzo dalla foggia coloniale, con tre bellissime palme nel giardino antistante, tra le quali mi sembrò di intravedere il volo circolare di un corvo. Entrai e chiesi quale era il prezzo di una stanza. Alla reception un signore elegantissimo, vestito di blu, che aveva l'aspetto di un personaggio di altri tempi e non sembrava affatto un portiere. Forse un maggiordomo, o qualcosa del genere. "Prima le conviene vedere. All'ultimo piano le stanze sono aperte. Può servirsi dell'ascensore", mi disse, indicando un corridoio alla sinistra. Salii al sesto nella gabbia cigolante. In effetti le porte erano aperte. A quel piano non c'erano ospiti, ma nemmeno al piano inferiore. I pavimenti delle stanze rovinavano e grandi squarci si aprivano sulle camere circostanti. Mi diressi verso l'ascensore, meravigliato della differenza tra l'aspetto esterno e lo stato interno dell'hotel. Probabilmente il restauro non era stato ultimato. Tuttavia non c'erano tracce di lavori in corso. Avevo girato la manopola dell'ascensore, con l'intenzione di tornare da basso, quando mi avvidi che conteneva una gemma. Una musica di pianoforte mi fece volgere indietro, brillante e rigorosa come un concerto di Brahms. Tornai sui miei passi e mi misi a cercare la sala del concerto. Le stanze erano deserte, ma trovai un salone incredibilmente coperto di fiori. Aveva il pavimento sfondato, va bene, ma non mi sfuggiva il piccolo dettaglio che non ero ne' potevo essere al pianterreno. Colmo di stupore, inclinai il busto in avanti per odorare una camelia di rara bellezza. Quell'aroma gentile celava un potere narcotico, per addormentarmi così rapidamente e di un sonno tanto profondo, nel verde abbraccio dell'erba. Quando mi svegliai non ero più solo. C'era con me una misteriosa creatura, vestita soltanto della sua chioma disciolta. Stava eretta sopra il mio corpo supino, sembrava che fra le sue cosce fosse nata una rosa. Tenendo i graziosi piedini posati lungo i miei fianchi distesi, si protese in avanti e cominciò a scuotere lentamente il capo, in modo da accarezzarmi il viso coi lunghi capelli corvini. Poi si abbassò piegandosi sulle gambe, mi afferrò per i polsi e mi tirò, perché mi alzassi; è così rimanemmo nella posizione di due ballerini russi, alla cosacca.

- una posizione piuttosto scomoda - dissi.
- Infatti mi drizzai completamente, senza ulteriore indugio, e lasciai che mi sfilasse i pantaloni, che si gettò dietro le spalle.
- Mi sembra giusto, visto e considerato che lei era nuda. Ma come si chiamava, questa prodigiosa fanciulla?
- Mi disse che il suo nome era Eva. Trascorremmo la notte in quel giardino, inebriati da una musica celestiale. L'alba ci trovò affacciati alla finestra, con una gran voglia di piangere. Un corteo di figure leggiadre incedeva nello spazio portando la luna su un baldacchino dorato. Poi fu la volta dei pianeti, e infine il sole... il sole... oh, il calice di fuoco... si succedevano in concerto, che non aveva più nessun termine di paragone. Non so come dirLe, ma stava a Brahms come Brahms sta al clacson di un autobus. Sì qualcosa del genere. E fu proprio il clacson che risuonò alle mie spalle a riscuotermi e a farmi balzare sul marciapiede. Ero uscito come privo di una costola e rigiravo ancora tra le mani il biglietto, che l'elegante Signore vestito di blu mi aveva consegnato con gesto perentorio, quando avevo attraversato l'atrio. Vi erano impressi il nome e l'indirizzo dell'hotel, con il numero di telefono. Lo conservo ancora. Aprì il portafoglio e mostrò un biglietto ingiallito, dove si potevano leggere quelle indicazioni sbiadite dal tempo.
- Il giorno dopo - riprese - tornai nei pressi dell' hotel, ma non riuscii a trovarlo. Allora mostrai il biglietto ad un passante. Sorrise divertito e mi disse che il Gran Hotel Paraìso sorgeva in quel punto, ma era stato demolito e adesso c'era un magazzino. Entrai dalla porta girevole e mi recai al bar. Ordinai un caffè a un uomo straordinariamente somigliante al signore vestito di blu, che mi aveva accolto la sera precedente. Ma sembrava invecchiato di dieci anni. Presi il giornale, che era posato su un tavolino, e cominciai a scorrerlo, quando l'occhio si fermò sulla data. Il 15 giugno 1982. Ero partito da Vienna esattamente dieci anni prima! Mi guardai allo specchio e vidi che non ero invecchiato: mi dicono ancora oggi che dimostro dieci anni meno della mia età anagrafica"...

Giovanni Sollima è un vero virtuoso del violoncello. Suonare per lui non è un fine, ma un mezzo per comunicare con il mondo.
 È un compositore fuori dal comune, che grazie all'empatia che instaura con lo strumento e con le sue emozioni e sensazioni, comunica attraverso una musica unica nel suo genere, dai ritmi mediterranei, con una vena melodica tipicamente italiana, ma che nel contempo riesce a raccogliere tutte le epoche, dal barocco al "metal". Scrive soprattutto per il violoncello e contribuisce in modo determinante alla creazione continua di nuovi repertorio per il suo strumento. 
Nasce a Palermo da una famiglia di musicisti. Studia violoncello con Giovanni Perriera e Antonio Janigro e composizione con il padre Eliodoro Sollima e Milko Kelemen. Per la danza collabora, tra gli altri, con Karole Armitage e Carolyn Carlson, per il teatro con Bob Wilson, Alessandro Baricco e Peter Stein e per il cinema con Marco Tullio Giordana, Peter Greenaway, John Turturro e Lasse Gjertsen (DayDream, 2007). Insieme al compositore-violoncellista Enrico Melozzi, ha dato vita al progetto dei 100 violoncelli, nato nel 2012 all'interno del Teatro Valle Occupato. Musicisti di età e formazione diversa, interscambio tra culture e livelli differenti, laboratorio permanente. La manifestazione, infatti, si costruisce ogni anno attraverso una "chiamata alle arti" di 3 giorni, dedicata alla musica "spontanea", con ospiti da tutto il mondo, blitz urbani in giro per la città, repertori imprevedibili e che abbracciano diverse epoche storiche, un concorso di composizione "in clausura" e tanti concerti tra cui un concerto finale con l'Orchestra dei 100 violoncelli.
Tra i CD di Giovanni, "Works", "We Were Trees", "Neapolitain Concertos", "Caravaggio", "Aquilarco", "Onyricon". In primavera l'uscita del nuovo disco per la Decca "A Clandestine Night in Rome" con l'Orchestra Notturna Clandestina e il secondo disco dedicato all'integrale dell' opera per violoncello di Giovanni Battista Costanzi per Glossa Music.
Giovanni Sollima insegna presso l'Accademia di Santa Cecilia a Roma e alla Fondazione Romanini di Brescia.
Suona un violoncello Francesco Ruggeri fatto a Cremona nel 1679.

VIDEO. La magia di Giovanni Sollima e del suo violoncello: tra tradizione ed innovazione

 

VIDEO. ARIA, Giovanni Sollima (tema)

 

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 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

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TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

Visita il Sito: Associazione Eumeswil

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