Intelligenza, fortuna e azzardo
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Intelligenza, fortuna e azzardo

Il senso della vita
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Intelligenza, fortuna e azzardo
Intelligenza, fortuna e azzardo

 

(di Antonella Tommaselli)

Guardo il mare da diversi giorni con una certa costanza e lo vedo placido e tranquillo al contrario del mondo lontano che fa baccano… Lo ascolto e mi interrogo. Ma tu canti o suoni? Non è sempre uguale ascoltarti, muti nel tempo, ma non sei mai rumoroso, ma sempre armonioso.

Noto la lieve onda che emetti con grazia e mi chiedo se, per caso, sia il tuo lieve e dolce respiro. Volgo le mie spalle all’indietro e vedo le palme e non solo! Ondeggiano al blando zefiro settembrino… Ma danzano grazie a te, mare, del Sud? Poco distante da me c’è la foce di un fiume dove la sirena con mestizia e tristezza perse la vita perché il suo canto non incantò Ulisse! Lei non era al corrente, era troppo naif, per sapere che l’eroe aveva usato un trucco per non rimanere estasiato da Lei…

È sempre difficile trovare il perché delle cose seppur la necessità interviene affinché la ricerca venga intrapresa da alcuni intrepidi avventurieri…

Guardo il mare è sempre più limpido. Il fondale pare apparire chiaramente…ma un velo d’acqua vi è pur sempre tra me e la terra sott’acqua! Per accostarmi mi butto nell’acqua salmastra a testa in giù e a piedi in su! Forse se il mondo gira alla rovescia posso vedere com’è!

La vita sulla terra è un riflesso… Noi siamo un riflesso? Ma riflettiamo? Non pare più…

Forse in un tempo lontano… Ora la macchina pensa per noi! Con la sua intelligenza artificiale… Noi siamo pigri ci rimangono le parole incrociate per non invecchiare… Per ritardare i disturbi cognitivi e di memoria… E poi perché ricordare? Beviamo tutti acqua di Lete! E ci risvegliamo al supermercato con dei carciofini in mano… Ma l’autunno è alle porte e il carciofo col cardo mariano ci mettono a posto! Inizia il drenaggio e la pulizia del corpo, dopo che le mani hanno usato il gel e mastro lindo per la casa ed il prodotto vincente per il bucato! Sono tutto senza una macchia! Quella nel cuore e quella nell’occhio non la vedo: è solo dell’altro…! È poi c’è quel tipo lontano da me che pare sporchino. Guarda di essere nitido dentro ed osserva chi si chiama ‘Immacolata Concezione’ e solo con quel nome vi è un mondo d’aprire!

Giro la chiave nella toppa della mia casa! Scopro che non gira! La porta è già aperta… So varcare in quel mondo? Son troppo lustro all’esterno e forse troppo poco all’interno…

Quel mondo già emana il suo di più qui… Il suo extra. Irradia…

Non debbo trascurare e allontanarmi da questo adagio: la stupidità è umana, l’intelligenza divina e la mamma del cretino è sempre incinta…. Non è un caso che sulla via della crescita spirituale il cretino divenga idiota e acquisisca una connotazione qualitativa della sua idiozia preminente…

Apro un libro che ho sul mio comodino del filosofo e storico Gianni Vannoni e la pagina così mi rivela:
“L’autorealizzazione è un’acquisizione continua, non si può essere autorealizzati una volta per tutte. Allo stesso modo la tradizione è una linea in movimento, non può fermarsi in un punto e divenire un segmento del passato. Certo la linea può spezzarsi, ma allora si ha la fine di un mondo, o di una civiltà, e poi si ricomincia, si riprende da capo in una spirale incessante.

La tradizione, come trasmissione del linguaggio, presiede al funzionamento del centro intellettuale in ogni individuo. Il bambino apprende il linguaggio dalla madre, non può inventartelo da solo; e se si risale fino al primo uomo, bisogna ammettere che il linguaggio gli sia stato trasmesso da Dio; esso infatti non può nascere da un accordo, da una convenzione arbitraria, perché è la condizione preliminare del pensiero. Il linguaggio non è fatto soltanto con gli organi di fonazione, ma con l’intelletto; esso è l’espressione, sonora oppure scritta, delle idee, ma le idee che formuliamo mentalmente sono già una verbalizzazione, per quanto tacita e priva di segno, e quindi lo presuppongono. Se il signor Mario Rossi pensa che domani andrà a pescare, egli parla a se stesso; le sue idee sono formulate in parole e se non possedesse già il linguaggio non potrebbe pensare ne’ “domani andrò a pescare”, ne’ qualsivoglia altra idea. Mentre l’uomo può in certi casi parlare senza esprimere delle idee, non si può in nessun caso avere delle idee senza parlare mentalmente.

Raccontare che gli uomini hanno ricevuto le “rune” da Odino, significa appunto rivelare questa verità, che il linguaggio proviene da Dio. Si può riconoscere qui la tradizione primordiale, che poi si ramifica nelle tradizioni storiche e particolari.

Se si è compreso il rapporto tra il centro intellettuale e la tradizione, rimane tuttavia da indicare il nesso con Giove. La divinità che conferisce il nome a questo pianeta impersona il potere dell’intelletto nel pantheon olimpico. Colui che inghiotte sua moglie Metis (la mente), e partorisce dal proprio cranio Athena (la saggezza), è l’Ottimo Massimo, il dio supremo che governa l’universo con la propria razionalità; e la ragione individuale è figlia di questo intelletto divino universale. Perciò dice Aristotele che l’intelletto presente nell’uomo è qualcosa di divino; per questo, aggiunge Marco Aurelio, l’uomo non ha nulla di più saldo in cui rifugiarsi, e dove rimanere in una roccaforte inespugnabile. Minerva nasce armata.

Il verbo “speculare”, che designa l’attività del centro intellettuale, si riconnette allo stesso ambito di significato, poiché proviene dal latino specula, la torre di guardia della sentinella.

C’è da dire che la vita in un maniero sarebbe un po’ tetra, soprattutto in certi giorni d’inverno, se non vi accorressero a frotte dei clowns, dei jongleurs, dei pulcinella denominati comunemente con un aggettivo sostantivato è messo tra virgolette. Sono gli "intellettuali", che della "cultura" hanno reso ingrato perfino il suono. E ciò non costituisce motivo di meraviglia, quando si sappia distinguere tra ragione e ragionamento, che di quella, come notava Hello (Du Neant a Dieu, a cura di J. Ph. Heuzey, Paris 1921, vol. I, p. 154), recita spesso la parodia.

L’astrologa Eve Jackson ha potuto constatare la grande importanza di Giove nella mappa celeste di molti pensatori. La formula sartriana seconda la quale “l’esistenza precede l’essenza”, che è una sopravvalutazione dell’elemento terra sull’elemento fuoco, può essere ricondotta per esempio al fatto che, nella mappa di Sartre, Giove si trova in Toro. Analogamente il Giove di Jung, in Bilancia, può chiarire il grande interesse dello psicologo svizzero per il problema degli opposti, che ha un ruolo chiave nella sua teoria dell’inconscio. Secondo la Jackson è possibile rintracciare motivi fondamentali del pensiero di un filosofo nel tema astrologico, quando si prende in esame la posizione di Giove e anche quella del Sole.

Come l’uomo non può osservare il Sole a occhio nudo non può nemmeno, con il linguaggio di cui dispone, esprimere il funzionamento del centro intellettuale superiore, che permette di vedere la realtà, mentre l’uomo crede che la realtà sia quel mondo di ombre da lui osservato comunemente. Quando mettiamo una lente affumicata sull’occhio per guardare il Sole, noi facciamo un’azione che riproduce simbolicamente il nostro stato umano nel suo rapporto con la realtà. Ci poniamo un’ombra sull’occhio, l’ombra del mondo fenomenico, il velo di “Maya” dei filosofi metafisici.

Forse per questa estrema impossibilità, per questo scacco matto della ragione umana, risulta fondamentalmente giusta la celebre “boutade” di Rudolf Carnap sui filosofi metafisici, che sarebbero dei musicisti senza talento musicale. Perché laddove il linguaggio non può essere utile vi è soltanto la musica, la pura musica senza parole. Una musica interiore, che genera uno stato di felicità indicibile. Chi oserebbe esprimerlo, se non con le lacrime?”

Eppure pochi hanno voglia di cultura, elevazione, ma di fortuna! Lasciarsi andare alla fortuna! La sappiamo riconoscere? Discriminare la buona dalla mala fortuna? Perché occorre intelligenza anche per far questo! Si può divenire vittime della fortuna! Di un azzardo azzardato… Si può barare con se stessi…

Ad esempio Ernst Jünger, in un piccolo e folgorante scritto, ci dice che i quadrifogli non si cercano, ma si trovano! Si avvertono… E anche in questo caso ci esponiamo al mondo delle alte riflessioni, meditazioni, di chi passa al setaccio il mondo delle immagini per ritrovarsi a far cadere i veli e lì giunge al percepire ed entrare in un nuovo regno ed è farsi nuovamente creatura…

È tutto da apprendere, è tutto da tirar fuori da noi stessi. Per accorgersi del nuovo mondo occorre stare costantemente in allerta con le orecchie puntate…

Vi ripresentiamo due video distinti che hanno come tema la fortuna vissuta in modi disgiunti! Una è la storia di Albino Buticchi e la presentazione del libro: “Casa di mare”. A parlare Marco Buticchi uno dei più affermati scrittori contemporanei. Il padre è un uomo che costruì l’Italia che ora vediamo smantellata…, ma i suoi averi vennero dilapidati al gioco…

Il secondo video vede impegnati Luca Siniscalco e l’editore De Piante che presentano il testo “Quadrifogli” di Ernst Jünger nella brevità dello scritto l’incontro con ciò che comunemente i nostri occhi non scorgono e le nostre orecchie non sentono. La troppa luce ed intensità non colpisce chi resta nel fitto dell’ombra…

Noi, del mondo di Eumeswil, ci congediamo da Voi, cari cacciatori, ricercatori spirituali, con un altro scritto da afferrare di Ernst Jünger:
“Malerbe della fortuna”

Lipsia

Sedevo in mezzo a un passaggio solitario, e giocavo a carte con uno sconosciuto. Il tavolo era collocato nel fondo di una fossa avvallata, una specie di dolina; sulla parte superiore delle sue pareti erano colate nere strisce di carbone. Avevo l’idea di puntare una forte somma - ed ecco, un pensiero mi balenò nella testa:” Forse questo tizio non gioca un gioco leale”. Poi mi disse, ancora: “Questo tavolo da gioco, prima di sprofondare nel fondo della fossa, deve essere stato usato per tanto tempo, che certo nel suo panno si sono disputati infiniti giochi. Ora, se questo tipo bara al gioco, la faccenda, figuriamoci un po’, dev’essere andata per le lunghe. Di denaro, ne deve avere; perché allora il gioco che lui sta giocando qui con te dovrebbe finire tanto presto?”

Questa riflessione, che in realtà era molto più complicata di come l’ho riferita - tra l’altro, essa prese in considerazione l’età degli strati rocciosi e fra i suoi criteri deduttivi chiamò in causa anche la geologia -, balenò come una luce improvvisa, e si concluse bruscamente con uguale rapidità. L’elemento incerto e improbabile fece marcia indietro, è tutto fu suggellato dalla coscienza della mia superiorità.

Mediante simili immagini siamo talora illuminati dalla intuizione che esiste una particolare specie di pensiero, forse una stenografia mentale, la quale sa cogliere nel suo fondo intimo l’elemento delle analogie e delle reminiscenze, e ne domina il gioco. In tali circostanze, ci basta il suono di una parola per capire una lingua sconosciuta. Inserito nell’ordine armonico, il primo oggetto che ci capita dinanzi agli occhi si trasforma alla nostra coscienza nella chiave che apre ogni porta.

Questo, e null’altro, costituisce anche la speciale attrattiva di tutti i giochi d’azzardo. La serie rossa dona al giocatore ben più che denaro; gli dona quella fede di cui nell’intimo abbiamo bisogno - cioè: la fede in una complicità che noi avremmo col mondo, nella possibilità di stringere una intesa con esso. Quando la pallina ruota a nostro favore, quando la carta si gira mostrando proprio quel che va bene a noi, assaporiamo un sentimento squisito: il sentimento che c’è una intelligenza nascosta nelle cose materiali. Infatti, la fortuna altro non è se non la forma elementare di intelligenza: nella fortuna le cose pensano, e con esse pensa il mondo intero a nostro favore.

Ciò spiega un dato di fatto degno di nota: per un avversario che trionfa su di noi con l’aiuto della fortuna proviamo un rancore più profondo di quello che sentiamo per chi ha la meglio su di noi grazie a una superiorità di natura intellettuale, nella dialettica di una conversazione, o nella scacchiera. In onere di chi vince una gara sportiva alziamo lieti il bicchiere durante il banchetto, ma la ruota della dea Fortuna crea tra noi più amare divisioni che non la corona sacra ad Apollo. Tutti gli uomini d’ingegno sono fratelli in spirito, ma lo sfortunato è fratellastro del fortunato. Colui che più soffre della sua mala fortuna vede bene ciò che il mondo sa dispensare ai suoi favoriti. Qualcosa di simile accade nel ballo: la sola presenza di un ballerino provetto è una penosa tortura per l’impacciato e maldestro, che vede così meglio sottolineata la propria pesante lentezza - costui è dominato dalla sensazione che tutto il mondo rida di lui, e che ogni oggetto gli suggerisce di mettersi in un angolo, a far da tappezzeria. Ma il fortunato è come un ballerino i cui passi si accordino ritmicamente al grande concerto del mondo. Somiglia ai personaggi del teatro d’opera: i suoi gesti, le sue parole, le sue giravolte sono preordinati e guidati da un’orchestra segreta - la sua intelligenza consiste nel fatto che egli affida a una ragione superiore il compito di pensare per lui.

Perciò, il giocatore attribuisce a buon diritto la perdita al gioco a un’azione di disturbo da parte della costellazione armonica. Può essere già nefasta influenza lo scambio dei posti consueti o l’ingresso di una persona antipatica. In soffitta situazione, il tentativo di ribaltare la fortuna con l’accorta meditazione sulle mosse o col sistematico impegno delle proprie forze conduce alla rapida rovina. È meglio affidarsi a un talismano: chi lo porta su di se’ se ne serve come di una bussola magica che dovrebbe orientarlo di nuovo verso la giusta direzione. Già nella percezione della cattiva fortuna in atto si esprime la perdita del rapporto d’intesa col mondo, e non saranno certo gli sforzi a ristabilire la sintonia. Si dovrebbe riflettere, in proposito, sulla funzione di quei granelli di sabbia, di cui Napoleone disse che sarebbe bastato uno solo di essi a farlo uscire di strada, una volta che la stella fosse spenta.

Istruttivi sono gli itinerari della vita nei quali la fortuna gira, ritorna sui suoi passi e si ripete; l’uomo è sempre capace di orientarsi di nuovo nell’universo. Simili voltafaccia non sono rari nella vita del giocatore, ma si notano anche nelle imprese dei principi e dei soldati. In un mondo in cui spesso basta solo un passo falso perché si scivoli verso la perdizione, simili svolte permettono pur sempre di risalire a una intelligenza che ci impone il suo ritmo e stampa la sua impronta nitida sulle cose. Cose del genere si avvertono con la sensibilità di cui sono dotate le punta delle dita, e infatti si osserverà come spesso mani fini, sottili e ben formate indichino una condizione fortunata. C’è tutta una scienza del momento favorevole; chi voglia farsene una idea, consulti il compendio di Casanova. Questa lettura ci compensa delle scartoffie di cento pedanti; il suo straordinario significato consiste nel fatto che essa ci fa partecipare a una musicalità della vita che era quasi scomparsa. Tutti gli sforzi possibili non euguagliano, con i loro esiti, il sollievo che tutta un’epoca in quanto tale procura nel momento in cui porta con se’, sulla propria corrente, ogni possibile navicella, guidandole tutte a questo o quel porto. L’uomo si sveglia una mattina come in una casa in cui tutto canta e freme, dalla cantina ai solai. In simili spazi le forme si plasmano e si coniano da se’, come in virtù di un’energia magnetica, non appena qualcuno le sfiora col dito.

Talvolta ho la sensazione, che la cornucopia dell’abbondanza forse ricominci a inclinare un po’ dalla nostra parte, anche se nessuno dei viventi godrà dei suoi doni. Il nostro stile di pensiero ritiene ancora la terra troppo ordinatamente e sistematicamente arata e coltivata perché rimanga un briciolo di spazio alle preziose malerbe della Fortuna.

VIDEO. Lo Scrittore Marco Buticchi tra romanzo e autobiografia. "Casa di Mare" la storia di Albino Buticchi

 

VIDEO. Presentazione di "Quadrifogli" di Ernst Jünger. Con Cristina Toffolo de Piante e Luca Siniscalco

 

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 L'ASSOCIAZIONE #EUMESWIL​ è un’associazione culturale non-profit, sorta a Firenze e Vienna con lo scopo di studiare e diffondere l’opera, il pensiero e lo stile esistenziale di #ErnstJünger​.

L’Associazione si fonda su tre pilastri:

CULTURA - Intesa come coltivazione di sé.

TRADIZIONE - Come l'eredità spirituale dei nostri antenati.

RETTITUDINE - Come modo di essere e non di apparire.

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